Disturbo reattivo dell'attaccamento

Quando si parla di disturbo reattivo dell'attaccamento, ci si riferisce a un contesto in cui i bisogni primari del bambino non vengono soddisfatti.
Disturbo reattivo dell'attaccamento
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 14 febbraio, 2023

L’attaccamento è un vincolo affettivo che si sviluppa durante l’infanzia. Se il legame con i propri genitori o tutori non si sviluppa nel giusto modo, ossia se i bisogni principali del bambino non vengono soddisfatti, il bambino potrebbe sviluppare forme di attaccamento dannose o negative, come il disturbo reattivo dell’attaccamento.

Il disturbo reattivo dell’attaccamento è caratterizzato dall’inibizione emotiva e affettiva che il bambino mostra nei confronti dei propri genitori o tutori. Non è usuale che i bambini non cerchino il contatto fisico e che anzi lo rifuggano, allontanandosi dai propri genitori.

Non si tratta di bambini nati con questa indole, bensì che hanno sviluppato tale atteggiamento a causa del contesto a cui sono stati esposti fin dalla nascita.

Nella maggior parte dei casi, questi bambini sono entrati in contatto con un ambiente non costruttivo, o per meglio dire, tossico.

“È il passato di un bambino che condiziona il suo modo di sentirsi nel mondo e le aspettative che gli altri avranno su di lui.”

-Charo Blanco-

Bambino solo

Quale ambiente favorisce il disturbo reattivo dell’attaccamento?

Quando si parla di disturbo reattivo dell’attaccamento, ci si riferisce a un contesto in cui i bisogni primari del bambino non vengono soddisfatti.

Tra i bisogni basilari si trovano senz’altro sicurezza e protezione, un contatto sano con gli altri, mangiare, dormire, non vivere situazioni dolorose.

Un esempio è rappresentato dai genitori che non accudiscono il figlio quando cerca di attirare la loro attenzione tramite il pianto, per essere nutrito o coperto.

Se i bisogni basilari del piccolo non vengono soddisfatti, già da piccolissimo svilupperà diversi atteggiamenti negativi. Non sprecherà più energie nel pianto, fattore che aumenterà le sue possibilità di sopravvivenza all’ambiente in cui sta crescendo.

Cause del disturbo reattivo dell’attaccamento

Vediamo quali altre situazioni possono condurre a tale disturbo:

  • Genitori o tutori con scarse qualità genitoriali: non si sentono preparati né sicuri. Non sanno come comportarsi e non cercano di migliorare le loro scarse conoscenze. Non si documentano e non acquisiscono una formazione specifica. Cercano di stare al passo con la crescita del bambino con le nozioni di cui sono già in possesso.
  • Genitori o tutori che non esprimono i proprio sentimenti: nessuno ha insegnato loro a esprimere le proprie emozioni. In alcuni casi, le reprimono come conseguenza di esperienze traumatiche passate. Sono incapaci di manifestare l’affetto e l’amore per il proprio bambino, al punto che quest’ultimo non lo avverte.
  • Situazioni di violenza fisica o psicologica: il bambino è vittima di violenza da parte dei genitori. Può trattarsi di violenza fisica, relazionale o persino abusi sessuali.
  • Bambini orfani: crescere in una struttura o cambiare più volte famiglia adottiva può fomentare il senso di insicurezza e abbandono nel bambino, e far sì che i suoi bisogni non vengano soddisfatti.

I bambini che soffrono di disturbo reattivo dell’attaccamento evitano qualunque contatto con i genitori e sono incapaci di esprimere sentimenti ed emozioni positive. In generale, non si rivolgono a nessuno quando soffrono, hanno paura o si sentono inquieti, cosa che capita loro spesso.

I bambini che sviluppano il disturbo reattivo dell’attaccamento, causato da ambienti o situazioni come quelle descritte, evitano il contatto con genitori, familiari, o con chi si prende cura di loro.

Hanno capito che le loro richieste rimarranno inascoltate e i loro bisogni inattesi. Allo stesso modo, la mancanza di affetto e di contatto fisico ostacola il loro modo di manifestare emozioni e sentimenti.

In qualche modo, diventano autosufficienti e rifiutano ciò che li ha fatti soffrire. Non hanno legami. Non si sentono valorizzati. In questo caso, sviluppano il disturbo reattivo dell’attaccamento come strategia di adattamento al contesto in cui sono costretti a vivere.

Ritorno alle origini: come costruire un attaccamento positivo

Una domanda sorge spontanea: è possibile curare il disturbo reattivo dell’attaccamento, essendo l’infanzia un periodo che segna profondamente l’individuo?

La risposta è sì, nonostante si tratti di un percorso molto complesso e che ha bisogno del supporto di professionisti.

È consigliato non soltanto l’intervento di uno psicologo, ma anche di un medico, un assistente sociale e della preparazione di un piano di intervento che includa la modificazione dell’ambiente in cui il bambino vive e un miglioramento della sua educazione.

I genitori o i tutori legali del bambino devono intraprendere anche loro un percorso che può essere lungo, ma che può avere esiti positivi.

La ricerca sarà finalizzata alla costruzione, nei confronti del bambino, di un vincolo solido, forte e sicuro. Sarà dunque importante lavorare sull’autostima del bambino e sulle sue diverse abilità sociali.

La terapia è efficace?

Potremmo chiederci se si guarisce davvero da tale disturbo o se si impara solo a comunicare in modo espressivo attraverso alcune tecniche efficaci.

Il bambino riuscirà davvero a stabilire un vincolo solido? O i suoi progressi sono solo il risultato di tali tecniche?

La terapia cognitivo-comportamentale prevede una strategia che si basa sulla ristrutturazione cognitiva, valida per cambiare le disfunzioni cognitive che colpiscono il bambino nel suo stabilire legami sani.

Si tratta di una tecnica utile soprattutto per i bambini che hanno vissuto in famiglie destrutturate e che soffrono di disturbo reattivo dell’attaccamento.

“Il bambino ha bisogno di tempo per imparare a fidarsi del suo tutore, e da lì sentirsi sicuro nei suoi confronti”

-Anonimo-

Mettere al mondo un figlio e accudirlo sono compiti molto importanti, la cui responsabilità ricade sui genitori o tutori. I bambini non sono oggetti, sono persone che devono apprendere a costruire le loro prime relazioni, e che tenderanno a replicare gli stessi schemi relazionali in futuro.

Sforzarsi di svolgere il proprio ruolo da genitore al meglio, documentandosi, chiedendo aiuto o supporto, permetterà di sopperire a tutti i bisogni del bambino, evitando così l’insorgere del disturbo reattivo dell’attaccamento.

Famiglia felice

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