Antica leggenda zen dello stagno

"Lo stagno" è un'antica leggenda zen che ci parla di un giardino incantato dove tutti i vizi e le virtù vivono in armonia quasi totale. Tuttavia, la rabbia e la tristezza creano un'atmosfera pesante.
Antica leggenda zen dello stagno
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 28 marzo, 2023

L’antica leggenda zen dello stagno ci racconta che esisteva un regno incantato in cui nessun essere umano era mai stato. Tutti i vizi e le virtù vivevano in relativa armonia. A tutti piaceva giocare in un grande giardino, che era sempre pieno di luce e di profumi inebrianti e misteriosi. A volte i vizi e le virtù parlavano tra loro a lungo, e anche quando erano in disaccordo non c’erano mai conflitti.

Questa antica leggenda zen ci narra che c’erano due abitanti del giardino con i quali era difficile trattare: la rabbia e la tristezza. Entrambe avevano molti amici. La rabbia correva da un posto all’altro con l’invidia, il risentimento e la gelosia. La tristezza, dal canto suo, non era così socievole, ma condivideva il suo tempo con la pigrizia, il conformismo e la sfiducia.

Sia la rabbia sia la tristezza erano estremamente suscettibili. Era difficile per loro tollerare il sole, la pioggia, il giorno o la notte. Inoltre, erano anche estremamente sensibili. Difficilmente si poteva parlare con loro.

In presenza di qualcosa che non gradivano, iniziavano a crescere, crescere e crescere. A volte non lasciavano spazio a nessun altro. Ecco perché gli altri abitanti dello stagno si rapportavano con loro con estrema cautela e preferivano non trascorrere molto tempo con loro.

La tristezza è un muro tra due giardini.

-Khalil Gibran-

L’antica leggenda zen e la competizione

La rabbia e la tristezza erano solite vagare negli stessi posti. Entrambe amavano le paludi e le foreste incontaminate. Per caso, un pomeriggio decisero di fare una passeggiata nei pressi di un meraviglioso stagno cristallino che si trovava nel giardino.

Cominciarono a parlare e, pigramente, la tristezza raccontò alla rabbia di aver sentito delle voci su un tesoro nascosto nello stagno. L’illusione giurò che fosse sepolto lì e che il suo valore fosse incalcolabile. Ovviamente, il pessimismo non ci credeva.

La rabbia, che reagiva sempre senza pensare, sfidò la tristezza. Le disse che anche lei aveva sentito racconti simili e le propose una gara per rendere il tutto più interessante. Dovevano scegliere a caso una parte del terreno in cui cercare; chiunque avesse trovato il tesoro, lo avrebbe tenuto. La tristezza pensava che forse avrebbe perso, ma accetto ugualmente la sfida. Pensò, inoltre, che se avesse trovato il tesoro si sarebbe sentita meno triste.

Le due si divisero il terreno e iniziarono a scavare. La rabbia agì come se il mondo stesse per finire, scavò con tanta energia che in meno di tre ore aveva già completato la sua parte di terreno. Era furiosa al pensiero che il tesoro si potesse trovare nella parte di terreno della tristezza.

Questa antica leggenda zen ci racconta che la tristezza si prese il suo tempo. Scavava per qualche minuto, poi pensava e sospirava. Finì dopo una settimana, mentre la rabbia la guardava pronta a esplodere. Nessuna delle due trovò il tesoro.

Bellissimo fiore di ninfea che galleggia sull'acqua.

Morale de Lo stagno

Questa antica leggenda zen ci dice che sia la rabbia sia la tristezza capirono di essere state ingannate. Dopo aver smosso così tanto la terra si erano riempite di fango fino alle orecchie, e tutto questo lavoro per non nulla. A questo punto, dato che erano vicine allo stagno cristallino, pensarono di fare un bagno nelle sue acque.

La rabbia raggiunse le sponde dello stagno e si tolse i vestiti. Molto arrabbiata si gettò nello stagno le cui acque in pochi minuti divennero torbide a causa del tanto fango che la ricopriva. La tristezza, come sua abitudine, ci pensò un po’ prima di fare il bagno. Poi si avvicinò pensando com’era limpida fino a un attimo prima l’acqua.

Sicuramente la situazione sarebbe peggiorata se si fosse buttata. Questo pensiero la fece piangere per un po’. Tuttavia, sapendo di non avere altra scelta, anche lei si tolse i vestiti e si gettò nelle acque dello stagno.

Laghetto con ninfee e piante acquatiche.

Secondo questa antica leggenda zen, la rabbia si gettò con furia nelle acque dello stagno schizzando acqua a destra e a sinistra. La tristezza, nel frattempo, era rimasta in un angolo. Non le piaceva muoversi e pensò che gli schizzi d’acqua provocati dalla rabbia fossero sufficienti per pulirsi dal fango.

In realtà l’acqua era completamente torbida. Il liquido sporco finì negli occhi della rabbia che uscì furibonda dallo stagno per rimettersi i vestiti. Poiché non riusciva a vedere bene, tuttavia, si mise per errore gli abiti della tristezza.

Come finisce la leggenda…

Quando la tristezza uscì dallo stagno, trovò i vestiti della rabbia e li indossò. Dopotutto, a lei non importava. Da allora la rabbia indossa gli abiti della tristezza e la tristezza quelli della rabbia.

I menestrelli del luogo dissero che nessuna delle due si era accorta della diversa taglia dei vestiti indossati, perché la rabbia è solo un travestimento della tristezza e la tristezza della rabbia.


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