Alla scoperta dei "punti ciechi" nell'amore

Alla scoperta dei "punti ciechi" nell'amore

Ultimo aggiornamento: 10 agosto, 2017

A volte lo facciamo, ci lanciamo nel vuoto con gli occhi chiusi e il cuore aperto, ansiosi di amare ed essere amati. A volte le cose vanno bene, altre volte no. Questo succede perché siamo vittime di quei punti ciechi che ci portano ad afferrarci con forza a relazioni pericolose, gli amori impossibili; luoghi in cui l’autoinganno tesse una ragnatela della quale rimaniamo prigionieri.

Per comprendere cosa sono questi punti ciechi, iniziamo facendo un piccolo esperimento. Chiudiamo gli occhi per qualche secondo e poi riapriamoli per voltarci verso una finestra, lasciando che la luce del sole ci illumini il viso per qualche secondo.

Ebbene, poi sposteremo lo sguardo verso un punto qualsiasi. Non ce ne accorgiamo, ma nella nostra retina sono presenti i fotorecettori, piccolissime cellule nervose che captano la luce ed inviano le informazioni al cervello in un lasso di tempo quasi impercettibile.

Tuttavia, nella retina vi è una zona ridotta in cui non ci sono fotorecettori: i cosiddetti punti ciechi. Poiché l’occhio non capta nessuno stimolo, vediamo questa realtà come piccoli spazi bianchi provenienti da questi punti ciechi. Alla nostra vista, però, non sfugge nessun dettaglio, è perfetta, meravigliosa nel fornirci qualsiasi sfumatura di ogni volto, di ogni paesaggio…

Come è possibile allora? Se c’è un punto vuoto, un’area cieca nella nostra retina, come possiamo vedere il mondo in maniera tanto nitida? La risposta è semplice e inquietante allo stesso tempo: il cervello ha il compito di “riempire” i vuoti. Per quanto possa sembrare strano, in psicologia accade lo stesso. Esistono realtà intorno a noi che non percepiamo. Sono punti bianchi, fatti generalmente negativi che sfumano l’orizzonte del nostro mondo cosciente.

È ancora una volta il cervello a prendere il controllo selezionando, tramite un filtro, l’informazione che ci circonda. Grazie a ciò, si attenuano le percezioni negative ponendo un muro dinanzi all’attenzione e riducendo, così, l’impatto del disinganno. Questa raffinata arte dell’autoinganno è particolarmente comune nell’universo delle relazioni affettive. Ve ne parliamo a seguire…

I punti ciechi o il rifiuto di accettare le cose come sono

“Il mio partner non mi manipola e non è geloso, semplicemente si preoccupa per me, mi ama molto”. “Non ci siamo lasciati, è che lui ora sta attraversando un periodo di intenso stress a causa del lavoro e ha bisogno di una pausa, ha troppe cose per la testa e lo capisco… ma non è una crisi, continuiamo ad amarci come il primo giorno”.

Alla maggior parte di noi sembra semplice comprendere cosa si celi dietro a queste realtà che sfiniscono, che appannano la vista e l’udito. Tuttavia, chi vive immerso nei suoi punti ciechi non li nota, non li avverte e non vuole nemmeno vederli.          

Sono i suoi salvavita, i suoi analgesici, la zattera di legno sulla quale continuare a galleggiare rispetto ad una realtà che spesso lo fa affondare. Perché il trucco dell’autoinganno è la strategia più sofisticata di cui dispone l’essere umano e grazie alla quale soffochiamo il fumo dello stress e scivoliamo sull’incoscienza delle preoccupazione e della responsabilità di agire rispetto ad un evidente problema.

Questa nebbiolina mentale che genera i punti ciechi mette sempre in marcia le stesse complesse strategie psicologiche. Esse vanno dalla classica negazione alla razionalizzazione o all’attenzione selettiva, in cui focalizziamo solo su ciò che ci interessa, ignorando tutto il resto.

Machado diceva che c’è qualcosa ben peggiore che vedere la realtà in nero, ed è non vederla. Strategia che viene messa spesso in atto in quanto ad affetti e labirinti d’amore, in cui sarà sempre meglio “non vedere” piuttosto che “perdere” la persona che si ama.

Come illuminare i nostri punti ciechi

Robert Trivers è un sociobiologo molto famoso per i suoi studi sull’autoinganno. Secondo lui, questa raffinata strategia, tanto praticata dall’essere umano, è molto più sofisticata del semplice mentire. In questo senso, l’atto di mentire a noi stessi richiede un’architettura più profonda, più delicata.

Quando rileghiamo l’evidenza all’inconscio e la bugia al conscio, il prezzo cognitivo da pagare è immenso. Lo sforzo affinché ogni cosa sia credibile rende i punti ciechi autentici ceppi ai quali aggrapparsi rimanendo vittime di se stessi.

“Una bugia non avrebbe senso a meno che la verità non venga percepita come pericolosa”

-Alfred Adler-

È difficile illuminare questi angoli mentali dopo averli messi in pratica per molto tempo con il proprio partner. Quando cerchiamo di far aprire gli occhi a chi è innamorato, ci scontriamo spesso con il suo rifiuto e la sua negazione.

Per evitare a noi stessi di cadere in strategie mentali simili quando la nostra autostima, i nostri valori e la nostra integrità sono vulnerabili, dobbiamo provare a controllare i punti ciechi più comuni in una relazione.  Ecco alcuni esempi:   

  • Non dobbiamo cadere nell’errore più comune commesso da ogni coppia: l’idealizzazione.
  • Dobbiamo vedere le persone per quello che sono, senza anestesia, senza edulcoranti. Non bisogna sottovalutare ciò che non ci piace né ingigantire gli aspetti che, invece, ci piacciono per compensare ciò che è sgradevole, che è fuori tono, che ci ferisce.
  • Non distorciamo la realtà rifuggendoci in idee che non corrispondono a ciò che ci circonda, a ciò che vediamo e sentiamo.
  • Ricorderemo ogni giorno che l’amore ha delle condizioni, che non bisogna lasciare al domani la delusione che proviamo oggi.

Per concludere, dobbiamo ricordare che l’uso dei punti ciechi si verifica molto spesso nelle relazioni di coppia basate sulla dipendenza. In questa sfera interpersonale tendiamo maggiormente a distorcere la realtà, al fine di preservare la convivenza, con l’idea di mantenere quell’equilibrio impossibile senza percepire gli effetti emotivi e psicosociali che implica.

Come disse Albert Camus una volta, “La verità, come la luce, acceca. La menzogna è un crepuscolo che mette in valore tutti gli oggetti…”. Evitiamo di vivere in quel crepuscolo che causare solo agonia e siamo coraggiosi al punto da aprire gli occhi alla verità.        


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