Transfert e controtransfert

Transfert e controtransfert
Daniela Alós

Scritto e verificato la psicologa Daniela Alós.

Ultimo aggiornamento: 22 dicembre, 2022

Transfert e controtransfert sono due termini ricorrenti nella psicoanalisi. Fungono da pilastri per la pratica clinica, poiché sono una parte fondamentale della relazione analitica. Sebbene siano due concetti diversi, transfert e controtransfert sono chiaramente inseparabili.

L’incontro analitico lascia il posto all’interrelazione paziente-analista in uno spazio in cui l’inconscio è autorizzato a circolare il più liberamente possibile. È in questa interrelazione che inizia la dinamica tra il transfert e il controtransfert, rispettivamente da parte del paziente e dell’analista.

Cos’è il transfert?

Il termine transfert non è esclusivo della psicoanalisi, viene usato anche in altri campi. Ciò che sembra esistere è un denominatore comune: allude all’idea di spostamento o sostituzione di un luogo per un altro. Così, per esempio, può essere osservato nelle relazioni medico-paziente o studente-insegnante.

Nel caso della psicoanalisi, è inteso come la ricreazione di fantasie infantili il cui destinatario è l’analistaIl transfert costituisce la sovrapposizione di qualcosa di precedente su qualcosa di attuale, diventando così un ambito privilegiato per avanzare verso la guarigione.

Psicologo che parla con il paziente

Inizialmente Freud considerava il transfert come il peggiore ostacolo per il processo terapeutico. Lo vedeva come una resistenza da parte del paziente per accedere al suo materiale inconscio. Tuttavia, non ci mise molto a capire che la sua funzione superava tale resistenza.

Nel suo testo Dinamica del transfert del 1912, Freud presenta dunque il transfert come un fenomeno paradossale: nonostante costituisca una resistenza, è fondamentale per l’analisi. E in questo momento che distingue tra il transfert positivo (fatto di tenerezza e amore) dal transfert negativo (vettore di sentimenti ostili e aggressivi).

“Il soggetto non ricorda, in generale, tutto quello che viene dimenticato e represso, ma lo compie. Non lo riproduce come memoria, ma come azione; lo ripete, senza sapere naturalmente di farlo”.

-Sigmund Freud-

Contributi di altri psicoanalisti sul concetto di trasfert

Dopo Freud, un gran numero di opere sono state dedicate alla questione del transfert, rivendendo l’argomento e confrontandolo con lo sviluppo originale del fenomeno. E tutti sono d’accordo sul fatto che si basi sulla relazione tra l’analista e il paziente.

Così per Melanie Klein il trasfert è concepito come una rievocazione, durante la sessione, di tutte le fantasie inconsce del paziente. Il paziente durante il lavoro analitico evocherà la sua realtà psichica e userà la figura dell’analista per rivivere fantasie inconsce. 

Nella concezione di Donald Woods Winnicott, il fenomeno del trasfert nell’analisi può essere inteso come una replica del legame materno, di conseguenza la necessità di abbandonare la rigorosa neutralità. L’uso che il paziente può fare dell’analista come oggetto transizionale, come descritto nel suo articolo Transitional Object del 1969, dà un’altra dimensione al transfert e all’interpretazione. Afferma che il paziente ha bisogno del collegamento terapeutico per riaffermare la propria esistenza.

Collegamento trasferenziale

Si è quindi detto che il trasfert riguarda la ricreazione delle fantasie infantili proiettandole sulla figura dell’analista. Perché ciò accada, deve prima stabilirsi un collegamento transferenziale che consenta al paziente di ricreare queste fantasie e di lavorare con esse.

Per creare tale collegamento, è necessario che, una volta che il paziente accetta il suo desiderio di lavorare sul problema, si rechi all’appuntamento con un analista, che si presuppone abbia una conoscenza di ciò che accade. Lacan lo chiamò “Soggetto supposto sapere”. Ciò produrrà il primo livello di fiducia nella relazione, che poi lascerà il posto al lavoro analitico.

