Distimia: anatomia della tristezza cronica

Distimia: anatomia della tristezza cronica
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Il disturbo depressivo persistente non sempre risponde al trattamento farmacologico. L’apatia cronica, la disperazione e il cattivo umore hanno un’origine molto più complessa di quella che potremmo immaginare. Ecco allora che la neuropsicologia della distimia ci ricorda che questa condizione riguarda una serie di processi cerebrali e situazioni sociali che vanno tenuti in considerazione.

Se verifichiamo l’incidenza della distimia sulla popolazione, emerge un dato molto importante. Gli studi clinici riportano che questo disturbo colpisce un 5% della popolazione, specialmente le donne. Detto questo, gli specialisti sanno bene che esistono anche molte persone che convivono quotidianamente con questo quadro psicopatologico senza chiedere aiuto. L’impotenza e lo sconforto diventano cronici. 

La distimia o, come si conosce da meno tempo “disturbo depressivo persistente”, colpisce soprattutto le donne ed è caratterizzata da uno stato d’animo affranto, stanchezza e tristezza ricorrente. Stati che possono prolungarsi per anni.

Va osservato che dall’uscita dell’ultimo volume del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V) in cui il termine “distimia” è stato cambiato con “disturbo depressivo persistente” sono stati realizzati numerosi studi con un unico scopo. Il proposito della comunità medica e scientifica è quello di poter delimitare e capire in modo molto più esaustivo questa condizione. Ci troviamo di fronte a una malattia molto più lieve rispetto alla depressione maggiore. Tuttavia, e data la difficoltà di trattamento, è comune che sfoci in altre patologie o disturbi mentali. 

Giovane e tristezza

Neuropsicologia della distimia (disturbo depressivo persistente)

Fu lo psichiatra Robert Spitzer che, negli anni ’60, a coniare, definire e “depurare” questa condizione clinica differenziandola da altri termini poco precisi. Finché questo celebre specialista non s’impegnò a migliorare e rifinire la classificazione delle malattie mentali, la distimia veniva catalogata come un tipo di personalità. Definiva le persone con indole depressiva, nevrotica e un carattere debole.

Dagli anni ’60 ad oggi, lo studio del disturbo depressivo persistente continua a essere perfezionato per poter rilevare la radice del problema. Oggi si parla di distimia se si presentano le seguenti condizioni:

  • Stato d’animo depressivo della durata minima di 2 anni.
  • Presenza di almeno due delle seguenti caratteristiche:
    • Perdita o incremento dell’appetito.
    • Insonnia o ipersonnia.
    • Mancanza di energia o fatica.
    • Bassa autostima.
    • Deficit di concentrazione o difficoltà nel prendere decisioni.
    • Sentimenti di disperazione.
  • Malessere, sofferenza continua.
  • Non si verificano episodi psicotici, maniacali né altre malattie organiche e nemmeno sospetti di una depressione maggiore.
Cervello infiammato

Cosa succede al cervello?

Quando una persona riceve la diagnosi, spesso, si sente sollevata. Ciò succede per una ragione evidente. C’è chi si porta dietro questa croce fin dall’adolescenza. Questo vuoto che entrava costantemente da una porta socchiusa per lasciare via libera all’abbattimento, e quell’odore persistente della tristezza che avvolgeva tutto.

La neuropsicologia della distimia ci spiega che questa condizione ha un’origine. Si pensa che lo stress e l’incremento delle catecolamine e degli ormoni come il cortisolo colpiscano la nostra capacità di regolare lo stato d’animo.

  • Gli studi clinici e, soprattutto, gli sviluppi nelle tecnologie di neuroimaging, come la risonanza magnetica, ci hanno permesso di scoprire alcuni dati molto rilevanti. Uno di essi è la presenza di una bassa attività in tutte quelle aree cerebrali relative alla risoluzione di problemi, regolazione del sonno, ‘appetito e, socializzazione.
  • La maggior parte di questi processi si concentrano in un’area molto particolare. Si tratta della corteccia cingolata anteriore, incaricata del controllo esecutivo ed emotivo, la stessa che evidenzia, come abbiamo detto, una bassa attività in tutti i pazienti con disturbo depressivo ricorrente.
Cingolato anteriore

La corteccia cingolata e i neuroni di Von Economo

  • La corteccia cingolata anteriore fa parte di una rete incaricata di generare processi multipli. Ci aiuta a elaborare le informazioni sensoriali ed emotive, aiuta a mantenere l’attenzione mentre ci muoviamo o interagiamo con gli altri. Ci permette di mantenere l’interesse verso il nostro ambiente circostante, che agisce come ponte tra l’emozione e l’attenzione. 
  • In quest’area cerebrale si trovano anche i cosiddetti neuroni di Von Economo. Queste cellule nervose si connettono con altre per facilitare ed elaborare le informazioni relative al dolore, alla fame e, cosa più importante, stimolano il generarsi delle “emozioni sociali” come la fiducia, l’amore, il risentimento…
  • I neuroni di Von Economo sono presenti anche in scimmie, delfini, balene ed elefanti. Animali che, come noi, si deprimono e mostrano la cosiddetta “sofferenza sociale”, ovvero fattori come la solitudine, il rifiuto o la perdita di una posizione nella gerarchia del proprio gruppo possono causare loro tristezza e dolore emotivo.
Donna dietro alla vetrata

Per concludere: in cerca di risposte

Arrivati a questo punto e sulla base dei dati forniti dalla neuropsicologia della distimia, la domanda sorge spontanea: cosa provoca il malfunzionamento delle aree relazionate a questo disturbo? Cosa possiamo fare per rimediare a questa condizione? Dato che questi stati si prolungano nel tempo e che non sempre reagiscono ai farmaci, è necessario continuare ad approfondire gli studi.

Si è a conoscenza, per esempio, dell’esistenza di un componente ereditario. Allo stesso modo, la sensazione di isolamento, una perdita o il semplice fatto di non sentirci utili in un momento dato genera questi stati cronici di sofferenza. La neuropsicologia della distimia ci dice che spesso molti pazienti migliorano quando iniziano nuovi progetti. Apportare un semplice cambiamento nelle nostre vite e sentirci nuovamente coinvolti in qualcosa o con qualcuno infonde ottimismo e speranza. 

Non arrendiamoci. Conoscendo meglio queste malattie, potremo dare risposte migliori. Nel frattempo, non dimentichiamo che la distimia può essere trattata ed è possibile superarla con un buon intervento e un approccio psicoterapeutico. 


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.