“E la gente rimase a casa”, poesia per riflettere
E la gente rimase a casa è il titolo di una poesia che circola sui social network da diverse settimane. All’inizio si è creduto che fosse un testo scritto nel 1800 durante una delle tante piaghe che hanno afflitto l’umanità.
Con il passare dei giorni, però, si è scoperto che la poesia è stata scritta da Kitty O’Meara, una donna che ha lavorato negli Stati Uniti come insegnante e come assistente spirituale in ospizi e ospedali. Il testo è stato ispirato dalla pandemia che, purtroppo, stiamo vivendo in questi giorni.
Le parole del componimento hanno attirato l’attenzione di molte persone e non c’è voluto molto tempo perché diventassero virali. Uno degli elementi che rende questa poesia speciale è l’eco della speranza presente nei suoi versi.
E la gente rimase a casa ci ricorda che ci sono momenti in cui viviamo il buio più profondo e altri in cui possiamo trovare la luce.
“Dissotterrando una bottiglia, una bottiglia piena di tempo, e scoprendo la voce muta del passato, stavo aprendo una porta che forse sarebbe dovuta rimanere chiusa.”
-Katherine Neville-
E la gente rimase a casa…
La poesia inizia con la frase “E la gente rimase a casa”, che per molti di noi significa una rottura radicale con lo stile di vita che abbiamo condotto fino all’inizio dell’isolamento domiciliare. All’improvviso ci siamo posti delle domande sul nostro presente e sul nostro futuro. Siamo stati costretti a rispettare certi limitai e questo ha cambiato i nostri piani modificato le nostre relazioni sociali e la nostra idea di futuro.
Poi, sono arrivati il senso di smarrimento e i dubbi su come affrontare la situazione. La maggior parte di noi non vive in grandi case con viste sull’oceano ed enormi giardini. Bisogna imparare a vivere ogni giorno in piccoli spazi (e talvolta inadeguati) con il partner o la famiglia, insieme ai conflitti personali e di gruppo.
Molti di noi si sono dedicati alle attività citate nella poesia: “[…] e lesse libri, e ascoltò, e si riposò, e fece esercizi, e fece arte, e giocò…”. In altre parole, abbiamo provato a trovare modi alternativi per sfruttare il tempo a disposizione e contrastare l’incertezza.
Nel migliore dei casi è accaduto quello che dicono i seguenti versi: “(La gente)… imparò nuovi modi di essere, e si fermò, e ascoltò più in profondità. Qualcuno meditava, qualcuno pregava, qualcuno ballava, qualcuno incontrò la propria ombra”. Un’improvvisa riconciliazione con noi stessi, con la nostra dimensione più profonda, non è però esente da sorprese.
E la gente cominciò a pensare in modo differente…
La seconda parte della poesia riguarda il nostro futuro immediato, ciò che speriamo che accada. Un’esperienza così forte, come quella vissuta in questo momento dal mondo intero, dovrebbe servire per imparare alcune lezioni. Ci permette di conoscere chi siamo, quello che facciamo e come ci relazioniamo con la natura che ci circonda.
La poesia ci invita a effettuare un cambiamento interiore, a trovare qualcosa di nuovo: “[…] e la gente guarì”. In questo caso, la guarigione non si riferisce esclusivamente al superamento della malattia fisica, ma anche a purificare parti della nostra mente e del nostro spirito che prima non avevamo preso in considerazione.
Pensiamo, ad esempio, ad aspetti come il valore della vita e la solidarietà. Ma anche al tentativo di vivere in armonia con la Terra che ci ospita. Forse dovremmo riflettere anche sui leader politici che scegliamo e sugli obiettivi che ci poniamo, basati su ambizioni che a volte non hanno limiti. Guarire significa anche recuperare l’essenza delle cose, ciò che ci rende umani.
E guarirono completamente la terra…
Se l’uomo guarisce, grazie alla solidarietà universale e all’impegno collettivo, anche il mondo fa lo stesso. La poesia prosegue dicendo: “E nell’assenza di gente che viveva in modi ignoranti, pericolosi, senza senso e senza cuore, anche la Terra cominciò a guarire”. È come una reazione a catena che inizia con il nostro isolamento e poi contagia tutto il resto.
Il testo suggerisce che stiamo affrontando un evento straordinario e che è richiesto un impegno da parte nostra per misurarci con quello che sta accadendo. Dobbiamo elevarci rispetto a chi siamo stati e ciò che abbiamo fatto. Dobbiamo imparare a vedere noi stessi in modo diverso. Solo così potremmo superare questo momento e chiudere il vaso di Pandora.
Alla fine, la poesia ci lascia un messaggio di speranza: “E quando il pericolo finì, e la gente si ritrovò, si addolorarono per i morti, e fecero nuove scelte, e sognarono nuove visioni, e crearono nuovi modi di vivere, e guarirono completamente la Terra, così come erano guariti loro”.
Questa bellissima poesia inizia dicendo “E la gente rimase a casa” e termina con “e guarirono completamente la Terra, così come erano guariti loro”. Speriamo che più che un bel testo sia una profezia di ciò che accadrà se rispettiamo i compiti che ci sono stati assegnati. Speriamo vivamente che ci attenda un mondo migliore.
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- López Eire, A. (2004). Mito ritual y poesía.