Nessun ceffone corregge un bambino, solo l'affetto può farlo

Nessun ceffone corregge un bambino, solo l'affetto può farlo

Ultimo aggiornamento: 29 marzo, 2017

Questo articolo è dedicato a tutte quelle persone che pensano che “un bel ceffone al momento giusto è il miglior insegnamento per un bambino”. Una frase che sentiamo dire spesso: per strada, a scuola, al parco o sui social network. Una frase che racchiude in sé tutta la tristezza di questo metodo educativo.

Siamo passati da un modello educativo in cui i bambini non potevano nemmeno aprire bocca ad un miscuglio di modelli ed indicazioni che disorientano i genitori e creano molto caos su quali siano i giusti punti di riferimento. Una specie di torre di Babele in cui regna il relativismo: tutto è questionabile, tutto può essere sbagliato, tutto può essere giusto. Tutto dipende.

Bene, oggi vogliamo dirvi che non è così: non è tutto questionabile. Nell’educazione, come in qualsiasi ambito, esistono limiti che non dovrebbero mai essere valicati. Uno di questi è la violenza.

Un ceffone è violenza, uno scappellotto è violenza

“Ma io non picchio mio figlio! Gli do solo qualche ceffone ogni tanto, così sta in riga e si ricorda chi comanda”.

“Guarda, quelle sculacciate fanno più male a me che a lui”.

“Non mi piace prenderlo a scappellotti, ma a volte davvero non ho alternative”.

Per caso queste frasi vi sono familiari? Bene, dovete sapere che, prima di tutto, se insegniamo ai nostri figli che la violenza (di qualunque tipo essa sia) serve per ottenere ciò che vogliamo, impareranno che le cose funzionano così.

Dovete pensare che sono le vostre azioni ad educare davvero i bambini: nulla insegna più dell’esempio delle persone che per loro rappresentano un punto di riferimento.

Probabilmente anche a vostro figlio “non piace” picchiare i compagni di classe, ma penserà che sia un’opzione perché anche i suoi genitori o educatori hanno utilizzato quel metodo per farsi obbedire. Anzi, se i suoi genitori alzano le mani persino con lui, anche se gli vogliono così bene, perché mai lui non dovrebbe farlo con le persone che non gli piacciono?

“A volte non mi rimane altra opzione”. Questa frase, per esempio, lega la violenza alla frustrazione; forse non nell’enunciato in sé, ma di certo nella realtà dei fatti. In quello schiaffo o quella sculacciata c’è la frustrazione di chi non è riuscito a farsi obbedire in altri modi e spesso anche la rabbia per qualcosa che detestiamo fare. Un’emozione che aumenta l’energia da scaricare attraverso quel gesto e che, quindi, rende il colpo più forte.

Un ceffone è triste, uno scappellotto è triste

Sono gesti tristi perché possono causare dolore, tristi perché possono causare paura, tristi perché possono causare lacrime. Tristi perché possono causare tutte e tre le cose insieme, senza insegnare nulla. Questa forma di punizione, come tutte le punizioni, mette al centro dell’attenzione il lato negativo, ciò che non bisognerebbe fare. Un ceffone non parla di comportamenti alternativi: forse dice che non bisogna picchiare i compagni di classe, ma non dice come bisogna fare una richiesta o come reagire ad un rifiuto.

Ed è così che il bambino passa dal ceffone alla minaccia, alla discriminazione, all’isolamento, all’insulto. E con quei comportamenti non farà altro che guadagnarsi altre urla, ceffoni o sberle, senza capire come fare per comportarsi meglio.

Un altro dei commenti più popolari oggigiorno è “io mi sono beccato un bel po’ di ceffoni da piccolo, e non mi pare di essere cresciuto così male”. È stata fortuna: molto spesso le persone crescono bene “nonostante” qualcosa, e non “grazie” a qualcosa. Probabilmente qualcun altro ha insegnato loro come comportarsi o è stato un esempio di come fare le cose per bene, senza utilizzare la violenza per negoziare.

Dobbiamo capire che nessuno cresce bene “grazie” ai ceffoni. Per fortuna è raro che un bambino venga traumatizzato da uno schiaffo o uno scappellotto, ma è bene sapere che possiamo educare i nostri figli senza ricorrere alle mani. Possiamo educare meglio i nostri figli, se non ricorreremo alle mani.

Certo, questa scelta richiede più sforzi, più pazienza, più riflessioni e più tempo da condividere con i propri figli. Tempo di qualità, non quel tempo che ci avanza dopo aver lavorato, pulito la casa, fatto il bucato, stirato e fatto la spesa. Ci richiede di prestare attenzione a tutto quello che fanno, non solo a quello che ci disturba, perché oltrepassa il limite. Ci richiede di guardarli sempre, non solo quando ci disturbano perché non ci lasciano guardare la televisione o riposare.

Se faremo così, i ceffoni e gli scappellotti spariranno dal nostro metodo educativo, semplicemente perché non ne avremo bisogno. Non avremo bisogno di una misura drastica per raddrizzare un albero cresciuto storto, perché l’avremo fatto crescere dritto centimetro dopo centimetro, con attenzione e affetto.

Un metodo che non fa male a nessuno: né a lui né a voi. Pensateci, ci può essere qualcosa di meglio?


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