Se proviamo questa bisogno è per una ragione molto semplice: ci hanno insegnato fin da bambini che vi sono emozioni positive e negative. Quest’ultime, come nel caso del fastidio, della rabbia o della tristezza, devono essere nascoste, evitate o, ancora peggio, assorbite in una sorta di pratica insalubre e poco pedagogica. Un’abitudine che ci fa ammalare, con la promessa che, a patto che si simuli che tutto vada bene, avremo un aspetto migliore agli occhi di chi ci guarda dall’esterno.
Tuttavia, non va per niente bene e siamo tristi o arrabbiati, ci dev’essere un perché. Qualsiasi emozione svolge un ruolo preciso; questa componente biologica orchestrata chimicamente nel cervello ha una funzione molto chiara,ovvero facilitare il nostro adattamento, la nostra sopravvivenza in ciascuno degli scenari in cui ci muoviamo ogni giorno.
La tristezza, per esempio, ci avvisa di un problema e che abbiamo il dovere di fermarci, rallentare il ritmo e favorire un’introspezione adeguata con cui prendere delle decisioni . Non vi sono dunque “emozioni negative”, hanno tutte un obiettivo preciso che dobbiamo conoscere e accettare . Approfondiremo a seguire questo argomento.
Tristi e arrabbiati: cosa ci succede?
Esiste una realtà molto diffusa, che la maggior parte degli psicologi si ritrova ad affrontare nel corso delle lori visite: alcune persone restano sorprese quando ricevono una diagnosi di depressione, pazienti che erano del tutto certi di trascinarsi dietro da diversi mesi semplice tristezza.
Altre persone, dal canto loro, si rivolgono a un terapeuta o persino al medico di base per richiedere una cura contro la depressione, quando ciò che sperimentano è solo una chiara intolleranza ad accettare determinate emozioni, come la tristezza, la rabbia o la frustrazione . Questa realtà presuppone senza dubbio un vero problema che ci obbliga ancora una volta a ricordare l’importanza dell’educazione emotiva.
Allo stesso modo non possiamo sottovalutare che alcuni individui, semplicemente, non tollerano di essere tristi e arrabbiati. Un’emozione, che come tale è “normale” e persino necessaria per il nostro sviluppo personale e per la nostra capacità di miglioramento quotidiano, ma non sempre è ben accetta e ancora meno compresa. È necessario, dunque, conoscere la differenza fra tristezza e depressione, così come l’utilità pratica della prima.
Le caratteristiche della tristezza e la sua finalità
Cominceremo dando una definizione di tristezza. Prima di tutto dobbiamo pensare che si tratta di un’emozione normale e che, come tale, bisogna tollerarla e approfondirla. D’altra parte, un secondo dettaglio che conviene ricordare è che la tristezza, come la rabbia, ha sempre un agente scatenante, un motivo. Cosa che spesso non vale per la depressione.
La tristezza è un’emozione molto viva. Può darsi che questo termine ci lasci sorpresi ma, al di là di quanto si possa credere, il suo obiettivo è aiutarci a sentirci forti, energici e coraggiosi di fronte alle avversità della vita. La tristezza “ci obbliga a fermarci e concentrarci” e, per questo, è comune sentirsi più stanchi , più lenti, meno ricettivi rispetto a ciò che ci circonda.
Questa emozione, così come la rabbia, ci esige di distaccarci un attimo dal mondo esteriore per navigare nel nostro Io e comprendere cosa succede, cosa ci infastidisce, cosa ci fa male, cosa ci fa arrabbiare…
Se siamo tristi abbiamo il dovere di fermarci, dedicarci del tempo, ascoltarci, guarire e sbrogliare il groviglio della nostra mente per sapere cosa ci provoca questo stato.
E se siamo affetti da depressione?
Non possiamo scartare in nessun caso che ciò che ci tormenta possa essere uno stato depressivo . È indispensabile, pertanto, conoscerne la sintomatologia, le caratteristiche e le sfumature dei suoi abissi psicologici. Prima di fare strane congetture sul fatto che “siamo tristi”, non fa mai male recarsi da un professionista.
Tuttavia, teniamo conto di alcune caratteristiche fondamentali che ci aiuteranno a distinguerla dalla semplice tristezza.
Se la tristezza è un’emozione normale e funzionale, la depressione è del tutto disfunzionale e ha delle conseguenze in ogni ambito della nostra vita .
Non sempre è necessario che sia “successo qualcosa” per sviluppare un disturbo depressivo. La maggioranza delle volte non ci sono fattori scatenanti. Di fatto, vi sono pazienti con una vita apparentemente perfetta, nonostante ciò non riescono a fare a meno di sentirsi devastati.
La sensazione di sfinimento, di malessere e di negatività è costante, quasi cronica.
La vita smette di essere interessante, non si prova più piacere con niente.
Compaiono problemi di sonno: insonnia e ipersonnia.
I pensieri negativi sono costanti e compare anche il sentimento di colpa.
A questi stati tanto logoranti, si può anche aggiungere la comparsa di idee associate al suicidio.
Ogni volta che affrontiamo un nuovo giorno con questa sensazione, quella di essere tristi e arrabbiati senza sapere perché, abbiamo un dovere molto chiaro nei confronti di noi stessi: dedicarci tempo e attenzione, apprendere che qualsiasi emozione ha un fine. Se non lo troviamo, se ciò che sperimentiamo è impotenza e impossibilità di responsabilizzarci verso noi stessi, sarà necessario chiedere un aiuto psicologico.
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