Contatto zero: come chiudere davvero con il passato
Nella nostra vita professionale e privata ci sono momenti in cui non c’è altra soluzione se non alzarci, allontanarci e stabilire un contatto zero. Lo facciamo per riprendere il controllo della nostra vita, per “ripulire” le nostre emozioni, per ripristinare il nostro equilibrio e farci trattare come meritiamo; come persone con il diritto (del tutto legittimo) di scegliere cosa vogliono e cosa non vogliono.
Una tesi sostenuta sia dalla psicologia dello sviluppo che da quella cognitiva è che che la maggior parte di noi non è pronta a ripartire e a lasciare qualcosa che conosce per il nuovo.
Le nostre mappe mentali sono disegnate per stabilire relazioni, per connetterci socialmente ed emotivamente agli altri. Quindi, quando all’improvviso scatta in noi quell’allarme che ci avvisa che qualcosa non va, che un legame ci sta causando più dolore che benessere, è abbastanza comune resistere e rimanere.
Ma cosa significa stabilire un contatto zero?
Il contatto zero è sinonimo di speranza. Vuol dire essere forti abbastanza da lasciarci alle spalle una fase della nostra vita liberandocene del tutto per poter attuare un cambiamento con più disinvoltura e con determinazione.
Lungi dal rompere questi legami, piuttosto tendiamo spesso a mascherarli con del trucco. E lo facciamo servendoci di ombretti, fondotinta e correttori, che non sono altro che tentativi di ingannare noi stessi (con frasi del tipo “è passeggero”, “di sicuro cambierà”) attraverso finti obiettivi (“domani gli dirò cosa penso e metterò la parola fine a questa finta amicizia”) e persino mediante i più complessi meccanismi di difesa (tra cui repressione, negazione, isolamento). Ci si dimentica, in qualche modo, che i finali sono necessari tanto quanto gli inizi.
La paura, che lo vogliamo o no, starà sempre lì, che si tratti di liberarci di una situazione o di una persona, o di lasciarci andare a una nuova tappa. Per questo motivo, talvolta il modo migliore per permettere a noi stessi di iniziare dignitosamente un’altra fase della nostra vita è proprio stabilire un contatto zero con le persone che nella fase precedente ci lasciavano in bocca il sapore amaro dell’infelicità.
Contatto zero per recuperare la speranza
Alcune decisioni dovrebbero scaturire dalla sicurezza e dalla forza d’animo. Per questo bisogna imparare a dare forma a quelle che molti psicologi chiamano “emozioni allo stato grezzo”. Questa dimensione psicologica può essere costruita attraverso tre punti focali che, per quanto complessi da mettere in pratica, possono darci buoni risultati:
- Concentriamoci sulle possibili conseguenze che possono scaturire dal non mettere fine a una specifica relazione, a un dato lavoro, a quel legame con qualcuno in particolare.. (stress, sofferenza, perdita della salute).
- Concentriamoci su un aspetto semplicissimo, ovvero mettere in chiaro cosa vogliamo per noi stessi. Ad esempio, voglio stare bene e riprendere in mano la mia vita. In fin dei conti, dovremmo conoscerci talmente bene da sapere cosa è meglio per noi e cosa, invece, ci provoca malessere. Una volta chiarito questo, dobbiamo mettere in pratica questa consapevolezza.
- Bisogna avviare il processo di cambiamento e farlo prevalere sulla paura. Bisogna concentrarsi sull’impulso di migliorare di fronte all’impeto conservatore che ci spinge a cronicizzare la nostra condizione di infelicità.
Quando avremo riflettuto su questi aspetti, saremo pronti a modellare quell’emozione allo stato grezzo, a unire forza d’animo e convinzione per prendere una ferma decisione che non lascia spazio alla paura o all’incertezza.
Dopo aver informato delle nostre intenzioni quella o quelle persone, valuteremo se è o meno il caso di mettere in atto la strategia del contatto zero.
In quali situazioni è consigliabile mettere in atto il contatto zero?
- Quando una relazione ci stressa particolarmente; quando è chiaro che dovremmo lasciarci alle spalle una relazione con un partner narcisista o un amico che manifesta gli stessi tratti distruttivi della relazione con un narcisista, ad esempio.
- Rapporti con i parenti che provocano un danno a lungo termine (e in cui non ci sono segnali di cambiamento, di presa di coscienza del problema o di miglioramenti).
- Quando vogliamo lasciarci alle spalle un contesto lavorativo o alcuni colleghi che hanno minacciato il nostro quieto vivere.
Contatto zero: il diritto di dire “no”
Il bravo giardiniere sa che per mantenere un cespuglio di rose sempre bello e sano bisogna potarlo regolarmente. Quel roseto a volte avrà più rose di quante non può sorreggerne; alcune di esse sovrasteranno le altre e alcune occuperanno troppo spazio, rallentando la crescita delle altre. Tagliare, eliminare ogni contatto con queste parti del cespuglio che danneggiano il resto è fondamentale affinché l’intero arbusto possa risplendere.
Accade lo stesso con le relazioni interpersonali. Non è sufficiente interporre una certa distanza tra noi e l’altro o aspettare che le cose cambino o abbassare lo sguardo e continuare a nutrire un giardino vessato dall’erba cattiva. Stiamo vivendo in uno scenario in cui non ci riconosciamo, quindi abbiamo pieno diritto di dire: “non voglio più soffrire”; una volta detto ciò, dobbiamo sradicarci dal luogo che ci ferice per non avere mai più contatto con i suoi abitanti.
Contatto zero per liberarci dalla tirannia di certi legami
Ci sono relazioni, persone e dinamiche che vanno chiamate con il proprio nome: ricatto emotivo, manipolazione, abuso, legame traumatico, colleghi o capi tossici, famiglie egoiste o amicizie false. Fare chiarezza su ciò ci sarà utile a prendere una decisione ferma.
D’altra parte, è necessario tenere a mente che il contatto zero ci dà pienamente diritto a stabilire dei limiti. Esso comporta la nostra ferma decisione di liberarci dalla tirannia, da quei legami che hanno esercitato il loro potere su di noi a lungo e con un unico scopo: annullarci fisicamente ed emotivamente. Allo stesso tempo, il contatto zero rappresenta la nostra unica garanzia di poter proteggere la nostra autostima e integrità psicologica.
Non bisogna avere paura di prendere questa decisione. Vi diremo di più: non siete nemmeno obbligati a giustificarvi né a dare troppe spiegazioni sul perché della vostra scelta. Quando prenderete coscienza del fatto che la cosa migliore da fare per questa nuova tappa è interporre una netta distanza tra voi e il passato, e che il contatto zero è il mezzo per guarire e ricominciare, non ci sarà motivo di perdere altre energie per spiegare qualcosa che -statene certi- l’altra persona non comprenderà.
Se decidiamo di andarcene, dobbiamo farlo con consapevolezza e con una prospettiva di crescita, non sentendoci in colpa. Questo perché le decisioni che prendiamo servono a proteggere la nostra integrità e felicità; servono anche per renderci padroni del nostro destino, architetti di un futuro ricco di speranza. E, in questo percorso, il senso di colpa non trova spazio né motivo di esistere.
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- Cantú Rodríguez, M. B. (2016). MUJERES EN PAREJAS INTERMITENTES Y SU PERCEPCIÓN DE LA ANSIEDAD EN LA RELACIÓN. Revista Electrónica de Psicología Iztacala, 19(2).
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