Il senso di colpa di chi mette fine ad un rapporto

Il senso di colpa di chi mette fine ad un rapporto

Ultimo aggiornamento: 25 giugno, 2017

Dover gestire il senso di colpa che si manifesta quando finisce un rapporto è per molti la conseguenza logica dell’aver preso l’iniziativa di chiudere la storia, dell’aver fatto l’ultimo passo che alla fine ha fatto cadere la parete. Forse anche voi vi siete ritrovati in questa situazione, magari avete avuto molti dubbi prima di prendere la decisione, prima di fare questo salto, ma alla fine l’avete fatto, consapevoli che sareste stati i carnefici che avrebbero spezzato la vita della vostra relazione, le promesse, i sogni, le ambizioni…

Probabilmente poi vi siete sentiti responsabili del dolore del partner, della sua tristezza e anche del suo futuro. Magari tante volte quel senso di colpa vi farà fare un passo indietro per tornare, due per allontanarvi, tre per tornare di nuovo… Un esercizio di autodistruzione più amaro della precedente vita di coppia. “Starà male. Soffrirà moltissimo… Io ero tutto il suo mondo”, “E se avessi preso la decisione sbagliata?”.

Vi sono familiari queste frasi? Di sicuro il ruolo di chi lascia è avvolto dai pregiudizi e da una sorta di “odio” che spesso non corrispondono alla realtà, ma si tratta solo di preconcetti sull’argomento. Tutto questo alimenta ancora di più il senso di colpa e la voce sorda che schiaccia la persona che ha deciso di porre fine alla relazione..

Il senso di colpa è un limite che impedisce di andare avanti

“Sei cattiva se lo lasci. Aspetta. Forse devi solo accettare il fatto che non puoi essere sempre felice. Resta con lui, altrimenti soffrirà molto”. Sono pensieri di questo tipo che vorticano nella testa di chi sta pensando di mettere fine ad un rapporto di coppia.

La paura che l’altro soffra, il malsano e ingiustificato senso di colpa per cui ci sente responsabili del suo malessere spesso portano a portare avanti la relazione o a non mettervi mai fine. Si finisce in uno stato di “stand by” costante e non si fa nulla per paura che l’altro soffra. Così passa il tempo, passa la vita.

Questo senso di colpa va oltre le culture. Si basa sul pensiero sbagliato per cui ci sentiamo responsabili della vita degli altri. Del loro dolore e della loro allegria. Ovviamente, quando ci lasciano, si dà la colpa della sofferenza e della fine del rapporto alla persona che ha preso l’iniziativa. È questa l’origine del nostro disappunto: la persona che amiamo ci dice che non vuole più stare con noi.

Chi lascia non può farsi carico del dolore dell’altro

Una cosa è la sofferenza che nasce alla fine di un rapporto, un’altra, invece, è essere responsabile della sofferenza dell’altro una volta terminata la relazione. La vita è allegria ed è dolore, è fatta di certezze e di incertezze. Da una parte è amore, dall’altra disamore.

Non possiamo permettere che qualcuno ci renda responsabili della sua esistenza. In caso contrario, non avremmo margine di azione. Non potremmo mai prendere decisioni perché avrebbero sempre delle ripercussioni su chi ci circonda. Vivremmo in una sorta di staticità per paura di mandare all’aria l’equilibrio esistente.

“Se non mi muovo, se non agisco, evito all’altro di soffrire. Tuttavia, non vivo. Se non prendo decisioni, non posso scoprire il mio mondo interiore né quello esterno”. Per paura della reazione dell’altro, mettiamo a tacere ciò che pensiamo e proviamo. Smettiamo di essere autentici. Smettiamo di inseguire i nostri sogni. Mettiamo la vita da parte, che siano i coraggiosi a viverla!

Vivere ha delle conseguenze

In effetti, come conseguenza di questo senso di colpa che ci schiaccia e limita spesso ritorniamo sui nostri passi. Tentiamo, senza fiducia, di rifare e rivivere questa relazione ormai finita e trasformarla in una possibile riuscita. Mettiamo da parte la vita, perché pensiamo di non avere abbastanza coraggio e forza per agire e prenderci la responsabilità delle conseguenze di quello che facciamo o diciamo.

Non possiamo permettere che gli altri ci rendano responsabili delle loro vite e non possiamo farlo nemmeno noi di nostra spontanea volontà. È un sacrificio di frutti sterili che prolunga solo il deserto e alimenta i miraggi.

Questo ostacola le esperienze, esperienze necessarie a crescere, ad imparare, a diventare adulti, ad essere più ricchi mentalmente. Tutte le nostre esperienze conferiscono qualità al nostro percorso di crescita. Soffrire fa parte della vita e nessuno può impedirlo sulla base di un senso di colpa invalidante che ha origine da un pensiero totalmente sbagliato.

Cari lettori, non lasciate che il senso di colpa vi obblighi a rimanere se non è ciò che desiderate. L’altra persona merita che siate autentici e onesti nei suoi confronti.


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