Il maternese e lo sviluppo del neonato

Il maternese è quel linguaggio particolare utilizzato generalmente per rivolgersi ai bambini. Per quanto possa sembrare ridicolo o sciocco, si tratta di una forma di comunicazione molto preziosa per il loro sviluppo.
Il maternese e lo sviluppo del neonato
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 28 marzo, 2023

Il maternese è quel particolare linguaggio che molti adulti usano nel rivolgersi ai neonati e ai bambini più piccoli. Un linguaggio infantile dal tono affettuoso, mentre il piccolo segue con attenzione il flusso delle parole e spesso risponde sorridendo, mostrando sorpresa o interesse.

In passato si sosteneva che parlare al bambino in questo modo non fosse corretto poiché non gli avrebbe permesso di sviluppare correttamente la capacità di linguaggio. Oggi sappiamo che accade l’esatto contrario: il maternese aiuta il piccolo a sviluppare le sue abilità linguistiche ed è un ottimo mezzo per imparare a comunicare.

Nel linguaggio maternese non troviamo soltanto quelle parole semplici e talvolta assurde che si dicono ai neonati. Vi troviamo anche un’intonazione particolare e un grande uso di gesti.

Esprime affetto e desiderio di stabilire una comunicazione con il bambino e per questo motivo è molto più che un semplice modo di parlare affettuoso.

“[…] osserviamo in prima persona come il linguaggio e l’impegno sociale dei genitori possano favorire i primi sussurri del bambino, che diventano parole e poi frasi: educare i bambini all’arte della comunicazione umana.”

-Patricia Kuhl-

Padre che parla al neonato.

Che cos’è il maternese?

Il maternese è una parola utilizzata per designare il linguaggio che la madre usa per rivolgersi al neonato; di fatto c’è anche chi parla di paternese per riferirsi allo scambio comunicativo avviato dal padre.

Tuttavia, sotto questo nome rientra qualunque forma di comunicazione con il neonato che risponde alle caratteristiche descritte ed è impiegato da chi lo accudisce.

Un linguaggio con tono e vocalizzazione ben definiti. La voce diventa più acuta e le parole vengono separate in modo marcato, usando frasi brevi e ripetitive. Di solito si utilizza il tempo presente.

La caratteristica per eccellenza del maternese è la semplificazione delle parole o la conversione in onomatopee. Per esempio, non diremo “questo”, ma “quetto”; e non si parlerà di “gatto” bensì di “miao miao”. Le frasi sono ricche di diminutivi e accompagnate da gesti ed espressioni facciali.

È inoltre comune fare uso del contatto fisico quando. Per esempio, si accompagnano al linguaggio carezze o baci al bambino. L’adulto che parla si aspetta una risposta dal piccolo, che di solito la dà tramite gesti come un calcetto, un verso di apprezzamento, uno sguardo o il tentativo di ripetere quanto sentito.

Perché il maternese è importante?

Molti adulti usano il maternese con i bambini spontaneamente e senza pensare al perché o al senso di questo metodo di comunicazione. Ma per il bambino in realtà un senso ce l’ha eccome.

Prima di tutto, perché l’intonazione e i gesti che lo accompagnano sono altamente affettivi e il piccolo lo percepisce. Capisce che l’atteggiamento nei suoi confronti è positivo.

Analogamente, questo modo di parlare al piccolo non è un monologo, bensì un’interazione. Il bambino lo sente e per questo motivo risponde, a modo suo, stabilendo un legame affettivo e comunicativo con l’oratore.

Anche le parole esageratamente marcate attirano la sua attenzione. La particolare intonazione gioca un ruolo simile a quello del canto: consente di incidere nella memoria le parole e le frasi, contribuendo così allo sviluppo dell’apprendimento e del linguaggio.

Queste brevi frasi ripetute, unite a una specie di parodia affettuosa esibita dall’adulto, portano lentamente il piccolo a capire cosa vogliamo dirgli. Non rappresenta un processo di insegnamento e apprendimento in quanto tale, ma spiana la strada affinché vi si arrivi.

Madre che parla al neonato.

Più che una lingua, una conversazione

Ricordiamo che il linguaggio umano non è come quello di una macchina. Non si tratta solo di codificare un’idea a parole perché l’altro lo decodifichi e vi attribuisca un significato. Nelle persone questo concetto va oltre, e comporta il contatto affettivo, la condivisione del pensiero, i sentimenti, le percezioni, ecc.

Tramite il maternese non viene insegnato a parlare, ma a conversare. L’elemento più prezioso è l’implicita proposta di interazione. Questa forma di comunicazione rende più facile per il piccolo rispondere e raggiungere un certo livello di comprensione, una linea d’azione che sarà molto preziosa nel suo intero sviluppo.

Il maternese viene utilizzato anche nella vita adulta, il più delle volte con il partner o con gli animali domestici. In effetti, la scienza dice che tendiamo a impiegarlo con chiunque favorisca in noi una produzione di ossitocina, l’ormone della felicità. Dopotutto, è un modo di interagire carico di emozioni.


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  • i Vilanova, L. S. (2003). En defensa de les llengües maternes. Llengua nacional: publicació de l’Associació Llengua Nacional, (43), 13.


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