I bambini che vogliamo non sono gli stessi che educhiamo

I bambini che vogliamo non sono gli stessi che educhiamo
Sergio De Dios González

Scritto e verificato lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 07 marzo, 2023

Come società, non possiamo né dobbiamo evitare di guardare al futuro, e il futuro lo decreteranno le generazioni avvenire. Ci riferiamo a tutti coloro che si troveranno a sopportare il peso della produzione e delle decisioni su grande scala quando per noi arriverà il momento di andare in pensione. I bambini di oggi, gli adulti di domani.

È di conseguenza assolutamente comprensibile il nostro interesse verso il tipo di educazione che siamo intenzionati ad impartire loro. Il mondo è in continuo cambiamento, e allo stesso modo le regole che imponiamo ai nostri figli. Così come nel tempo si sono evoluti i giocattoli, gli interessi, le preoccupazioni o le aspirazioni dei bambini, anche il concetto di educazione è profondamente cambiato.

Per esempio, abbiamo abbandonato definitivamente l’idea che un’educazione di tipo punitivo, come quella impartita dai maestri di qualche anno fa, possa essere funzionale. Ma abbiamo abbandonato questo modello educativo senza fornire ai docenti altri elementi di controllo non violenti per sottolineare la loro autorità, con un conseguente spostamento del potere nel rapporto professore-alunni a favore di questi ultimi. Alunni incoscienti, semplicemente in quanto bambini, e con troppo potere a disposizione.

Bambino con fumogeni colorati

Cosa vogliamo per i bambini?

Qualche tempo fa, navigando in quel vasto universo, molte volte parallelo e inquisitore, rappresentato da Internet, mi sono imbattuta in una foto raffigurante una delle nostre tante piazze. Il soggetto della foto non era di per sé particolarmente interessante, né lo era l’inquadratura della foto. Sembrava più una foto scattata frettolosamente, quasi per caso.

La particolarità della foto andava in realtà oltre lo scatto in sé, e stava nei tanti cartelli di divieto affissi uno sopra l’altro che decoravano uno dei lampioni. Il primo vietava di giocare a palla, il secondo l’uso delle biciclette e il terzo quello dei monopattini. Sembrava strano che, a quel punto, non vietassero ai bambini direttamente l’accesso alla piazza. Almeno in quel modo, non avrebbero dovuto far ricorso a tutti quei cartelli. Più pratico, oltre che più economico.

Di lì a poco ho assistito ad un’altra scena particolare. Tardo pomeriggio, papà e mamma che passeggiano spingendo un bambino comodamente adagiato sul suo passeggino. All’improvviso, per qualche inspiegabile capriccio, il bimbo comincia a piangere. I genitori sembrano, però, avere già pronto il modo di calmarlo. Il padre, infatti, tira fuori dal borsello il telefono e lo passa al bambino, che come se lo stesse aspettando lo afferra e recupera subito la calma.

Se i genitori gli avessero avessero utilizzato adeguate tecniche, i risultati sarebbero stati gli stessi. Il bambino avrebbe ritrovato la calma per la gioia dei genitori. I bambini possono essere estremamente adorabili, ma spesso anche molto capricciosi, irrequieti e capaci di mettere a dura prova la pazienza anche dell’adulto più tranquillo.

Piccolo principe

Quello che vogliamo richiede pazienza

Perché riportare questi due episodi? Perché rappresentano benissimo il tema di ciò che vogliamo nell’immediato e ciò che vogliamo nel futuro. Ci piacerebbe che i nostri figli fossero creativi, però nel loro programma di studi premiamo quelli che meglio ripetono quanto detto dal maestro. Vogliamo bambini in buona salute, ma ci agita vederli sguazzare tra le pozzanghere per divertimento in una giornata di pioggia. Vogliamo bambini curiosi ma non facciamo alcuno sforzo per rispondere alle loro domande. Perché i bambini, affinché diventino come noi li vogliamo, hanno bisogno dei nostri sforzi, della nostra mano ferma.

Non va bene che un bambino resti in silenzio senza tramare qualcosa. Non va bene che un bambino non voglia giocare con i propri genitori e preferisca lasciarli in pace quando rientrano a casa. Non va bene che un bambino guardi la pioggia e la neve con aria triste senza voler giocare con loro. Dobbiamo capire che spesso ciò che è ingiusto è anche ciò che è più comodo: il ceffone, il tablet o il rimprovero. È sbagliato proibire ai bambini di giocare nelle piazze, quando dovremmo invece usare quelle stesse piazze come spazi educativi nei quali insegnare loro a convivere con gli altri. È sbagliato che il vicino si infastidisca per gli schiamazzi e non sia disposto a tollerarli un po’…

I bambini hanno bisogno di disciplina, limiti, ma soprattutto della nostra pazienza, della nostra mano ferma e della nostra coerenza… perché per loro noi siamo quelli che pensano e loro quelli che giocano, o almeno quelli che dovrebbero giocare.


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