Il perdono come atto di liberazione personale

Il perdono come atto di liberazione personale

Ultimo aggiornamento: 04 marzo, 2015

Una delle leggende sul Buddha narra che una donna, afflitta per la perdita di suo figlio, si rivolse a lui per resuscitarlo. Egli le disse che era possibile, ma difficile, riportare suo figlio in vita. Ella decise comunque di fare qualsiasi cosa pur di salvare il figlio. Buddha la mandò in cerca di semi di senape in una casa che non era mai stata toccata dalla sventura. Passata una terribile giornata da una casa all’altra, la donna si rese conto che non esisteva una tale casa e che tutti erano stati toccati, in alcun modo, dalla disgrazia. 

È molto raro, per non dire impossibile, incontrare un essere umano che non sia stato colpito da un trauma o da un evento difficile. A volte questi eventi hanno conseguenze che durano tutta la vita. E proprio in questo che risiede l’importanza del perdono. 

Va bene, ti perdono…

Culturalmente, impariamo che il perdono è concedere agli altri una sorta di assoluzione per la loro mancanza di tatto, per un cattivo comportamento o semplicemente per una mancanza di attenzione nei nostri confronti. Questo perdono che concediamo agli altri sono parole vuote che hanno lo scopo di tranquillizzare la situazione, mentre nel profondo della nostra mente si scontrano forze che ci spingono in diverse direzioni.

Questo tipo di perdono non ci è utile per  migliorare la nostra vita. Dovremmo invece aspirare ad un altro tipo di perdono, ovvero a quel processo che ci permette di ottenere la pace interiore dopo aver superato una situazione difficile.

In cerca del vero perdono

Nel libro “Perdonare significa guarire”, Fred Luskin sostiene che il vero perdono è (caratterizzato da):

• Incontrare la pace interiore, che in realtà non ha niente a che vedere con gli altri.

• È un processo grazie al quale impariamo a convivere con il passato in modo differente, concentrandoci di più sul nostro potere che sulla nostra impotenza. Perdonare significa trasformarci in eroi della nostra vita e non in vittime.

• Accettare nel profondo che il passato non può essere cambiato, sapendo che però si può cambiare il modo in cui ci rapportiamo con quest’ultimo.

• Abbiamo il potere di cambiare i nostri sentimenti e la responsabilità di farlo se ci rendiamo conto che qualcosa nella nostra vita non sta funzionando come vorremmo.

• Trovare la pace e il perdono non significa che ciò che è successo sia giusto, permesso, né che si possa accettare qualsiasi comportamento. Significa che anche se quel qualcosa è successo, possiamo liberare le nostre emozioni e far sì che la nostra vita vada avanti.

• Imparare a non prendere le cose troppo sul personale, sapendo riconoscere che tutti soffriamo e che dobbiamo imparare a trovare il nostro equilibrio.

Quest’ultimo punto è forse il più importante, dato che riassume il succo del discorso e ha la capacità di toccare i nostri cuori.

Ciò che ci è successo, non è successo solo a noi

Possiamo riconoscere che ciò che noi viviamo, anche se difficile e tormentato, è un’esperienza condivisa da tutti gli essere umani. Infatti è già successo e continuerà a succedere dal momento che fa parte dell’esperienza umana, anche se ingiusta. Questa è una caratteristica che ci unisce e ci permette di non prendere le cose troppo sul personale. Ci aiuta a dare più importanza a ciò che abbiamo di fronte e a ciò che ci aspetta, piuttosto che a ciò che abbiamo passato. È grazie a questo che troviamo la forza di superare le avversità e di lasciare andare ciò che non serve.

Tornando alla leggenda, finisce così: la donna, arrivata alla conclusione che era impossibile cambiare ciò che era già successo, dal momento che è una cosa normalissima perdere una persona  a noi cara, trovò la pace che nessuno avrebbe mai potuto darle. Così come questa donna, ognuno di noi può incontrare la pace dove sembrava esserci solo sofferenza. 

Foto per gentile concessione di glamquotes.com


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