Ansia cronica e norepinefrina: che relazione esiste?
Vi ripetete che oggi non accadrà, che sarà una bella giornata. Tuttavia, accade. Perché quando si soffre di ansia cronica, la paura è sempre lì, latente, poi si manifesta e ci si sente persi. Vi toglie il fiato, non è vero? Tremate e sudate freddo e vi passano un’infinità di pensieri e idee catastrofiche. Tutti questi processi sono mediati da una singola molecola: la norepinefrina.
Per chi non ne avesse mai sentito parlare, si tratta di un neurotrasmettitore che agisce come un ormone. Facciamo un esempio. Immaginate di attraversare la strada e, all’improvviso, di sentire il clacson di un’auto. Avete dimenticato di guardare il semaforo e fate subito un balzo all’indietro. Il cuore vi batte forte, sentite un nodo allo stomaco e il respiro accelerato che diventa quasi insopportabile.
La norepinefrina agisce direttamente sul sistema nervoso simpatico e interviene nelle situazioni in cui il cervello avverte un pericolo. Ci aiuta a reagire, a scappare, a lottare, in sostanza a sopravvivere. Lo fa aumentando la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, il passaggio dell’aria nei polmoni e la contrazione dei muscoli. Questa sorta di magia neurochimica e fisiologica ci consente di reagire meglio ai rischi di tutti i giorni.
Il problema è che la maggior parte delle volte reagiamo a fattori di stress che non hanno nulla a che vedere con rischi fisici reali. Le nostre paure psicologiche, le nostre preoccupazioni e fobie attivano questa catecolamina dall’effetto eccitante. Se non sappiamo gestire questi stati di ansia, l’effetto della norepinefrina nell’organismo può essere devastante.
Soffrire di ansia cronica: cosa significa?
Si dice che l’ansia cronica sia la malattia dai 100 sintomi. L’aspetto più curioso è che, nonostante la sua sintomatologia fisica, emotiva e cognitiva, la maggior parte delle persone impara a convivere con la paura. Quella che un giorno era una forma comune di ansia, perfino gestibile, finisce per diventare cronica, uno stato patologico molto serio.
L’ansia, però, è anche una terribile bugiarda. Ci fa credere che stiamo per perdere il controllo, che dobbiamo ascoltare le nostre paure perché hanno sempre ragione, ci convince a preoccuparci per qualsiasi cosa perché il peggio potrebbe verificarsi nel momento più inaspettato. Come potete vedere, non è per niente facile uscire da questo circolo ermetico di sofferenza, soprattutto per via dell’effetto della biochimica cerebrale in cui la norepinefrina ha un ruolo fondamentale.
L’ansia cronica compromette la salute cardiovascolare
Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università dell’Iowa ha dimostrato la relazione tra la norepinefrina e il rischio di accidente cardiovascolare nelle persone che soffrono di ansia cronica. Lo stress che si protrae nel tempo causa significativi cambiamenti fisiologici, come alterazioni nella pressione arteriosa, tachicardia, aritmia, tutti aspetti che mettono a rischio la salute.
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La norepinefrina e le alterazioni che interessano le ghiandole surrenali
La norepinefrina non viene prodotta solo a livello cerebrale, ma anche nel sistema endocrino, nello specifico dalle ghiandole surrenali, il che significa che l’ansia cronica genera una sovrapproduzione di questo genere di catecolamina con i seguenti sintomi:
- Mal di testa
- Cattiva digestione
- Insonnia
- Inappetenza
- Stanchezza
- Sudorazione
- Sensazione costante di malessere generale
La norepinefrina e gli effetti cognitivi
Alcuni studi molto interessanti dimostrano, ad esempio, la relazione tra un elevato livello di norepinefrina e l’ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività). Come neurotrasmettitore, questo composto è essenziale per concentrarsi, ricordare dati, imparare concetti nuovi, elaborare informazioni. Ovviamente, i livelli di norepinefrina devono essere adeguati affinché i processi cognitivi siano efficaci.
Un livello elevato o troppo basso si traduce in perdita di memoria, problemi di concentrazione, difficoltà di apprendimento. Si tratta, quindi, di un quadro clinico decisamente complicato.
La norepinefrina in relazione all’ansia cronica e alla depressione
Sappiamo che le persone affette da ansia cronica presentano elevati livelli di norepinefrina. C’è, però, un dato che vale la pena non sottovalutare e che ci invita a riflettere: le catecolamine, come la norepinefrina e la dopamina, ricoprono una certa importanza nella fisiopatologia di determinati disturbi depressivi. Qualsiasi alterazione, una sovrapproduzione o un deficit, genera cambiamenti nello stato d’animo.
Ad esempio, molti pazienti attualmente intrappolati nel ciclone delle loro paure e dei pensieri negativi generati dall’ansia spesso sviluppano una forma più grave di depressione. È stato il Dottor Joseph J. Schildkraut, dell’Università di Harvard, negli anni ’60, ad affermare per primo che sia spesso la norepinefrina, e non la serotonina, a causare questa condizione clinica.
Qualunque sia l’origine di questi disturbi, se manifestate questa sintomatologia, sappiate che potete uscirne. Si possono verificare due situazioni. La prima, restare sul bordo dell’abisso e provare giorno dopo giorno la stessa paura, quella di cadere nel burrone.
La seconda è semplice. Potete scegliere di essere un aereo che sorvola l’abisso per osservare dall’alto, comprendere meglio la situazione e lasciarsela alle spalle. La terapia cognitivo-comportamentale può aiutarvi a capire l’origine dell’ansia, senza dimenticare che un adeguato trattamento farmacologico consente di regolare la produzione di norepinefrina. Infine, sappiate che una dieta ricca di vitamina C, rame e acidi grassi Omega 3 normalizza i livelli di questo neurotrasmettitore.