Nikola Tesla e la solitudine del genio della luce

Nikola Tesla e la solitudine del genio della luce

Ultimo aggiornamento: 20 maggio, 2017

Si dice che Nikola Tesla fu il genio che illuminò il mondo e che per immaginare la nostra vita senza il suo contributo, basterebbe semplicemente spegnere la luce. La sua immagine è intrisa della solitudine e dell’incomprensione che spesso accompagnano le grandi menti, sempre complesse, sempre affascinanti.

Una delle frasi più famose di Tesla è quella immortalata dai giornalisti dell’epoca e che in qualche modo è servita a delineare il suo profilo veemente e sensazionale: “Il presente è vostro, ma il futuro appartiene a me”.

Se avessi la fortuna di realizzare i miei ideali, lo farei in nome dell’umanità.
Nikola Tesla

Forse aveva ragione. Non manca chi afferma che senza Tesla il mondo avrebbe le reminiscenze di uno scenario enigmatico, come il bosco silenzioso della bella addormentata. Un territorio buio, senza radio, senza televisione, senza gigantesche industrie e senza l’eterno ronzio delle nostre città moderne.

A Tesla dobbiamo la bobina di induzione che inaugurò l’era della radio. L’inventore fu anche l’artefice del sistema di trasmissione che trasporta l’energia elettrica nelle nostre case, del radiocomando, del telegrafo senza fili, dei raggi ultravioletti, della risonanza magnetica. Tutto questo senza menzionare la sua opera di ingegneria più ambiziosa, ma poi fallita, dimenticata e distrutta, il progetto “Wardenclyffe”, la cui finalità era fornire a tutti energia libera e senza cavi.

Molti ritengono che questo Prometeo moderno di origini serbe sia stato condannato all’oblio per aver sfidato il potere dell’industria dell’epoca e aver cercato di offrirla ad un popolo più umile. Ad ogni modo, una cosa di cui pochi parlano è la personalità di Tesla, la sua psicologia e l’universo intimo e personale nascosto dietro la sua genialità.

Vi invitiamo a scoprire qualcosa in più su questo famoso personaggio.

Creatività e disciplina: la complessa mentalità di Nikola Tesla

Esistono diversi libri che approfondiscono l’universo profondo e personale di Nikola Tesla. Lampi di Jean Echenoz è uno di questi, così come un testo scritto dallo psicologo serbo Zarko Trebjesanin. Tesla era una persona brillante con un elevato quoziente intellettivo. Il suo genio si alimentava di un meccanismo che lo stesso Tesla iniziò a seguire fin da bambino: una disciplina ferrea ed ostinata.

Non c’è emozione più intensa per un inventore che vedere una delle sue creazioni funzionare, un’emozione che gli fa dimenticare qualsiasi altra cosa: mangiare, dormire…
Nikola Tesla

Quando gli veniva un’idea, non l’abbandonava fino a che non aveva preso forma, altrimenti la scartava. Dormiva poco, mangiava ancora meno e pensava che la creatività rispondesse a rigide norme, orari impegnativi e un approccio che non lasciava spazio alle emozioni. Aveva una volontà di ferro, al punto da diventare un asceta, evitando qualsiasi rapporto affettivo. Questo genere di relazioni, a suo parere, rischiavano di fargli perdere l’obiettività sul lavoro.

In seguito si pentì di questo stile di vita, infatti durante alcune interviste si lamentò della solitudine a cui si era condannato. Ammise che la creatività ha molto a che vedere con la passione, ma la sua mente insaziabile era anche la sua più grande nemica: aveva sempre un sacco di idee e di progetti complessi che lo assalivano come tempeste, come lampi a cui doveva per forza obbedire.

Nel 1885 Nikola Tesla arrivò a New York. Con sé aveva solamente un quaderno pieno di calcoli, la sua mente piena di idee, qualche poesia e qualche soldo nel portafoglio. Sapeva bene ciò che voleva ottenere, però. Un anno dopo riuscì a vendere a George Westinghouse il brevetto del motore a corrente alternata ed era immerso nella cosiddetta “guerra delle correnti” contro l’arcinemico Thomas Edison.

Tuttavia, la sua mentalità così ricca di idee, i suoi mondi complessi pieni di elettricità e di sistemi connessi da fili invisibili attraverso la distanza non riuscirono a prendere forma. Almeno non come voleva Tesla. Si scontrò con grandi rivali: un sistema rigido e una politica corrotta che non vedeva di buon occhio le sue “rischiose” idee. Inoltre, soffriva di un disturbo ossessivo-compulsivo che gli portò via le energie e la salute negli ultimi anni della sua vita.

Una mente nobile, una mente ossessiva

Gli ultimi anni della vita di Nikola Tesla furono particolarmente difficili. Il disturbo ossessivo-compulsivo ormai condizionava pesantemente la sua routine. Viveva in hotel e chiedeva sempre di avere 18 asciugamani. A pranzo o a cena, quindi raramente perché mangiava poco, pretendeva di avere sul tavolo 18 tovaglioli.

La vita è e sarà sempre un’equazione impossibile da risolvere, ma piena di fattori che conosciamo.
Nikola Tesla

La stanza in cui alloggiava era sempre la 207, perché questo numero è divisibile per 3. La sua ossessione per il numero 3 e per l’idea di offrire una forma di energia gratuita e senza cavi al mondo indebolirono la sua salute e il suo equilibrio personale. Il livello di auto-esigenza era talmente elevato che la sua nevrosi raggiunse limiti smisurati. I suoni gli causavano dolore, diventò ipersensibile. Inoltre, rimase senza un soldo perché non aveva il minimo fiuto imprenditoriale.

Fu costretto a vendere tutti i suoi brevetti e morì in estrema miseria, lasciando ad altri un’infinità di lavori e documenti con cui arricchirsi. Al giorno d’oggi il nome di Tesla ha riacquistato la sua dignità e quella luce che non solo ha permesso il progresso, ma è anche la prova dell’altruismo di una persona non ha mai voluto arricchirsi, ma solo mettere la scienza al servizio dell’umanità.


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