Violenza nelle coppie giovani, cosa succede?

Violenza nelle coppie giovani, cosa succede?
Sergio De Dios González

Scritto e verificato lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 01 agosto, 2020

La violenza nelle  coppie giovani è un argomento di cui si è parlato poco. Malgrado i numerosi studi sul maltrattamento tra le mura domestiche, il mondo delle relazioni sentimentali tra adolescenti e giovani resta ancora da esplorare. Si tratta, invece, di una questione degna di attenzione perché affrontando il problema sul nascere, si possono evitare situazioni drammatiche.

Quando si parla di violenza, naturalmente non ci si riferisce solo al piano fisico, ma anche verbale, emotivo e sessuale. Si tratta di situazioni molto comuni, più di quanto non si pensi.

Ci troviamo in un momento in cui le vittime di maltrattamento iniziano a trovare il coraggio di chiedere aiuto, di non tacere la violenza. Allo stesso tempo le statistiche mostrano un aumento dei casi di violenza nelle coppie giovani. Cosa sta succedendo?

La violenza nelle coppie giovani, colpa di un ambiente inadeguato?

Secondo uno studio realizzato in Spagna, dall’Università di San Cristobál de La Laguna (Canarie), esiste una stretta relazione tra le persone che maltrattano (uomini o donne) e le dinamiche a cui hanno assistito in famiglia. È interessante notare che se nelle situazioni di collera, uomini e donne adulti hanno reazioni piuttosto diverse, ciò non vale per i più giovani.

Bambina tra genitori che litigano

Nello studio, che ha coinvolto 1146 studenti tra i 16 e i 18 anni di età, maschi e femmine hanno dichiarato di gestire la rabbia contro il partner in modo simile. Se nelle coppie adulte gli uomini sono più aggressivi e le donne più passive, negli adolescenti le risposte sono quasi identiche.

La maggior parte dei ragazzi intervistati ha affermato che in una lite domestica la situazione più comune è vedere le madri piangere e i padri gettare oggetti per terra o colpirli. Il 12% ha confessato di aver visto il padre aggredire fisicamente la madre, percentuale che scende al 6% nel caso contrario.

Parlando invece delle proprie liti, è emerso che entrambi i sessi sono più violenti rispetto ai genitori. Le ragazze hanno dichiarato di reagire con pianto e grida in una percentuale maggiore rispetto a quanto vedono fare alle madri, percentuale che sale nei ragazzi. Il dato più allarmante di questa ricerca riguarda la violenza fisica, le cui percentuali si attestano al 7% per entrambi i generi.

A cosa è dovuto l’aumento della violenza nelle coppie giovani?

Lo studio spagnolo giunge alla conclusione che la situazione non è necessariamente collegata a un contesto familiare violento. Molti adolescenti, in virtù della situazione vissuta in famiglia, imparano a non copiare il modello. Nel gruppo degli adolescenti più aggressivi esistono, però, due categorie:

  • Individui con un’alta autostima, che usano la violenza come mezzo di controllo sulla partner. 
  • Individui con bassa autostima, che sfogano la propria frustrazione ferendo la partner.

In risposta a questo, occorre ribadire l’importanza di un’educazione impostata al rispetto di certi limiti. La scuola dovrebbe spiegare agli adolescenti che la violenza all’interno della coppia, in qualunque modo venga espressa, non è tollerabile.

Fattori da considerare sono il romanticismo portato all’eccesso e l’idealizzazione. Le nuove generazioni sono cresciute con aspettative poco realistiche sull’amore e sulle relazioni. Pensano che il controllo, la gelosia, la dipendenza esacerbata siano segni di innamoramento e non, evidentemente, di ossessione.

“Non reagite al maltrattamento con il silenzio. Non permettete mai a voi stessi di essere una vittima. E non permettete a nessuno di definire la vostra vita, siate voi a definirvi.”

-Tim Fields-

Oltre alla teoria delle dimostrazioni malate di amore, altre cercano di spiegare questo atteggiamento aggressivo. Tra le più interessanti, la teoria dell’attaccamento e la prospettiva femminista.

violenza nelle coppie giovani rappresentato da ragazzo che grida alla partner

Teoria dell’attaccamento e relazione con la violenza di coppia

La teoria dell’attaccamento, formulata dallo psichiatra e psicanalista John Bowlby, si concentra sulla costruzione del legame emotivo tra il bambino e gli adulti di riferimento o “caregiver”.

L’attaccamento nasce in modo naturale e condiziona sia il comportamento del bambino sia il modo in cui crea le sue relazioni, arrivando a segnarne la fase adulta.

La dinamica in cui viene instaurato questo primo legame influenza il modo in cui ci si relaziona con gli altri. Da ciò deriva l’importanza di conoscere le diverse tipologie di attaccamento e quale rapporto può avere con la violenza di coppia.

Modelli di attaccamento sicuro

Il bambino che ha sperimentato un modello di attaccamento sicuro ha una relazione sana con l’adulto di riferimento, in genere la madre. In sua assenza, il piccolo interagisce con altre persone ma, se presente, la mamma è la scelta prioritaria, oggetto di ammirazione e fonte di conforto. Si sente protetto e a proprio agio perché sa che la madre non permetterà che gli capiti niente di male.

Nell’età adulta, le persone con attaccamento sicuro non hanno problemi a stabilire relazioni con gli altri. Sanno identificare i legami tossici e non cercano un partner per timore di restare soli. Non hanno paura di chiedere aiuto, quando necessario. Sono persone con cui è possibile avviare una relazione onesta, matura e responsabile.

