Lealtà familiari invisibili: le aspettative che ci imprigionano

Lealtà familiari invisibili: le aspettative che ci imprigionano

Ultimo aggiornamento: 06 maggio, 2016

È possibile che molti lettori abbiano provato in prima persona che la fedeltà o la vicinanza a un membro della famiglia impedisse la loro realizzazione. In psicologia, questo ha un nome: lealtà familiare invisibile.

La lealtà familiare invisibile è l’insieme di credenze ed inibizioni che conformano il modo in cui consideriamo noi stessi e i comportamenti della nostra realtà emotiva (sia quella che stiamo vivendo sia quella che desideriamo). In altre parole, ereditiamo i problemi dai nostri familiari.

Accettiamo determinate condizioni per paura di perdere l’amore, l’attenzione e i favori dei nostri familiari (genitori, nonni, fratelli, ecc.). Com’è naturale che sia, ciò risponde a una paura evolutiva: nessuno vuole essere ripudiato dal suo nucleo.

Detto questo, le persone sono capaci di approfittare di tale potere emotivo, nonostante non abbiano l’intenzione di essere crudeli. Tant’è che spesso non ci rendiamo neanche conto di come giochiamo con i contratti familiari. Vediamo l’argomento nel dettaglio.

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I contratti emotivi non detti: un cocktail di aspettative

I contratti emotivi che si stabiliscono tra i membri della famiglia risultano essere un cocktail di aspettative alte e condizionanti, cocktail spesso dannoso per la realizzazione di una persona.

Capita che, parlando con persone totalmente esterne alla nostra famiglia, ci rendiamo conto di come strutturiamo i nostri pensieri e i nostri comportamenti a proposito di certe questioni. Improvvisamente, siamo sorpresi di aver fatto nostre idee che appartengono alla nostra famiglia, idee che ci sembrano assolute, ma che in realtà non lo sono.

È estremamente importante disfarci di tutti i preconcetti che ci risultano negativi. La letteratura e il cinema sono chiari esempi di ciò che molti di noi sono costretti a vivere.

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Un esempio è il caso dell’artista ripudiato dalla sua famiglia, perché questa aspirava a far proseguire la sua stirpe di medici rinomati o ancora la donna che è costretta a sposarsi con un uomo che la mantenga.

Una persona che non ha il coraggio di cambiare città per paura di ferire la sua famiglia. Una persona che non può vivere liberamente il suo amore per timore di ritorsioni. Un figlio che deve appassionarsi per forza al calcio. Un individuo che vuole studiare una disciplina “che non ha futuro”. Una persona che deve sposarsi, altrimenti la sua vita non ha senso.

Per non parlare delle etichette: “il cattivo”, “la furba”, “l’impacciata”, “il bello”, “la brava ragazza”, “la sottomessa”, “il brutto”, “il distratto”, “il povero”, “il dipendente”, ecc.

Quando qualcuno si rivolge allo psicologo, c’è sempre la possibilità che la radice (non la causa unica) della sua perturbazione si trovi in schemi disfunzionali appresi nel suo contesto familiare sin dall’infanzia.

In altre parole, perpetuiamo le carenze del nostro nucleo, credenze ed aspettative che ci vengono trasmesse. Tutto questo è normale e, come abbiamo già detto, è un comportamento evolutivo. Tuttavia, ciò non toglie che, arrivati a un certo punto della nostra vita, dobbiamo iniziare a porci delle domande sul mondo. Ricordiamoci che, da piccoli, questa capacità non è sviluppata in noi, ma da adulti sì.

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Chi sono? la domanda a cui si risponde dialogando

Siamo spugne che assorbono credenze ed aspettative, elemento che gioca a nostro sfavore quando le lealtà familiari invisibili sono nocive per la nostra crescita. Questo ha una conseguenza diretta: siamo quel che vediamo.

È per questo che, di solito, ci lasciamo trasportare dall’inerzia di quello che abbiamo visto in casa e che ci hanno trasmesso i nostri familiari, senza rifletterci troppo su.

Ad esempio, c’è chi crede che un partner debba durare tutta la vita dato che i suoi genitori sono stati sempre insieme e hanno sacrificato la loro esistenza e la loro felicità per i figli. Se questa persona, a un certo punto, si ritrova coinvolta in una relazione nociva, farà fatica a capire che non è obbligata a continuare.

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Che abbiate notato o meno l’esistenza di queste lealtà familiari invisibili, l’importante è che sappiate chi siete e perché vi siete abituati a comportarvi in un certo modo. Se vedete di rispettare tutto ciò che avete assorbito e che questo atteggiamento non vi rende felici, la cosa migliore da fare è staccarvi da quel contesto.

Potete farlo scrivendo una lettera, instaurando un dialogo o conversando con voi stessi. Ciò vi aiuterà a liberarvi delle lealtà familiari invisibili che vi tormentano. Se pensate di non esserne capaci oppure se la cosa non vi sembra sufficiente, è necessario parlare con un professionista che vi aiuti a dare una coerenza emotiva a quello che vi succede.


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.