Il ricercatore e la vera esistenza

Il ricercatore e la vera esistenza

Ultimo aggiornamento: 16 settembre, 2019

Oggi ci piacerebbe condividere con voi il meraviglioso racconto “Il ricercatore”, scritto da  Jorge Bucay, nel quale ci invita a riflettere su come viver una vita piena.

Imparare a vivere e sentire ogni momento del nostro tempo vitale 

è ciò che costituisce la vera esistenza. 

Questa è la storia di un uomo che potremmo definire un ricercatore. Tenete conto che un ricercatore è qualcuno che realizza una ricerca con l’intenzione di scoprire qualcosa, non si tratta necessariamente di qualcuno che trova qualcosa.

Non si tratta neppure di una persona che sa o è cosciente di ciò che sta cercando. Parliamo semplicemente di quelle persone per le quali la vita è una ricerca meravigliosa.

La storia ha inizio un giorno, quando il ricercatore decise di recarsi nella città di Kammir. Aveva imparato con il tempo a seguire le sue sensazioni, e il suo istinto lo spingeva a recarsi in quel luogo, così decise di partire.

prato

Dopo due giorni di viaggio, vide da lontano la città di Kammir. Poco prima di arrivare, una collina, alla destra del sentiero che percorreva, richiamò la sua attenzione. Era di un verde meraviglioso e piena di alberi, uccelli e fiori bellissimi.

Era circondata da una specie di recinto basso, di legno lucido.Una porta di bronzo lo invitava ad entrare. Per un attimo lasciò da parte l’idea di arrivare fino in città e decise di riposare per un po’ in quel fantastico posto.

Il ricercatore si lasciò alle spalle la porta di bronzo e iniziò a camminare lentamente tra le pietre bianche, che si trovavano sparse a caso tra gli alberi. Lasciò che i suoi occhi di ricercatore ispezionassero la zona. Forse proprio per questo scorse, su di una pietra, un’inscrizione:“Abedul Tare, visse 8 anni, 6 mesi, 2 settimane e 3 giorni”. 

Dolce è all’uomo la pena del suo dolore 
quando il tormento ostinato lo accarezza,
 scherzando alla meschina terra:
“Quella è la mia patria”, e indicare il cielo. 

Hector Gaitan

Si sorprese quando si rese conto che non si trattava di una semplice pietra. Era una lapide. Provò pena pesando che un bambino così piccolo era sotterrato in quel luogo… 

Guardandosi intorno, l’uomo si rese conto che anche la pietra affianco aveva una scritta: “Llamar Kalib, visse 5 anni, 13 mesi e 8 settimane”.

Il ricercatore era terribilmente commosso. Quel luogo meraviglioso era un cimitero e ogni pietra era una lapide. Ogni pietra aveva una scritta simile: il nome del defunto e il tempo esatto durante il quale aveva vissuto.

Tuttavia, ciò che lo lasciò sconvolto fu il notare che colui che aveva vissuto più a lungo superava appena gli 11 anni. Preso da un terribile dolore, il ricercatore si sedette e si mise a piangere.

il ricercatore e la vera esistenza

Il guardiano del cimitero passava di lì e si avvicino, lo guardò in silenzio e gli chiese se avesse perso un familiare.

– Nessun familiare– disse il ricercatore– Cosa è successo in questa città? Cosa c’è di tanto terribile in questa città? Perché tanti bambini sono sotterrati in questo posto? Quale orribile maledizione affligge questa gente e per quale ragione siete stati obbligati a costruire un cimitero di bambini?

L’anziano signore sorrise e gli disse:

-Può stare tranquillo, nessuna maledizione affligge queste terre; la realtà è che qui abbiamo una tradizione. Gliela racconto: quando un giovane compie 15 anni, i suoi genitori gli regalano un diario, come questo che porto al collo.

È per noi una tradizione che, a partire da quel momento, ogni volta che godiamo intensamente di qualcosa, apriamo il diario e ce lo scriviamo: a sinistra scriviamo ciò che ci ha reso felici, a destra quanto tempo è durata quella felicità.

Quando si è innamorato della sua fidanzata? Quanto tempo è durata quella passione enorme e il piacere di averla incontrata? E l’emozione del primo bacio, quant’è durata? E la gravidanza e la nascita del primo figlio? Il viaggio più bello? e l’incontro con il fratello che tornava dopo tanto tempo da un luogo lontano? Quanto è durato tutto questo? Quante ore? Quanti giorni? 

In questo modo, continuiamo a scrivere sul nostro diario in ogni momento. Quando qualcuno muore, siamo soliti aprire il suo diario e sommare il tempo goduto, per scriverlo sulla sua tomba. Perché questo è, per noi, l’unico vero tempo vissuto. 


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