Gli ambiversi: metà estroversi e metà introversi
Nessuna persona è completamente estroversa o completamente introversa. Tra i due estremi, esiste un’infinità di sfumature, anche se, in generale, in ogni persona predominano tratti di introversione o di estroversione. Alcune persone, però, riescono a combinare in modo equilibrato il meglio degli estroversi e il meglio degli introversi. Sono gli ambiversi.
Secondo la Dottoressa Jennifer Granneman, autrice del libro La vita segreta degli introversi, gli ambiversi sono individui affascinanti. Sono persone che riescono a bilanciare perfettamente la comunicazione e l’ascolto, il riserbo e l’apertura della spontaneità.
“La realtà dell’altro non è in ciò che egli ti rivela, ma in ciò che non può rivelarti. Perciò, se vuoi capire l’altro, non ascoltare ciò che egli ti dice, ma piuttosto a ciò che egli non dice.”
-Khalil Gibran-
Il primo a elaborare questa teoria fu lo psicanalista svizzero Carl Jung. Le idee di Jung ebbero un grande impatto sulla psicologia. Numerose classificazioni della personalità, di fatto, si basano proprio sui suoi concetti.
È stato Jung a parlare per la prima volta dei tratti di introversione ed estroversione. E dobbiamo prenderli come punti di riferimento per conoscere gli ambiversi.
L’introversione: né timidezza né isolamento
La caratteristica principale delle persone introverse è che sono più concentrate sul mondo interiore rispetto al mondo esterno. Sono naturalmente inclini a guardarsi dentro e a trovare una fonte di significato nelle proprie idee, nell’immaginazione, nei ricordi e in tutto ciò che costituisce il loro universo soggettivo.
In realtà, le persone introverse non sono timide. E nemmeno asociali. Semplicemente, apprezzano i momenti di solitudine perché ritengono indispensabile il contatto con la loro dimensione interiore. Non rifiutano il contatto con gli altri, ma sono molto selettive, e non desiderano avere qualcuno intorno in ogni momento. Per questo, preferiscono gli ambienti tranquilli e stanno lontane dalle atmosfere rumorose.
Dal punto di vista delle neuroscienze, gli introversi sono più sensibili gli effetti della dopamina. Stare in un ambiente con troppi stimoli può stancarli a livello emotivo, fatto che li spinge a preferire atmosfere più tranquille.
L’introversione, o nutrirsi degli altri
Dall’altra parte ci sono le persone introverse, spigliate e spontanee, che fanno amicizia facilmente e dicono sempre quello che pensano. In generale, sono più apprezzate dalla società rispetto alle persone introverse, proprio per la facilità con cui instaurano legami interpersonali.
Le persone estroverse si nutrono delle relazioni sociali. Amano stare a contatto con gli altri e, di fatto, hanno bisogno di questi legami per sentirsi bene. Trovano la solitudine noiosa e hanno bisogno di ambienti ricchi di stimoli costanti. La passività o il troppo silenzio le deprimono.
Queste persone sono impulsive e a volte superficiali. Non sono interessate ad approfondire le riflessioni. Amano l’azione, devono stare sempre in movimento e non sono attratte dall’introspezione. Hanno, per così dire, un filtro minimo; pensieri e sentimenti vengono tradotti quasi immediatamente in azione.
Gli ambiversi: l’equilibrio
Il primo a parlare di ambiversione nel 1923 fu Edmund S. Conklin, psicologo statunitense. La segnalò come un modello di stabilità ed equilibrio. Definì gli ambiversi come persone che riuniscono il meglio degli introversi e degli estroversi. Si adattano facilmente sia alla solitudine sia alla compagnia, e riescono a bilanciare entrambi gli aspetti.
Il tratto principale degli ambiversi è la flessibilità. In società si aprono agli altri e rendono le relazioni fluide e spontanee. Sanno trarre vantaggio dalla compagnia altrui, nutrendosi del loro contributo e permettendo agli altri di entrare nel loro mondo. Socializzare non li infastidisce, anzi sanno sfruttare al massimo gli eventi sociali e li considerano necessari al proprio equilibrio.
Gli ambiversi affrontano anche la solitudine senza problemi. Anzi, in alcuni momenti la cercano. Hanno bisogno di mantenere il contatto con se stessi e apprezzare i benefici dell’introspezione. Scelgono cosa condividere con gli altri e cosa no.
Queste persone sono abili a gestire entrambi i codici: quello degli introversi e quello degli estroversi. Lo psicologo Daniel H. Pink li ha paragonati alle persone bilingue, che parlano correttamente due lingue allo stesso tempo e trovano il modo migliore di esprimersi in entrambe.
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- Kirchner, T., & Amador, J. A. (1990). Relaciones entre las dimensiones de dependencia-independencia de campo introversión-extraversión y tiempos de reacción. Anuario de psicología/The UB Journal of psychology, (46), 53-64.