Fare un respiro profondo e tacere

Un argomento con sfumature interessanti e aspetti curiosi che possono esserci di grande aiuto nella quotidianità. Vi invitiamo ad approfondire i molteplici aspetti del silenzio e dell'arte del tacere.
Fare un respiro profondo e tacere
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 25 gennaio, 2023

Dicono che il silenzio sia l’arte che alimenta la saggezza, quindi a volte non c’è altra scelta che usarla per rispondere correttamente, per evitare conversazioni e azioni inutili. Fare un respiro profondo e tacere in determinati momenti è l’opzione migliore.

Chi lavora in ambito psicoterapeutico vede spesso notevoli progressi nel paziente che resta in silenzio. Può sembrare contraddittorio, poiché la terapia si basa su un potente scambio attraverso la parola. Il mezzo, dunque, è il dialogo che agisce come un’energia che confronta, approfondisce, risveglia e ricostruisce.

“Il silenzio è un amico che non tradisce mai”

-Confucio-

Tuttavia, restare in silenzio per un momento e fare un respiro profondo rappresenta spesso un momento cruciale. È allora che il paziente diventa pienamente consapevole delle sue emozioni, realizza qualcosa che fino allora non aveva percepito.

Si tratta del momento in cui è più concentrata che mai e armonizza pensieri ed emozioni; ecco che mette da parte il passato per concentrarsi autenticamente sul momento presente.

Il silenzio a volte agisce come un risveglio della coscienza, e ciò è eccezionale. Non solo ci aiuta a gestire al meglio conversazioni o situazioni specifiche, ma è anche un canale in cui possiamo entrare in contatto con noi stessi per smettere per un momento di “fare” e semplicemente “essere”.

Siamo quindi di fronte a un argomento con sfumature interessanti e aspetti curiosi che possono esserci di grande aiuto nella quotidianità. Vi invitiamo ad approfondire i molteplici aspetti del silenzio e dell’arte del tacere.

Cervelli che si scontrano.

Fare un respiro profondo per contrastare il rumore mentale che ci circonda e ci divora

Viviamo nella cultura del rumore. Non ci riferiamo, però, ai suoni dell’ambiente, al rumore persistente del traffico, al ronzio perpetuo delle fabbriche o all’eco delle grandi città che non dormono mai.

Parliamo di rumore mentale, quel frastuono di emozioni contrastanti. Una cacofonia mentale che non solo ci fa smettere di ascoltare chi abbiamo davanti, ma spesso ci fa smettere di ascoltare noi stessi.

Siamo influenzati da un tipo di comunicazione in cui trionfa la voce entusiasta, quella che grida e non lascia pause. Lo vediamo nei politici, in molti dei nostri incontri di lavoro, dove chi tace viene subito etichettato come indeciso o privo di carisma.

Il saggista e giornalista George Michelsen Foy ha condotto uno studio per dimostrare che nella cultura occidentale la persona che tace prima di rispondere è vista con sfiducia o sospetto.

Le conversazioni sono spesso assemblate attraverso frasi e parole che non passano attraverso un adeguato filtro mentale o emotivo. Dimentichiamo che anche gestire il linguaggio e le parole è un aspetto dell’intelligenza, e il silenzio è spesso un punto di passaggio obbligato.

Fermiamoci, almeno per un momento, per incontrarci. Bisogna fermarsi per vedere e sentire l’altro e sé stessi. Non c’è niente di male nel fare un respiro profondo e rimanere in silenzio durante una conversazione. Forse quello che diremo dopo quella pausa è la soluzione al problema o la strategia per recuperare la nostra relazione.

Gocce di rugiada e fare un respiro profondo.

Stare in silenzio può essere la peggiore punizione

George Bernard Shaw diceva che “il silenzio è l’espressione più perfetta del disprezzo”. Quindi, dobbiamo fare molta attenzione a come lo usiamo, a come lo applichiamo a seconda del contesto e dei destinatari.

Abbiamo detto che l’uso del silenzio è uno strumento perfetto per gestire le emozioni, per concentrarsi sul qui e ora e poter emettere una risposta o un’azione più appropriata.

“Chi non sa tacere non sa parlare”

-Ausonio-

Il silenzio è una pausa. Tacere è necessario, ad esempio, di ritorno dal lavoro. Fare un respiro profondo e rimanere in silenzio per qualche secondo può scacciare la pressione e l’ansia del contesto lavorativo che non dovremmo proiettare a casa.

Sarebbe bene tenere a mente che il silenzio può spesso fungere da deterrente per la qualità delle nostre relazioni personali. Le parole educano, guariscono, aiutano a costruire ponti, mettere radici e consolidare i legami attraverso un linguaggio positivo, empatico e vicino.

Quaderno motivazionale.

Il silenzio non è una punizione positiva per nessun bambino, nessun conflitto si risolve privando l’altro della parola o relegando nella solitudine.

Una simile reazione alimenta la rabbia. In questi casi, invece, la comunicazione è fondamentale per modificare i comportamenti, riconoscere gli errori e favorire il miglioramento.

Conclusioni

Facciamo buon uso del silenzio. Facciamo in modo che sia il nostro palazzo della calma in cui ci ritroviamo, armonizziamo le emozioni, calmiamo la mente e troviamo in essa la risposta migliore, la parola più bella per il momento.


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