Lungo il percorso analitico, tuttavia, possono verificarsi alcune manifestazioni a cui l’analista deve prestare attenzione e che deve gestire in modo appropriato. Ad esempio:  segni di innamoramento verso il terapeuta, la tendenza a mettere l’analista nei panni dell’amante, la tendenza a seguire le indicazioni del terapeuta senza porsi la minima domanda, veloci miglioramenti senza lavoro e sforzo parallelo e altri indizi meno diretti, come arrivare spesso tardi agli appuntamenti o fare frequenti allusioni ad altri professionisti.

Mano dello psicologo su quella del paziente per dare supporto

Naturalmente possono verificarsi anche manifestazioni di controtransfert. Anche in questo caso l’analista deve stare attento e analizzare sé stesso qualora accada: discutere con il paziente, avere l’impulso di chiedere favori al paziente, sognare il paziente, avere eccessivo interesse per il paziente, incapacità di comprendere il materiale da analizzare quando il paziente riporta problemi simili ad altri sperimentati dall’analista, trascurare di mantenere il rigore necessario, intense reazioni emotive correlate al paziente, ecc.

Cos’è il controtransfert?

Il termine controtransfert venne introdotto da Freud in The Future Perspectives of Psychoanalytic Therapy del 1910. È descritto come la risposta emotiva dell’analista agli stimoli che provengono dal paziente, come risultato della sua influenza sui sentimenti inconsci dell’analista.

L’analista deve essere consapevole di questi fenomeni per un semplice motivo: potrebbero diventare un ostacolo per la cura. Sebbene ci siano anche autori che sostengono che tutto quello che si prova nel controtransfert, che non riguarda l’analista, può essere comunicato o segnalato al paziente.

Può darsi che comunicare i sentimenti suscitati dal paziente all’analista generi una presa di coscienza degli stessi o di maggiore comprensione dell’iter della relazione terapeutica. Qualcosa che forse fino a quel momento non era stato condiviso a parole. Ad esempio, rivivendo una scena dell’infanzia l’analista inizia a sentirsi triste; tuttavia il paziente lo interpreta e lo vive come rabbia. L’analista può comunicare quello che sente in modo che il paziente stabilisca un contatto con la vera emozione che viene mascherata dalla rabbia.

Relazione tra trasfert e controtransfert

Da un lato il controtransfert è definito dalla sua direzione: i sentimenti dell’analista in relazione al paziente. D’altra parte, è definito come un equilibrio che non smette di essere un’altra prova che la propria reazione non è indipendente da quello che giunge dagli altri. Il controtransfert, dunque, è relazionato con quello che accade nel trasferimento, cosicché uno influenza l’altro.

Transfert e controtransfert si influenzano a vicenda.

In questo senso, il controtransfert può essere un ostacolo se l’analista si lascia trascinare dai sentimenti che comincia a provare nei confronti del paziente (amore, odio, rifiuto, rabbia); viene infranta la legge dell’astinenza e della neutralità, per cui deve dimettersi. A quel punto, lungi da apportare benefici, ostacola il lavoro analitico.

In questo modo il punto di partenza è il transfert del paziente. Questo comunica, o ci prova, tutte le sue esperienze e l’analista risponde solo a quello che il paziente dice con quello che sembra pertinente, senza mettere i suoi sentimenti negli interventi che esegue. Il paziente rivive le fantasie, le attua, ma non lo fa consapevolmente, per questo motivo l’interpretazione gioca un ruolo fondamentale nella cura.

Psicologo che prende appunti

Funzione di transfert e controtransfert

L’analisi presuppone che il legame transferenziale del paziente con il suo analista sia già stato stabilito. È nel gioco tra transfert e controtransfert che emergeranno sentimenti, desideri inconsci, tolleranze e intolleranze.

A partire dalla relazione di transfert, l’analista può fare gli interventi: interpretazioni, segni, tagli di sessione, ecc. Ma solo se viene stabilito il legame transferenziale è possibile eseguire un lavoro più profondo. In caso contrario, gli interventi non creeranno lo stesso effetto.

Nella relazione analitica, dunque, la rigorosa neutralità da parte dell’analista, insieme a un ascolto fluttuante che lo spoglia della sua soggettività, dei suoi sentimenti e della sua storia, permetterà che il trasferimento possa essere utilizzato come canale per il lavoro terapeutico. L’analista deve diventare una sorta di schermo bianco, in cui il paziente può trasferire il proprio materiale inconscio.


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