Cattiveria umana e fattore D

La cattiveria umana esiste e siamo riusciti persino a comprenderne l'origine comune in grado di darle una spiegazione, chiamata fattore D.
Cattiveria umana e fattore D
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

La cattiveria umana esiste ed è caratterizzata dall’esagerata attenzione ai propri tornaconti personali. Questo tratto della personalità può essere identificato e misurato in base alle 9 caratteristiche del cosiddetto fattore D.

All’apparenza, l’essere umano sembra essere biologicamente orientato verso la socialità, l’empatia e l’attenzione ai propri simili. Solo in questo modo è possibile sopravvivere come gruppo e progredire come specie. Tuttavia, sappiamo per certo che la cattiveria umana esiste e siamo riusciti persino a comprenderne l’origine comune in grado di darle una spiegazione, chiamata fattore D.

Il male può avere numerosi volti. Philip Zimbardo, psicologo sociale ed ex presidente della American Psychological Association (APA) sottolinea che alla base della cattiveria non c’è solo il semplice desiderio di sminuire, umiliare, controllare e fare del male ai propri simili.

Nel corso della storia non sono mancate personalità oscure come quelle di Ted Brundy o Andrej Chikatilo; di serial killer come lo sono stati Hitler e Stalin, o ancora quelli che, come Charles Manson hanno commesso cattiverie atroci, oltre ad aver spinto altre persone a commettere dei crimini.

Eppure, il concetto di cattiveria ha un ché di sibillino, è silenziosa, spesso molto meno eclatante delle drammatiche storie che associamo ai personaggi citati poco fa o delle storie che leggiamo nei romanzi gialli. Perché, purtroppo, la cattiveria può provenire anche dalle persone a noi più vicine: dalla direzione dell’azienda per cui lavoriamo, dai politici che ci governano, dai genitori che maltrattano i propri bambini e dai bambini che maltrattano, umiliano e aggrediscono i loro compagni di classe.

Ciononostante, bisogna tenere a mente che esistono diverse condizioni che possono mediare queste dinamiche aggressive. Neurologi, psichiatri e psicologi si sono sempre interrogati sulla possibile esistenza di un comune denominatore capace di dare una spiegazione alla maggior parte di questi comportamenti.

La risposta sembra essere positiva, infatti di recente alcuni scienziati dell’Università di Ulm e dell’Università Koblenz-Landau hanno pubblicato un interessante studio nel quale si sostiene il  bisogno di inserire nella terminologia specializzata un termine del quale sentiremo sicuramente parlare (se non ci è già successo): il Fattore D. Questo concetto sarebbe in grado di inglobare e descrivere tutti i comportamenti appartenenti alla sfera più oscura della personalità umana.

Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te.
-Friedrich Nietzsche-

Cervello oscuro

Da Charles Spierman alla teoria della cattiveria umana

Sono passati più di 100 anni da quando lo psicologo Charles Spierman diede una svolta cruciale alla comprensione dell’intelligenza umana. Secondo il suo approccio, conosciuto come teoria bi-fattoriale, ogni essere umano sarebbe dotato del Fattore G, inteso come un’intelligenza generale che include l’insieme delle nostre abilità cognitive.

Non importa a quale prova veniamo sottoposti o quale attività svolgiamo, questo costrutto è l’essenza del comportamento intelligente in qualsiasi situazione, a prescindere dalla sua peculiarità. Ebbene, partendo da questa concezione, lo psicologo cognitivo Morten Moshagen dell’Università di Ulm, ha deciso, insieme ai suoi colleghi, di spingersi oltre.

Moshagen e colleghi hanno deciso di verificare se esiste un fattore comune presente in ognuno di noi anche per quanto riguarda la cattiveria umana. Un fattore presente in minore o maggiore misura a seconda della persona. Così, realizzando un dettagliato e scrupoloso studio su un ampio campione di più di 2500 persone, hanno ottenuto risultati significativi. Sembra che effettivamente esiste una componente comune, da loro denominato Fattore D, definito dalle cosiddette “9 caratteristiche oscure” .

Queste caratteristiche che sono presenti in misura maggiore solo nelle persone che mostrano comportamenti malvagi o aggressivi.

Farfalla nera

Il fattore D e la cattiveria umana

Il fattore D determina la tendenza psicologica ad anteporre sempre i propri interessi, i propri desideri e le proprie ragioni personali rispetto a qualsiasi altra cosa, che si tratti di persone o altre circostanze poco importa. Allo stesso tempo, racchiude l’ampio spettro di comportamenti che identificano la cattiveria umana.

Oltre allo studio sopracitato, sono state realizzate altre quattro analisi per corroborare (o confutare) l’affidabilità e la validità del fattore D. Tutte le analisi hanno dimostrato l’utilità di questo fattore nella misurazione del grado di cattiveria di ogni individuo.

Disponiamo, pertanto, di un ulteriore strumento per misurare la cattiveria umana che può essere integrato con la scala di Michael Stone, famoso strumento attraverso il quale si possono misurare i 22 gradi del male nel comportamento umano. Ma vediamo i 9 tratti distintivi del Fattore D.

Le 9 caratteristiche del fattore D

  • Egoismo. Inteso come la preoccupazione eccessiva per i propri interessi
  • Machiavellismo. Tipico delle persone manipolatrici, distaccate e dalla mentalità strategica che antepongono sempre i propri interessi.
  • Assenza di Etica e senso morale
  • Narcisismo. Inteso come l’ammirazione eccessiva per se stessi e la perpetua ricerca del proprio benessere.
  • Superiorità psicologica. Convinzione per la quale le persone sentono di meritare trattamenti speciali, diversi da quelli riservati agli altri.
  • Psicopatia. Deficit affettivo, scarsa empatia, insensibilità, tendenza a mentire, impulsività.
  • Sadismo. Tendenza a infliggere senza indugio dolore agli altri attraverso aggressioni di vario genere, da quella psicologica a quella sessuale. Tali azioni generano nella persona sadica una sensazione di piacere e di dominio.
  • Interessi sociali e materiali. Costante ricerca di un tornaconto, sia economico che morale (riconoscimento sociale, successo, acquisizione di beni, ecc…)
  • Malevolenza. Propensione al male, in tute le sue forme (aggressioni fisiche, abusi, furti, umiliazioni, ecc…).
Maschera cattiveria umana

Ingo Zettler, coautore di questa ricerca, sottolinea che il Fattore D può essere inteso come quella personalità oscura che ingloba buona parte di queste caratteristiche. L’abitudine di guardare sempre al proprio benessere personale senza avere la minima considerazione dei diritti altrui non è l’unica caratteristica di una persona cattiva.

Le persone che presentano il fattore D tendono anche a giustificare le loro azioni. Come vedete, queste idee spazzano via tutte le spiegazioni neurobiologiche e sociali che possono celarsi dietro queste azioni. Il fattore D rappresenta dunque un valido strumento psicologico per riconoscere e misurare la cattiveria.

Ciononostante vale la pena di ricordare in questa sede una citazione di Fyodor Dostoevski: non c’è niente di più facile che condannare un malvagio, niente di più difficile che capirlo.


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  • Furnham, A., Richards, S. C., & Paulhus, D. L. (2013). The Dark Triad of Personality: A 10Year Review. Social and Personality Psychology Compass7(3), 199–216. https://doi.org/10.1002/ijc.31143

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