Hanna Arendt: una pensatrice pluralista
Hanna Arendt è stata una delle più grandi pensatrici del XX secolo. Nonostante venga considerata una filosofa, ella rifiutò questa etichetta. Forse era troppo definitiva e limitativa per un’intellettuale piena di interessi e che esplorò diversi saperi.
Potremmo dire che Hanna Arendt sia stata una delle maggiori esperte di storia in merito alla questione ebraica. A differenza di altri pensatori, affrontò l’argomento con grande apertura mentale e senso critico, nonostante fosse di origine ebraica e si definisse tale, e nonostante non fosse praticante.
Il rivoluzionario più radicale si trasformerà in un conservatore il giorno dopo la rivoluzione.
-Hannah Arendt-
Il suo saggio dal titolo Le origini del totalitarismo è un autentico classico della teoria politica. Si tratta di un testo di quasi mille pagine, in cui viene esposto lo sviluppo storico dell’antisemitismo, del razzismo e dell’imperialismo. Infine, descrive ciò che lei stessa chiama “dominazione totale”, incarnata dal nazismo e dallo stalinismo.
Una giovane brillante
Il nome di battesimo di Hanna Arendt era in realtà Joahnna Arendt. Nata il 14 ottobre del 1906 a Linder-Limmen, in Germania, la sua famiglia era ebrea e proveniva da una regione della Prussia che oggi fa parte della Russia.
Il padre era un ingegnere e morì di sifilide quando Hanna aveva appena 7 anni. La madre, Martha Cohn, era una donna dalle idee liberali che volle dare alla figlia la stessa educazione che ricevevano i ragazzi a quell’epoca.
Sin da piccolissima, Hanna Arendt dimostrò di possedere grandi doti intellettuali e un carattere ribelle. Si narra che a 14 anni aveva già letto Emmanuel Kant e Karl Jaspers. Tuttavia, a 17 anni venne espulsa da scuola per problemi disciplinari.
Hanna visse da sola a Berlino, dove frequentò dei corsi di teologia e di filosofia. Iniziò a studiare da autodidatta e a 18 anni si presentò all’esame di ammissione all’Università di Marburgo, in cui entrò senza alcuna difficoltà.
Hanna Arendt, un’intellettuale ebrea
Uno dei suoi maestri fu il famosissimo Martin Heidegger. I due si innamorarono ed ebbero una storia che dovettero tenere segreta, in quanto lui era sposato e aveva dei figli. La situazione divenne insostenibile per Hanna, che dovette trasferirsi per un semestre all’Università Albert Ludwig.
Infine, vinse un dottorato in filosofia nel 1928, dopo aver frequentato le lezioni di Edmund Husserl. Il relatore della sua tesi di laurea fu Karl Jaspers, che sarebbe diventato uno dei suoi più cari amici, fino alla morte. In quel periodo strinse amicizia anche con diversi importanti filosofi dell’epoca.
Iniziò la progressiva ascesa del nazismo, con un progressivo intensificarsi dell’antisemitismo. Hanna Arendt mise a disposizione casa propria per aiutare molti bambini e giovani a trovare rifugio. Nel 1933 fu arrestata dalla Gestapo e rimase prigioniera per otto giorni. In seguito, partì per la Francia, dove si ricongiunse al suo primo marito, Günther Stern, che viveva lì.
Hanna Arendt, apolide e pensatrice
Hanna Arendt fu una delle poche intellettuali europee che si dichiarò apertamente contro il nazismo sin dal principio. A differenza di altri filosofi che tentarono di conciliarsi con il nuovo regime, Hanna vide in esso un grave pericolo sin dagli albori.
Nel 1937 Hanna divorziò da Günther e quello stesso anno le fu revocata la nazionalità tedesca. Riuscì a portar via dalla Germania la madre nel 1939. Nel 1940 sposò Heinrich Blücher. Poco dopo fu spedita in una campo di concentramento in Francia per il fatto di essere tedesca, senza tuttavia esserlo. Da lì riuscì a scappare e, insieme al marito e alla madre, emigrò negli Stati Uniti.
Qui lavorò come giornalista, professione che aveva già esercitato in Europa. Nel 1951 ottenne la cittadinanza statunitense, sebbene affermò sempre di essere legata alla Germania per la lingua, l’arte e la poesia.
Un brillante percorso
L’acquisizione della nazionalità statunitense la “rese libera” dalla sua condizione di apolide. Affermò che avere una cittadinanza equivaleva al “diritto di avere diritti”. Negli Stati Uniti fece una brillante carriera e compose le sue più grandi opere.
Nel 1961 si occupò, in veste di corrispondente per la rivista The New Yorker, del processo ad Adolf Eichmann, un criminale di guerra nazista. L’articolo che stilò portava il sottotitolo La banalità del male , che scatenò una forte polemica.
Nonostante tutto, la sua folgorante carriera proseguì senza difficoltà. Già nel 1959 era stata la prima donna a impartire lezioni all’Università di Princeton. Nel 1963 divenne professoressa presso l’Università di Chicago e successivamente in altri centri accademici.
Il suo amato marito, con cui aveva sempre condiviso un’affascinante complicità intellettuale, morì nel 1970. Quattro anni dopo ebbe un infarto dal quale si riprese. Continuò a lavorare fino al 1975, quando un altro infarto le stroncò la vita durante una riunione accademica.
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- Arendt, H. (2005). Arendt sobre Arendt. H. Arendt, De la historia a la acción. Buenos Aires: Paidós.