Come ci manipolano i media?

Come ci manipolano i media?

Ultimo aggiornamento: 13 gennaio, 2017

Le notizie della televisione e dei giornali, così come tutte le informazioni che troviamo sul web, possono cambiare la nostra opinione. Ma c’è di più, molte notizie, infatti, vengono create o raccontate in modo particolare con lo scopo di influenzare il nostro pensiero. Volete sapere come riescono i media a controllare la nostra mente?

Si dice che se non c’è notizia, l’evento non è accaduto. Un esempio è ciò che successe nel 1994 durante la guerra scatenatasi in Ruanda. Le due etnie che convivevano nella stessa regione iniziarono a massacrarsi al punto da parlare di genocidio. Il 75% di individui di etnia Tutsi venne massacrato. La causa scatenante fu la nomina a governatori dei membri di etnia Hutu.

Durante la prima settimana del genocidio, nessuna potenza europea intervenne. Nessuna notizia venne pubblicata, dunque nessuno si preoccupò del massacro in Ruanda. La seconda settimana, i mezzi di comunicazione cominciarono a diffondere la notizia. Il risultato fu che i paesi europei inviarono aiuti per fermare il genocidio.

Tuttavia, la mancanza di fotografie su ciò che stava accadendo in Ruanda rese la notizia meno urgente della realtà, dunque l’interesse dell’opinione pubblica fu minimo. Le nostre emozioni non erano state chiamate in causa, pertanto la nostra attenzione era passata oltre.

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Cosa dobbiamo pensare?

Come vi abbiamo anticipato, se non abbiamo a disposizione le informazioni sugli eventi che accadono nel mondo, non sapremo mai cosa sta succedendo. Le notizie, quindi, ci dicono cosa pensare anche se, evidentemente, non pensiamo sempre a tutto ciò che leggiamo o ascoltiamo.

L’interesse suscitato dalle notizie ci spinge a dedicare più attenzione ad alcune e meno ad altre. Un fattore che incide sull’importanza che diamo alle notizie è la paura. Le notizie che suscitano paura attirano maggiore attenzione, ad esempio, i fatti che alludono ad una minaccia, come un virus che si sta diffondendo in tutta la città o una serie di furti nel vicinato.

Probabilmente la notizia che vi abbiamo riportato sul genocidio in Ruanda vi ha fatto pensare a quanto è accaduto. Dato che la notizia non è recente e la sua ripercussione sull’attualità è minima, la maggior parte delle persone non vi ha prestato attenzione se non l’ha ritenuta interessante.

Come dobbiamo pensare?

Le notizie che ci interessano, che sia per la tematica trattata o per l’importanza che rivestono, e quelle su cui già ci siamo fatti un’opinione richiamano le nostre conoscenze previe o quelle che abbiamo subito a disposizione. L’informazione presentata dalla notizia viene valutata e messa a confronto con la nostra opinione previa e di sicuro non cambierà il nostro modo di pensare, a meno che non sia molto potente e non avessimo già dei dubbi prima di ascoltare la notizia.

Se qualcuno di voi si era già fatto un’idea su ciò che è successo in Ruanda, la notizia che abbiamo dato all’inizio non avrà cambiato la sua opinione. E se invece non conoscevate l’evento o avevate solo una vaga idea di ciò che è successo?Allora è probabile che la notizia vi abbia spinto a pensare in un determinato modo.

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Il ruolo dell’euristica

I processi euristici sono  semplici regole che utilizziamo per interpretare il mondo. Nel nostro caso, servono ad interpretare le notizie che riceviamo. Quando queste sono rilevanti, l’informazione viene elaborata dalla via centrale e, come sapete, viene messa in discussione rispetto ai dati che già avevamo.

Viceversa, quando la notizia non è rilevante, l’informazione passa per una via periferica. Ed è qui che entra in gioco l’euristica e la nostra opinione su quel particolare evento dipenderà dalle interpretazioni periferiche di quella notizia.

Considerare affidabile la fonte della notizia, nel caso del genocidio in Ruanda, o chi la scrive ci fa credere a quell’informazione. Se sono il narratore della notizia e i lettori non hanno fiducia in me, non crederanno a ciò che dico o lo faranno con reticenza.

I notiziari hanno usato termini come “guerra”, “genocidio”, “massacro”. Queste parole suscitano emozioni negative quando si legge o si ascolta la notizia e trasmettono un’immagine negativa dell’etnia Hutu. La connotazione negativa non sarebbe così forte se fosse stato usato il termine “conflitto” invece di “guerra”.

Avendo fornito una percentuale delle vittime, la notizia è apparsa sicuramente più negativa. Se, invece, i notiziari avessero dato una cifra indicativa, senza relativizzarla rispetto al totale, l’impatto della notizia in sé sarebbe stato meno forte. Riportare il fattore scatenante del genocidio sembra attribuire la colpa all’etnia Hutu. Se avessero scritto che sono stati i paesi europei a nominare governatori i membri dell’etnia Hutu, forse avremmo attribuiti la colpa agli europei.

Ogni parola di una notizia è importante ed avrà diverse ripercussioni a seconda dell’attenzione e delle conoscenze previe che abbiamo a disposizione. Il potere di persuasione delle notizie può essere molto forte se non siamo consapevoli dei processi mentali sottostanti alla loro interpretazione. D’altra parte, questa consapevolezza non impedirebbe a realtà esterne di manipolarci, ma ci aiuterebbe a capirlo e, quindi, ci darebbe la possibilità di intervenire.


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