Occhio che non vede, cuore che duole

Occhio che non vede, cuore che duole
Lorena Vara González

Scritto e verificato la psicologa Lorena Vara González.

Ultimo aggiornamento: 22 dicembre, 2022

Occhio che non vede, cuore che duole. È vero che non esiste persona più cieca di chi non vuol vedere, ma questo non vuol dire che il dolore, la tristezza o l’angoscia possano scomparire come per magia semplicemente chiudendo gli occhi. Non basta schioccare le dita per cambiare le cose, bisogna accettare il dolore e imparare ad affrontarlo.

Questo può fare paura, ma non sarà mai brutto quanto pensiamo. Uno dei mostri più grandi è il pensiero catastrofista, quello che spesso alimentiamo per proteggerci dalle delusioni. E contro i grandi mostri nulla può se non il coraggio.

Come possiamo affrontare ciò che temiamo di più? Passo dopo passo, cominciando con l’accettare la nostra battaglia interiore, quella che ci fa negare ogni dolore, quella che ci ripete che non c’è nulla che non va anche se non è così. Una volta ammesso e accettato il malessere, risveglieremo le nostre più grandi paure e saremo, quindi, nella posizione di scegliere le armi migliori per affrontarle.

Sentirai il peso del mondo

All’inizio potremmo avere la sensazione di dover sopportare il peso del mondo sulle spalle o che tutto si spenga a poco a poco, ma capiremo di dover solo dare un nome al panico o alla depressione che vivono dentro di noi. Dopo aver imparato a chiamare ogni cosa con il suo nome, le paure si allontanano perché sappiamo cosa sta succedendo e possiamo chiedere aiuto in caso di minaccia.

Dare un nome a quello che sentiamo non significa ridurre la realtà ai pochi semplici dettagli che rientrano in un’etichetta. Non è nemmeno una valida scusa per nasconderci quando commettiamo un errore o ci definiamo. Il nome è solo una parte, una piccola parte di noi che ci completa, ma non ci definisce, perché siamo molto di più.

Attribuire un nome alle emozioni non significa dimenticare il contesto del problema, il sostegno altrui o le proprie risorse. È un modo semplice per delimitare un insieme di emozioni, pensieri e comportamenti che altrimenti sarebbero complicati da comprendere.

Semplificare, però, non significa dimenticare che dietro ad un nome, una paura o un mostro si nasconde una persona con le sue peculiarità. Una persona che soffre e che è anche coraggiosa, una persona che prima di tutto ha bisogno di supporto e comprensione.

Non sprecare tempo negando la realtà

Non dobbiamo sprecare tempo negando la realtà. Cos’è la cosa peggiore che ci può accadere se ammettiamo e accettiamo quello che ci sta accadendo, e smettiamo di evitare le esperienze della vita? Si apre un’opportunità all’orizzonte: cominceremo a vivere in modo intenso.

Ecco che allora i nostri pensieri non saranno fatti solo di mostri, ma di un mondo pieno di possibilità, belle o brutte che siano. In questo modo, ci conosceremo a tutti i livelli, ci accetteremo senza condizioni. L’aspetto più importante, però, è capire di essere più forti di quello che pensavamo.

Certo, avremo paura, ma avremo mille armi per combatterla. Proveremo dolore, ma sentiremo anche l’intensità dell’affetto e del calore delle persone che ci circondano. E ci renderemo conto che la dittatura a cui ci sottomettiamo quando pretendiamo di vivere una vita senza dolore è quella che ci fa più male, ci fa male perché nega una parte della nostra realtà.

Non è felice colui che non prova dolore, ma colui che riconosce e accetta le sue emozioni. Sta a noi accettare quello che proviamo e affrontarlo. Il risultato sarà sempre motivo di speranza per noi, una speranza da condividere con chi vogliamo.


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.