La compassione come terapia
La parola compassione ha assunto un significato dispregiativo e viene associata alla carità o alla pena. Vale lo stesso per la parola “autocommiserazione”, che richiama alla mente il vittimismo. Niente di più lontano dall’essenza di questi concetti, che, invece di promuovere un’immagine deteriorata dell’altro o di se stessi, la esaltano.
Ne è prova il successo della terapia incentrata sulla compassione. Come indica il nome stesso, si tratta di un intervento terapeutico che vede nella compassione un mezzo per migliorare la situazione di molte persone che soffrono. È consigliata in particolare per chi è molto critico con se stesso o con gli altri.
L’aspetto più interessante di questa innovativa terapia è che la sua efficacia è stata scientificamente dimostrata in laboratorio, ovvero è stato dimostrato che la compassione può essere appresa e allenata. Ed è anche stato sottolineato che, nel farlo, il cervello cambia e migliora. Si è riscontrato, infatti, che essere compassionevoli aumenta la serenità, l’allegria e la motivazione in varie aree della nostra vita.
L’esperimento è stato realizzato presso il Center for Investigating Healthy Minds, dell’Università del Wisconsin, negli Stati Uniti. Dopodiché venne pubblicato sulla rivista Psychological Science. I responsabili dello studio hanno fatto allenare un gruppo di volontari ad una forma di meditazione chiamato “meditazione compassionevole” o “Tonglen”.