Alter ego: cos'è e perché è bene averne uno?

Il primo a usare l'espressione "alter ego" fu Franz Mesmer quando scoprì che alcune persone cambiavano radicalmente la loro personalità sotto uno stato di ipnosi. Chiamò le sfaccettature emerse "un altro io", ovvero alter ego.
Alter ego: cos'è e perché è bene averne uno?
Gema Sánchez Cuevas

Revisionato e approvato da la psicologa Gema Sánchez Cuevas.

Ultimo aggiornamento: 12 marzo, 2023

Ognuno di noi presenta molteplici sfaccettature della propria personalità e del proprio essere, ma ne coltiviamo e sviluppiamo solo una parte. L’espressione alter ego si riferisce proprio alle sfaccettature nascoste, che non appaiono, ma che abitano dentro di noi. Alcuni pensano che sia una buona idea far emergere il proprio alter ego per sperimentare e conoscere se stessi più a fondo. È proprio così?

Letteralmente, l’ego è l’io e l’alter ego è un altro io. Siamo consapevoli del primo: è ciò che chiamiamo personalità, quei tratti che ci definiscono e ci differenziano. L’alter ego, invece, vive nel nostro inconscio. È il cattivo, l’eroe o l’artista assopito in noi. Un’altra identità che, per molteplici ragioni, non si è sviluppata del tutto.

Per esempio, da bambini eravamo affascinati dagli animali, ma è possibile che negli anni questa passione sia passata in secondo piano e che, alla fine, siamo finiti a lavorare in una grande azienda invece di diventare veterinari o biologi marini. Eppure, là in fondo, quel biologo curioso esiste ancora. Forse non gli prestiamo attenzione, ma c’è. In questo esempio, il biologo marino sarebbe il nostro alter ego.

“L’ego non è padrone nella sua stessa casa.”

-Sigmund Freud-

I molteplici significati dell’alter ego

Il primo a definire questo concetto fu Franz Mesmer, medico del XVIII secolo che si avvaleva dell’ipnosi per i suoi trattamenti. Mesmer scoprì che alcune persone mostravano strani lati di sé durante la trance ipnotica, come se non fossero loro, ma altri. Il dottore chiamò questo sé come alter ego.

Il doppio trova ampia manifestazione nel mondo delle arti, soprattutto in letteratura. Molti scrittori fanno del proprio alter ego il protagonista delle loro storie, dando vita a personaggi apparentemente molto diversi da loro stessi. In realtà, fanno parte di loro, perché è impossibile creare qualcosa di completamente estraneo a se stessi.

Persona e doppio volto.

A volte persino i personaggi delle storie hanno a loro volta un alter ego. È un amico, un consigliere o un collega che contrasta con il loro modo di essere e di agire. Il protagonista, per esempio, è molto esuberante, ma ha accanto a sé qualcuno che lo riporta costantemente alla sanità mentale o lo aiuta a uscire dai guai in cui si caccia.

A teatro gli attori usano l’alter ego per costruire personaggi diversi da loro. Nei fumetti di supereroi, poi, è una costante. Pensiamo a Clark Kent, il giornalista timido e riservato che in realtà è Superman. Forse allora vale davvero la pena esplorare il proprio alter ego.

Costruire un alter ego

È una risorsa che, a seconda dei casi, viene utilizzata con finalità terapeutiche. L’altro io, di fatto, è capace di fare cose che io non farei: potrebbe diventare un biologo, come nell’esempio all’inizio di questo articolo. Se lasciamo uscire lo scienziato nascosto dentro di noi, forse ci avvertiremmo una maggiore realizzazione personale e professionale.

Secondo questa prospettiva, spesso costruiamo un alter ego per superare i limiti imposti dal nostro ego. Per esempio, una persona materialista potrebbe fingere di essere generosa in determinati momenti e sperimentare in prima persona cosa si prova a dare.

Oppure qualcuno molto riservato potrebbe inventare un alter ego per esporsi a situazioni sociali in condizioni diverse. Quell’altro sé, un personaggio creato appositamente, può avere il proprio nome, la propria storia. È un gioco di immaginazione che può rivelarsi psicologicamente salutare.

Donna di fronte ad uno specchio.


Rischi e benefici

L’alter ego può essere pericoloso nel caso del disturbo dissociativo dell’identità, meglio conosciuto come “personalità multipla”. In questa patologia, l’altro sé, o gli altri sé, vengono costruiti inconsciamente e per scopi malsani.

Quando viene costruito consapevolmente e con fini lodevoli, può diventare un’ottima risorsa per crescere, migliorare e vivere meglio. L’identità a volte diventa limitante, perché in genere corrisponde solo a una parte di noi piuttosto che al suo insieme.

È importante capire che l’identità individuale è un concetto dinamico e flessibile. Naturalmente, tutti abbiamo dei tratti che diventano dominanti, ma ciò non significa che la nostra persona si riduca a esso o che non possiamo esplorare le altre aree del nostro essere, che sono parimenti utili e interessanti.


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