Senza andare troppo lontano nel tempo, era il 2014 quando Charles Manson ottenne il permesso di sposarsi mentre stava scontando l’ergastolo. La fidanzata era Afton Burton, una giovane ventiseienne con la quale si scambiava lettere da quando lei aveva 16 anni. Non si arrivò mai a celebrare il matrimonio, ma possiamo vedere diverse immagini di entrambi, compresa la trasformazione della giovane quando scelse di somigliare sempre di più al suo idolo, di rasarsi la testa e tatuarsi la famosa croce sulla fronte.
Questo fatto, le circostanze degli omicidi e il culto incomprensibile e smisurato attorno a Manson trovano adesso una nuova ondata di energia a seguito della sua morte. La portata della sua scia non smette di crescere, configurando a sua volta un angolo oscuro nel quale gli esperti investono le proprie energie per fare chiarezza.
È qualcosa che si ripete nel corso della storia della scientifica: la malvagità attrae, l’assassino seduce ed è ancora più evidente che i grandi assassini o istigatori, come Charles Manson, continuano a vendere e a ispirare copioni per il mondo del cinema e della televisione.
La personalità di Charles Manson
Tutti i criminologi concordano sul fatto che al giorno d’oggi continuano a sussistere alcuni concetti errati attorno alla figura di Manson . Quando pensiamo all’esempio più lampante di serial killer, alla maggior parte di noi viene subito in mente il suo volto. Tuttavia, nella storia del mondo criminale, a rappresentare l’esempio più chiaro di questa categoria sono due nomi molto meno mediatici: Ted Bundy e il “Killer Clown” John Wayne Gacy.
Fu davvero un serial killer?
Charles Manson non era un serial killer, di fatto non ha mai fatto parte di detta categoria. Da un punto di vista psicologico, il caso de “La Famiglia” è senza dubbio uno dei più vistosi per diverse ragioni. Manson ha istigato, convinto e manipolato i suoi discepoli affinché commettessero una serie di omicidi che rispondevano a un codice segreto: “Helter Skelter”.
Si trattava del titolo di una canzone dei Beatles, un testo che parlava delle difficoltà dell’amore, ma per lui era qualcosa di più. Era la giustificazione per una guerra razziale apocalittica, era la sua ossessione e ispirazione. I crimini si sono susseguiti per due notti; non fu un impulso, non fu un atto dovuto a un delirio momentaneo.
Dietro vi era una pianificazione e ciò che lascia a bocca aperta gli esperti è che Manson indusse ancora una volta i suoi discepoli a ripetere altri omicidi. Non li lasciò riflettere sull’atto commesso, il suo potere di persuasione e manipolazione era assoluto e impeccabile. Riuscì a mantenere in essi una freddezza emotiva totale.
Già in prigione, i tentativi di comprendere le situazioni psicologiche che davano forma alla personalità di Manson furono quasi costanti. Occorre dire che non si arrivò mai a una diagnosi chiara e oggettiva sui disturbi di cui soffriva. Tuttavia, molti analisti concordavano sul fatto che in lui vi erano due dimensioni molto chiare: frustrazione e conflitto.
Un’infanzia di maltrattamenti, carenze e servizi sociali che lo ignorarono del tutto lo spinse precocemente a tentare di sopravvivere mediante i crimini. La sfida continua e il disprezzo verso le autorità erano una costante nella sua vita. In seguito sopraggiunse la sua megalomania, la formazione di una personalità psicopatica e della Sindrome di Kakòn o della Grande Angoscia.
Tuttavia, gli psichiatri hanno percepito in Charles Manson un elemento: la sua grande capacità di controllare emotivamente le persone. Una risorsa mediante la quale alimentare il suo ego, costituire un gruppo di riferimento (La Famiglia) al quale vincolarsi e affrontare a sua volta una società che detestava.
Il perché dell’attrazione e del culto a Charles Manson
Sheila Isenberg fu una delle prime psichiatre a trovare dei motivi che potessero giustificare questo fascino attorno a una figura tanto oscura come quella di Charles Manson ; qualcuno che era solito chiamare se stesso come “il profeta di Satana”. La dottoressa Isenberg propose diverse teorie psicologiche nel suo libro “Women who love men who kill”. (tradotto letteralmente: “Donne che amano uomini che uccidono”).
Eccole a seguire.
Persone con bassa autostima
Una prima spiegazione fa riferimento alla “sindrome da iper-empatia”. Si verifica in donne con un livello molto basso di autostima che sono solite unirsi a figure di rilievo, persone di una certa notorietà che offrono loro un senso di valore. In questo caso, vincolarsi a un assassino conosciuto e che ha creato un impatto sulla società è un modo per colmare i loro vuoti e sentirsi più sicure, oltre che importanti.
Allo stesso modo, il loro eccesso di empatia permette loro di connettersi con la persona in modo più profondo, arrivando persino a giustificare gli atti malvagi dell’assassino.
L’effetto “Omicidolo”
L’effetto “Omicidolo” è formato da due termini “omicida + idolo” . È qualcosa che, senza spazio a dubbi, rappresenta molto bene la figura di Charles Manson, così come quella di Jack lo Squartatore, Hannibal Lecter, ecc. Talvolta, vi è chi sperimenta un’attrazione/ammirazione per alcune persone (reali o fittizie) note per aver messo in atto azioni di grande violenza . Lungi dal rifiutare i loro atti, li trasformano in idoli e in figure da venerare.
Questo fenomeno, stando a quanto segnalano gli psichiatri Micael Dahlén e Magnus Söderlund, spesso si verifica in donne di successo, accademicamente ben formate e con un buono status sociale. Tuttavia, occorre dire che è molto comune nella nostra società. Basti ricordare che la figura di Charles Manson ha ispirato gruppi musicali come i Guns n ‘Roses o Marilyn Manson.
La “ibristofilia”
L’Ibristofilia è un termine di psicologia forense che definisce le persone che si sentono attratte, psicologicamente ed eroticamente, da individui “pericolosi”. Lungi dall’essere una condotta normale, questo desiderio e questo tipo di attrazione, poco comune e per niente ragionevole, rientrerebbe nella categoria delle parafilie.
Per concludere, se siamo sicuri di qualcosa è che la figura di Charles Manson perdurerà (con nostra sorpresa) per un periodo lungo nella sfera del sociale, penale e culturale . Di fatto, ai giorni nostri il nome di Charles Manson continua a generare introiti e i suoi eredi sperano che il suo ricordo continui a persistere per poterlo monetizzare. Sembra che non sia difficile: di recente Tarantino ha parlato di un film e si attendono nuovi libri su questo personaggio.
Il culto alla malvagità o alla curiosità per il lato più oscuro dell’essere umano continua e continuerà ad attrarci.
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