Perché cadiamo nella dipendenza affettiva?

Perché cadiamo nella dipendenza affettiva?

Ultimo aggiornamento: 17 giugno, 2017

Siamo tutti dipendenti. Lo siamo dal momento in cui iniziano le nostre vite. Lo siamo nel ventre delle nostre madri, nei nostri primi pianti, nelle prime cadute, durante le prime spedizioni per mondi sconosciuti. Lo siamo sul versante pratico e sul versate affettivo. Abbiamo bisogno che gli altri svolgano alcune attività per noi, o almeno che ci diano alcune indicazioni per saperle fare. Abbiamo bisogno degli altri anche perché siamo esseri sociali e…soprattutto emozionali. Siamo, dunque, necessariamente vittime della dipendenza affettiva?

Nulla può causarci un tale mulinello di emozioni come un essere umano. Pensate al primo bacio, ad un incontro dopo anni di separazione, ad un abbraccio per trovare finalmente la calma. Respira, respiro, respiriamo.

Quando superiamo l’adolescenza, dopo aver provato a conquistare “con le unghie e con i denti” la nostra indipendenza, di solito ci accorgiamo che quest’ultima non è altro che un’utopia che non necessariamente deve essere positiva, perché i nostri bisogni più basilari non sempre rispondono ad essa. Pensate all’amore, all’affetto, persino agli incontri o ai disaccordi.

La dipendenza affettiva: un fatto o delle catene

Se la dipendenza affettiva è naturale, perché in psicologia è un orco che bisogna scacciare?  In parte perché la psicologia non smette di attingere alle correnti sociali, sempre più individualiste; in parte perché questa dipendenza diventa negativa quando si concentra su una persona specifica che non siamo noi, quando diamo ad un altro individuo la responsabilità di gestire i capricci e i desideri del bambino e del giovane che portiamo dentro e pensiamo che questi sia insostituibile.

Vediamo un semplice esempio. Anna sta facendo alcuni cambiamenti in casa e le piacerebbe spostare un mobile. Pesa troppo perché possa spostarlo da solo, dunque, ha bisogno dell’aiuto di qualcuno. Può essere il suo, studiando fisica e meccanica e costruendo un attrezzo con ruote che la aiuti a tale scopo. Tuttavia, questa soluzione non le risulta vantaggiosa da un punto di vista temporale.

L’ideale è che lo facciano persone più forti di lei. Anna pensa ai suoi figli, ma non possono perché sono in vacanza. Allora, chiede aiuto ai suoi nipoti, i quali le fanno il favore con grande piacere. Anna, dunque, è dipendente, ma non è dipendente dai suoi figli. Se non possono, è capace di cercare l’aiuto di un’altra persona. Bene, con l’indipendenza/dipendenza affettiva accade lo stesso.

Diventa pericolosa quando si concentra su una sola persona e carica su di essa la responsabilità del nostro stato emotivo. È pericolosa perché ci debilita e perché alla lunga mette fine al rapporto. Tuttavia, la cosa peggiore è che prima che la relazione abbia fine, avremo distrutto noi stessi utilizzando qualsiasi tipo di misura disperata per non perdere la persona nella quale abbiamo depositato le sorti della nostra felicità.

I quattro scalini della dipendenza affettiva

Il cammino della distruzione affettiva- a causa della dipendenza- di solito è segnato da quattro scalini, da cui iniziamo a scendere quando si presenta la paura della perdita. Una paura che la maggior parte delle volte è infondata e che contribuisce a rendere più forte tale dipendenza.


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