Dalla colpa alla responsabilità

Dalla colpa alla responsabilità
Gema Sánchez Cuevas

Revisionato e approvato da la psicologa Gema Sánchez Cuevas.

Ultimo aggiornamento: 03 marzo, 2023

La colpa avvelena gravemente le nostre vite. Il suo scopo principale è quello di tormentarci, riempirci di angoscia e di disprezzo nei confronti di noi stessi. In fondo, la colpa non serve a nulla.

Il senso di colpa può essere inteso come la percezione di aver fatto, detto, pensato o sentito qualcosa che, all’interno di un determinato sistema di valori, è da censurare.

La colpa porta al rimprovero e alla svalutazione di se stessi; nei casi più gravi, alimenta pensieri o atti suicidi.

Infine, è possibile affermare che la colpa porta le persone a diventare nemiche di se stesse, dando luogo alla creazione di un piccolo inferno personale, in cui il colpevole finisce per immolare se stesso.


 

“Come per i debiti, non c’è per le colpe rimedio più onesto che pagarle”

-Jacinto Benavente-


 

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I tipi di colpa

Tipicamente la colpa scaturisce dalla trasgressione di una norma considerata legittima. Per esempio, un individuo che ruba sapendo che non ha rispettato la legge sociale o quella religiosa, se si tratta di un credente.

Esistono anche altre forme di colpa, come quella legata alla trasgressione di valori o norme non ben delimitate. È il caso, ad esempio, di colui che sente di doversi attenere a un determinato modello di successo, senza però riuscirci. In questo caso, si ammette come norma, o come “legge”, un mandato che non è stabilito in modo esplicito da nessuno, ma che la stragrande maggioranza delle persone cerca di seguire alla lettera.

D’altro canto, il senso di colpa può anche scaturire senza che si sia compiuto alcun fatto riprovevole. È sufficiente che la persona formuli un pensiero che considera castigabile, perché si diffonda in lei il senso di colpa.

Un esempio di ciò è il caso in cui, dopo aver litigato con la propria madre, un individuo faccia pensieri negativi su di lei, fino a desiderare di non vederla mai più. Successivamente, una volta recuperata la serenità, si accusa e si tormenta per aver lasciato che tali idee affiorassero nella sua mente.

Tuttavia, il più complesso senso di colpa è quello che si presenta in modo inconsapevole. Come quando affiorano sentimenti o pensieri che la persona prova o ha provato, senza però esserne pienamente cosciente. Un desiderio sessuale poco convenzionale o il desiderio segreto di possedere quello che hanno gli altri, per esempio.

In questi casi, la colpa non è tale da farsi invisibile, ma agisce su di noi come una forza occulta; ed ecco che dà luogo a sentimenti di angoscia o tristezza, sensazioni che all’apparenza non hanno alcuna ragione d’essere.

Questa colpa inconsapevole si manifesta nel fenomeno della ricerca del castigo: infrangiamo una regola per essere sanzionati, arriviamo in ritardo ovunque per essere rimproverati. Ci scordiamo di fare un lavoro importante, affinché se la prendano con noi.

La responsabilità: un concetto complesso

Il senso di colpa dovrebbe essere sempre analizzato con assoluta oggettività. Per prima cosa, è bene non dare per scontata la validità delle norme in vigore, seguendole alla cieca.

Sono molti i casi nella storia in cui qualcosa di “normale” o “legale” era, in realtà, del tutto contrario ai più grandi valori umani. Il caso più eclatante è quello del nazismo, che stabilì la “purezza razziale” come valore assoluto, senza che lo fosse davvero.

I sistemi di norme e valori non sono fissati per essere seguiti passivamente dall’uomo. Per autorevole che sia l’entità che li ha stabiliti, seguirli a occhi chiusi non è sano se non se ne comprende il senso o se non si capisce chiaramente la loro ragione d’essere.

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Un altro fattore decisivo quando si tratta di valutare il senso di colpa, è l’intenzione. Alle volte si compiono azioni meravigliose guidati da intenzioni deplorevoli, così come capita di violare una norma a causa di ragioni più che valide.

Un politico, durante la sua campagna elettorale, può decidere di regalare una casa ad una famiglia povera. Apparentemente il suo gesto è degno di un applauso, eppure tutti sappiamo che, in fondo, non si tratta altro che di una mossa pubblicitaria, che ha ben poco a che vedere con i suoi veri sentimenti nei riguardi della povertà.

Al contrario, una persona può scegliere di disobbedire ad una norma che considera ingiusta. In Colombia, un paese multietnico, si è di recente aperta una polemica a seguito del rifiuto, da parte di un cittadino afrodiscendente, di farsi perquisire dalla polizia.

La colpa inconsapevole richiede invece un lavoro maggiore. L’individuo in questione, coscientemente, non si sente colpevole di qualcosa. Eppure finisce per pagare per le colpe di altri in situazioni in cui non se lo meriterebbe oppure soffre per un costante sentimento di angoscia, o ancora viene accusato implicitamente per il solo fatto di esistere.

Tuttavia, si vede chiaramente come in ogni singolo caso, la colpa di per sé è un sentimento completamente inutile. Non serve ad altro che a fare del male a se stessi.

Per liberarsi dal senso di colpa, è fondamentale assumersi la responsabilità per il danno causato – se esso è effettivo. Vale a dire ripagare per l’offesa recata, entro i limiti del possibile.

Se il danno è solo immaginario, la responsabilità consiste nel rendere visibili i sentimenti di colpa, stabilendo la loro origine e la loro forma di manifestarsi.

Tormentarsi per una colpa non vi renderà persone migliori. Al contrario: vi impedirà di migliorare. Assumersi la propria responsabilità per i danni, reali e immaginari, è l’unico vero cammino per poter superare quest’inutile faccia della sofferenza.

Immagini per gentile cortesia di Pete Revonkorpi, Benjamin Lacombe e Duy Huynh


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