La causa principale delle discussioni
Una che si chiude a riccio e non ascolta, l’altra che grida. Due persone che si accusano a vicenda senza apportare nessun argomento… La causa principale delle discussioni e dei litigi è quasi sempre la stessa, e ancor più se sfocia nel risentimento e in conflitti insensati, pieni di disprezzo e orgoglio. Stiamo parlando della mancanza d’empatia.
Fermiamoci un momento a pensare all’ultima volta che abbiamo affrontato una discussione più o meno accesa. Quando diamo inizio a queste dinamiche a partire da una differenza, un attacco o una critica, cerchiamo (in generale) di mettere in risalto la nostra verità (in maiuscolo). Desideriamo far notare all’altra persona il nostro punto di vista e, soprattutto, il suo errore, la sua visione erronea o, eventualmente, ingiusta. È proprio questa la causa principale delle discussioni.
Allo stesso modo, spesso accade un’altra dinamica: adottare comportamenti difensivi. Indossiamo una corazza e cerchiamo, prima di tutto, protezione e attacco. Questa dinamica è visibile spesso nelle relazioni di coppia, in quelle discussioni in cui uno dei membri o entrambi iniziano a lanciare dolorose accuse e colpi bassi… mentre si fa scudo nelle reciproche posizioni di vittima.
“Il tuo stato d’animo è il tuo destino”
-Erodoto-
Molte di queste discussioni si risolverebbero molto prima se esercitassimo con maggiore capacità una parola magica fondamentale: empatia. Il semplice tentativo di considerare la realtà altrui e di capirla renderebbe i conflitti molto più umani e più utili. Tuttavia, il nostro errore è quasi sempre lo stesso: ci lasciamo trasportare dalle emozioni e queste annebbiano la ragione, spengono i sensi e stabiliscono distanze insalvabili.
La causa principale delle discussioni e dei litigi è quasi sempre la stessa: la mancanza di empatia.
La causa principale delle discussioni: mancanza di empatia e comprensione
Se condividiamo un desiderio, è quello di sentirci compresi. Detto questo, nel momento in cui qualcuno ci mette in discussione, ci critica o controbatte le nostre “verità“, non soltanto percepiamo una chiara minaccia. Subito dopo arriva l’ira, la rabbia. È un chiaro squilibro della nostra omeostasi emotiva e per questo non ci metteremo molto a discutere.
Se diamo un’occhiata alla letteratura meno scientifica e più popolare sui conflitti, la prima cosa che troveremo è il classico articolo di Come vincere una discussione in sei passi . Concepiamo i nostri disaccordi e le discussioni come un campo di battaglia, come se dovessero esistere sempre un vincitore e un vinto. È dunque venuto il momento di correggere questo approccio.
La principale causa di discussioni e litigi non risiede affatto nel vivere in un mondo pieno di narcisisti, di persone con cui non si può ragionare, di profili avidi di iniziare dispute contro di noi. Questi profili esistono, ma non definiscono il 100% della popolazione. La ragione principale delle nostre discordie è la nostra mancanza di comprensione e l’assenza di un’empatia reale, pratica e utile.
Quando comprendiamo l’altra persona e scopriamo la sua realtà, siamo più disposti a cedere, più dediti a quella reciprocità con cui giungere ad accordi che ci arricchiscano.
Molto probabilmente più di qualcuno penserà che tutto questo si fermerà ai buoni propositi, perché nella vita reale non mancano le discussioni che scoppiano da un detonante ingiusto, da una mancanza reale o un’offesa da difendere con la spada. Anche in queste situazioni è bene capire e mettersi nei panni dell’altra persona per scoprire che, magari, non vale la pena disuctere. Magari significherebbe perdere tempo.
Come arrivare a un’intesa?
Sappiamo già che la causa principale delle discussioni e dei litigi è il mal uso dell’empatia. In che modo possiamo allenarla al meglio per arrivare a un accordo? Memorizziamo le seguenti strategie:
- Chiediamoci perché ci sentiamo in quel modo. Approfondiamo il malessere, il bruciore provocatoci da quella parola o quel commento (si tratta di un attacco ingiusto o forse c’è qualcosa di vero in quella critica che non vogliamo accettare?).
- Una volta definita la nostra realtà emotiva e la ragione di quel malessere, arriva il momento di fare lo stesso con l’altra persona. Sforziamo di metterci nei suoi panni e di intuire, comprendere, scoprire (è una persona insicura e per questo mi attacca? È indispettita per qualcosa che ho fatto in passato e serba ancora rancore? Ciò che ha detto/fatto si deve alla paura di perdermi o perché vuole che reagisca?).
- Il terzo passaggio è l’impegno. Invece di lasciarci prendere dalle emozioni, sceglieremo di controllarle e farle fluire verso una soluzione. Il nostro impegno sarà orientato verso la comprensione, non verso la ricerca di colpevoli, non faremo risorgere vecchi scheletri del passato o gesti o parole che intensifichino ancora di più le differenze.
La causa principale delle discussioni è un cattivo uso dell’empatia. Per questo, sforzarsi di mettersi nei panni altrui è importante per mettere fine all’accaduto in maniera producente.
Dobbiamo saper spegnere la furia o il pizzicore della rabbia, saper mostrare all’altro quell’apertura dove l’empatia è palpabile, dove si percepisce un tentativo di comprendere e giungere a un accordo. Va detto che quest’arte non è facile, ha bisogno di tempo e richiede un lavoro interiore. Tuttavia, lo sforzo può aiutarci a godere delle nostre relazioni in maniera di gran lunga maggiore.