Nietzsche e il cavallo: inizio della follia

Nietzsche e il cavallo: inizio della follia
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 22 marzo, 2023

Quello di Nietzsche e il cavallo è uno degli episodi più curiosi della vita del filosofo tedesco. Correva l’anno 1889 e il filosofo viveva in una casa in via Carlo Alberto a Torino. Era mattina e Nietzsche si stava dirigendo verso il centro della città quando improvvisamente si trovò faccia a faccia con una scena che cambiò gli cambiò per sempre la vita.

Vide un cocchiere colpire forte il suo cavallo perché non voleva avanzare. L’animale era completamente esausto. Non aveva forze. Nonostante ciò, il padrone lo colpì con la frusta, perché voleva che continuasse a camminare.

“Chi combatte con i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E se guarderai a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà dentro di te.”

-Friedrich Nietzsche-

Nietzsche era inorridito da quanto stava accadendo. Si avvicinò rapidamente. Dopo aver recriminato il comportamento del cocchiere, si avvicinò al cavallo che era collassato e lo abbracciò . Poi iniziò a piangere. I testimoni dicono che sussurrò alcune parole all’orecchio dell’animale, che nessuno tuttavia sentì. Dicono che le ultime parole del filosofo furono: “Madre, sono sciocco”. Poi rimase incosciente e la sua mente crollò.

Nietzsche e il cavallo: una mattina che cambiò tutto

La demenza di Nietzsche è un argomento che ha incuriosito per molto tempo medici e intellettuali di tutto il mondo. A questo proposito sono state fatte molte speculazioni. Ci sono almeno tre versioni di quanto successe davvero quella mattina a Torino. L’unica certezza è che il filosofo non è mai più stato lo stesso.

Friedrich Nietzsche

Nietzsche smise di parlare per 10 anni, fino alla sua morte. Non poté mai tornare alla sua vita razionale dopo l’episodio del cavallo. La polizia venne avvisata dell’accaduto e il  filosofo venne arrestato per disturbo dell’ordine pubblico. Poco dopo fu portato in un sanatorio mentale. Da lì scrisse un paio di lettere con frasi incoerenti a due dei suoi amici.

Uno dei suoi ex conoscenti lo portò a un sanatorio a Basilea, in Svizzera, dove Nietzsche rimase per diversi anni. Uno degli uomini più lucidi e intelligenti del diciannovesimo secolo finì a dipendere dalla madre e dalla sorella quasi per tutto. Per quanto ne sappiamo, non ristabilì mai più un contatto diretto con la realtà.

La demenza di Nietzsche

La società stabilì che il comportamento di Nietzsche – abbracciare il cavallo colpito e piangere con lui – fosse una manifestazione della sua follia. Tuttavia, già da tempo aveva atteggiamenti che incuriosivano chi lo vedeva. Il suo padrone di casa, ad esempio, riferiva di averlo sentito parlare da solo, che a volte ballava e cantava nudo nella sua stanza.

Da molto tempo aveva iniziato a trascurare il suo aspetto e la sua igiene personale. Chi lo conosceva aveva notato che aveva cambiato la sua orgogliosa andatura con un passo negligente. E non era più lo stesso pensatore fluido di prima, parlava in modo confuso e saltava da un argomento all’altro.

Nel sanatorio mentale perse progressivamente le sue capacità cognitive, persino il linguaggio. A volte era aggressivo e colpiva alcuni dei suoi compagni. Pochi anni prima aveva scritto molte delle opere che gli avrebbero dato la fama di uno dei più grandi filosofi della storia.

Il pianto di Nietzsche e il cavallo

Anche se molti vedono l’episodio del cavallo come una semplice manifestazione di irrazionalità, un prodotto della malattia mentale, c’è anche chi gli dà un significato meno casuale, più profondo e consapevole. Milan Kundera, in L’insostenibile leggerezza dell’essere, riprende la scena di Nietzsche che abbraccia il cavallo picchiato e piange al suo fianco.

Nietzsche e un cavallo

Per Kundera, le parole che Nietzsche sussurrò all’orecchio dell’animale furono una richiesta di perdono . Secondo lui, lo fece in nome di tutta l’umanità per la ferocia con cui l’essere umano tratta gli altri esseri viventi. Per essere diventati i loro nemici e averli messi al nostro servizio.

Nietzsche non era mai stato un “animalista” né aveva mai mostrato una particolare sensibilità verso la natura. Indubbiamente, però, l’episodio di maltrattamento ebbe un impatto enorme su di lui. Quel cavallo fu l’ultimo essere vivente con cui stabilì un contatto reale ed effettivo. Più che con l’animale stesso, fu con la sua sofferenza che trovò un’identità che andava ben oltre l’immediato. Fu un’identificazione con la vita.

Nietzsche non era ben noto al grande pubblico all’epoca, anche se era stato un professore di eccellente reputazione. I suoi ultimi anni furono molto infelici e la sorella falsificò alcuni dei suoi scritti perché fossero in linea con le idee del nazismo tedesco ed egli non poté fare nulla al riguardo. Era immerso in un sonno profondo dal quale si svegliò soltanto con la sua morte nel 1900.


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