Al contrario, la violenza nelle coppie giovani è tipica di chi non ha avuto valide figure di riferimento che abbiano fornito il senso di sicurezza e protezione che cresce attraverso un vincolo di attaccamento sicuro.

Modello di attaccamento evitante

Il modello di attaccamento evitante è presente in quei bambini in cui l’assenza della madre o del caregiver genera indifferenza. Possono farne a meno e quando questa figura ricompare, non reagiscono in alcun modo. Questo si deve alla reiterata mancanza di attenzione al loro bisogno di affetto.

In questo caso, la madre o il padre fugge dal contatto con il figlio, negando qualunque manifestazione d’amore. Il bambino che cresce privato dell’affetto diventerà un adulto che avrà difficoltà a stabilire relazioni intime e di fiducia. Ad esempio, nasconderà le sue emozioni o i suoi bisogni per paura di essere rifiutato.

Chi è cresciuto con un attaccamento negativo può arrivare a manifestare un comportamento autodistruttivo. Soffoca i suoi sentimenti, evita di impegnarsi, tende a non essere onesto e si fa scudo della sua presunta indipendenza; quest’ultima è solo una barriera alle relazioni personali.

Allo stesso tempo si sente a disagio se il partner chiede il suo aiuto, ma non ha problemi quando si tratta di esprimere il suo desiderio sessuale. Le sue relazioni sono superficiali e il partner di turno spesso si sente poco ascoltato e poco amato. In questo caso, tuttavia, il distacco emotivo di solito non rende propensi alla violenza.

Coppia triste sulla panchina

Modello di attaccamento insicuro ansioso-ambivalente

Appartiene al bambino che non è capace di prevedere il comportamento della madre o della figura genitoriale quando questi si mostrano di volta in volta affettuosi oppure ostili. Questa ambivalenza genera una profonda angoscia e confusione nel bambino, che svilupperà una personalità estremamente ipersensibile.

Cerca in ogni modo un avvicinamento con la madre, comportamento che lo seguirà da adulto e che attuerà nei confronti di partner e amici. Di fronte a qualunque tipo di separazione (anche di qualche ora) si sente abbandonato e trascurato. La sua ipersensibilità favorisce le situazioni di rabbia e angoscia, con tendenza a instaurare relazioni altamente tossiche. 

L’origine della violenza nelle coppie giovani potrebbe avere una base simile. Questi adolescenti e adulti sono i più propensi al maltrattamento. Il loro comportamento può cambiare in modo brusco: sono veloci a riempire il partner di attenzioni, così come a odiarlo. Il motivo può essere ricercato nelle esperienze infantili e nel bisogno estremo di evitare ancora una volta il dolore dell’abbandono.

La prospettiva femminista

La violenza nelle coppie giovani è allo stesso tempo legata a una questione di disuguaglianza di genere.

La maggior parte delle ricerche conferma che la percentuale di uomini che maltrattano le donne è di molto superiore alle donne che maltrattano gli uomini. Lo studio precedentemente citato mostrerebbe, invece, che i numeri si eguagliano nel caso delle coppie più giovani.

Secondo questa prospettiva, mentre le ragazze che aggrediscono il partner lo fanno a causa di modelli di comportamento violenti, la maggior parte dei ragazzi che usano violenza sulle fidanzate sono guidati dal maschilismo. Considerano la donna un oggetto da possedere e per riaffermare il loro status di potere, hanno bisogno di aggredirla e umiliarla. Per questi giovani, il ruolo femminile è inferiore, deve essere dominato.

D’altro canto, vi sono casi di uomini vittime di maltrattamento. In questi contesti si osserva un comportamento molto comune: non denuncerebbero mai la partner per paura dell’umiliazione sociale. È, infatti, ancora molto sentita la convinzione che un uomo debba nascondere le proprie emozioni. Esprimerle significa dare un’immagine di sé debole.

Donna aggredisce fisicamente il partner

L’educazione del bambino, un’arma contro la violenza nelle coppie giovani

Queste teorie ci dimostrano che i genitori hanno una responsabilità cruciale. Le loro azioni si ripercuotono sul bambino e sul futuro adulto. Occorre tenere presente, tuttavia, che non è solo la violenza coniugale a scatenare l’aggressività nei più giovani. Molti di essi, infatti, non hanno mai assistito a episodi di questo tipo. Il confluire di variabili come l’ambiente, la personalità, le relazioni e l’educazione concorre a questo tipo di comportamento.

Educare all’uguaglianza, insegnare a rispettare gli altri è un imperativo nella società attuale. È importante prendere coscienza del fatto che abbiamo tutti gli stessi diritti, malgrado le nostre differenze fisiche, psicologiche e sociali. E anche di genere.

Restare vicino al bambino, dimostrargli affetto e attenzione e, naturalmente, farlo sentire sicuro, sono requisiti fondamentali. Un bambino che si è sentito protetto, curato, accolto ha molte più possibilità di intrecciare relazioni positive in futuro.

Al contrario, i bambini che appartengono al gruppo evitante o ambivalente, all’interno della teoria dell’attaccamento, avranno difficoltà a instaurare e mantenere relazioni sane. L’indifferenza genitoriale, la paura dell’abbandono, l’ossessione, sono problemi da rielaborare se si vuole godere di relazioni sane e adulte.


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