Difficoltà a socializzare, a cosa si deve?
«Trovo difficile relazionarmi con le persone, c’è qualcosa di animalo in me? Che problema ho?» Sono domande frequenti in chi ha difficoltà a socializzare, fare amicizia, trovare un partner o essere assertivo in ogni contesto. Al di là di quello che si possa pensare, è un problema piuttosto comune.
Si dice che Agatha Christie avesse una profonda paura di apparire in pubblico e di concedere interviste. Jorge Luis Borges è sempre stato estremamente timido, al punto da farsi sostituire dall’amico Oliverio Girondo in qualsiasi evento pubblico.
Nessuno di loro era bravo a socializzare, e in verità nemmeno gli interessava. Preferivano semplicemente i loro spazi privati, la loro quotidianità creativa. Chi ha difficoltà a socializzare, invece, spesso vorrebbe farlo. Anela a migliori abilità interpersonali per muoversi con maggiore risolutezza all’università, al lavoro, nei luoghi d’intrattenimento e lì dove vi siano persone.
Così, mentre figure come quelle citate e altre ancora, tra cui Albert Einstein, gli scrittori Cormac McCarthy o Harper Lee, mostravano evidenti tratti di timidezza; non tutte le persone che hanno difficoltà a socializzare sono timide. Cerchiamo di capire cosa si nasconde dietro questo comportamento.
Difficoltà a socializzare: le cause
Quando una persona chiede a se stessa perché le risulta difficile relazionarsi con gli altri, ciò in genere si deve al fatto che la società attuale premia eccessivamente l’estroversione; l’apertura di carattere e quelle figure sociali dotate (in apparenza) di un’elevata capacità di comunicazione e distinzione sono considerate in maniera positiva.
Sostenere questa idea, tuttavia, è in un certo senso un errore. Sia gli introversi sia gli estroversi possono avere successo sociale. Oltre a ciò, esistono personalità estroverse con evidenti problemi di socializzazione e persino difficoltà a instaurare relazioni.
Specifichiamo ciò perché la difficoltà a socializzare in modo efficace e felice non dipende sempre dalla timidezza o dall’introversione. Questi fattori la alimentano, certo, ma non sono gli unici. Analizziamo più nel dettaglio le cause.
Regole relazionali interiorizzate nell’infanzia
Le nostre abilità o difficoltà di relazione sono strettamente legate alla nostra infanzia. La maggior parte di noi ha interiorizzato inconsciamente le regole relazionali trasmesse dalle figure di riferimento primarie. Se per loro non hanno avuto successo, non lo avranno nemmeno per noi.
Accade lo stesso con la comunicazione. Se le competenze linguistiche dei nostri genitori non erano ben strutturate ed essi non interagivano molto con noi, anche questo si ripercuoterà su di noi.
La presenza di figure di riferimento primarie poco affettive avrà sempre un impatto sulle abilità verbali, emotive e comportamentali del bambino. Al punto che è possibile vedere bambini estroversi con serie limitazioni nelle abilità sociali e relazionali per effetto diretto dell’educazione ricevuta.
D’altro canto, anche gli ambienti familiari disfunzionali, autoritari o abusivi, immersi in contesti con scarsi contatti sociali, favoriscono queste limitazioni relazionali.
Dimensioni psicologiche e neurologiche
Non tutto ha origine nell’infanzia. A volte i problemi di socializzazione sono di natura psicologica e persino neurologica. Vediamo alcuni esempi:
- Disturbo dello spettro autistico. All’interno di questa condizione troviamo, ad esempio, la sindrome di Asperger che, in molti casi, può persino passare inosservata. Questa sindrome può spiegare perché molti adulti manifestano problemi d’interazione sociale.
- Ansia e stress limitano e ostacolano le capacità di socializzazione.
- Alcune condizioni psicologiche quali il disturbo antisociale di personalità, la fobia sociale o l’agorafobia sono all’origine di questa difficoltà a socializzare. In questi casi, tuttavia, è la persona stessa a fuggire o evitare deliberatamente il contatto sociale.
Sensibilità di elaborazione sensoriale
All’inizio dell’articolo abbiamo affermato che figure quali Agatha Christie o Borges evitavano i contatti sociali. La loro evidente timidezza li portò a preferire ambienti più intimi e a evitare di esporsi a situazioni che causassero loro stress e disagio. Ebbene, è impossibile parlare di problemi di socializzazione senza tener conto di uno dei fattori più ovvi: la timidezza.
Piuttosto che concentrarsi sul modello comportamentale della personalità timida, però, è più interessante capire da cosa è motivata. Le persone timide percepiscono il mondo esterno in modo diverso a causa della ben nota sensibilità di elaborazione sensoriale (SPS). Di cosa si tratta?
- Il cervello delle persone timide è diverso. In media ha bisogno di più tempo per reagire agli stimoli.
- Le persone timide sono più introspettive e riflessive, e ciò impedisce loro di adattarsi agli ambienti sociali nei quali bisogna agire velocemente.
- La folla, il rumore, gli stimoli nuovi o l’esposizione a situazioni sulle quali non si ha alcun controllo creano stress e disagio.
Questi fattori ci fanno ben comprendere che la timidezza ha anche una base neurologica. Tuttavia, ciò non impedisce che si possano apprendere delle strategie per migliorare la socialità.
Come superare la difficoltà a socializzare?
Tutti possiamo migliorare le nostre abilità sociali. Imparare a relazionarci gli uni con gli altri per godere dell’interazione in ogni contesto è alla portata di chiunque. Si potrebbe iniziare da qui:
- Cercate situazioni nelle quali vi sentite a vostro agio. Potete usare applicazioni e siti online per cercare persone con interessi comuni. È un buon modo per conoscere persone simili, con le quali sentirsi al sicuro. In seguito ci si potrà anche aprire a scenari diversi.
- Abbassare i livelli di autoesigenza. Evitate di concentrarvi troppo su voi stessi, sulla paura di sbagliare, di non sapere cosa dire, di non piacere. Spostate lo sguardo da dentro verso fuori e lasciatevi andare, godetevi le conversazioni spontanee… Non credete a tutto quello che vi dice la vostra mente.
- Cercate supporto nelle persone di cui vi fidate. Condividete le vostre paure con le persone che vi conoscono meglio e che possono consigliarvi.
- Imparate delle tecniche per gestire lo stress e l’ansia sociale.
- Rafforzate le vostre abilità sociali: comunicazione, assertività, gestione delle emozioni, etc.
Per concludere, rimane solo un aspetto da sottolineare: se la difficoltà a socializzare è cronica, qualcosa che ci trasciniamo da anni e che ostacola la qualità della nostra vita, è preferibile consultare un professionista. Esistono terapie che possono produrre notevoli cambiamenti; la svolta di cui abbiamo bisogno.
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Chavira, D. A.; Stein, M. B.; Malcarne, V. L. (2002). Scrutinizing the relationship between shyness and social phobia. Journal of Anxiety Disorders. 16 (6): 585 – 98.