José Saramago e indifferenza sociale

Una delle opere più famose e celebrate di José Saramago è Cecità, romanzo che invita a una profonda riflessione sull'animo umano e su ciò che ai nostri occhi appare invisibile.
José Saramago e indifferenza sociale
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 18 febbraio, 2022

Quella di José Saramago è stata la voce più autorevole della letteratura portoghese. La raffinatezza della sua scrittura gli è valsa il premio Nobel, tuttavia non meno importante è stato il suo impegno da un punto di vista politico e sociale. Opere come Cecità sono un mezzo eccezionale di catarsi, uno spunto alla riflessione filosofica, un chiaro invito a “svegliarci”.

Di José Saramago si dice spesso che fosse un agitatore di coscienze. Non rinunciò mai a denunciare le ingiustizie e a prendere sempre una posizione netta nei confronti dei conflitti della sua epoca. In una delle sue conferenze, si definì uno scrittore appassionato spinto dalla necessità di sollevare ogni pietra, pur sapendo che al di sotto vi si potessero nascondere dei veri mostri.

La ricerca della verità e il desiderio di stimolare la mente sono stati gli ingredienti di uno stile letterario unico. Le sue parabole, costruite con l’immaginazione, l’ironia e la compassione, disegnano una realtà di fronte alla quale davvero nessuno può rimanere indifferente.

A diversi anni dalla sua morte, le opere di Saramago continuano a essere ristampate in diverse lingue. E nemmeno le nuove generazioni rimangono insensibili al fascino di una personalità tanto poliedrica, un uomo che ha pensato addirittura di completare la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani con la sua Carta dei Doveri e degli Obblighi.

È stato lo scrittore più brillante che il Portogallo ci abbia regalato, a fianco di altri nomi illustri come quello di Fernando Pessoa. Il suo lavoro, provocatorio, magico e inquietante, ci ha invitato ad analizzare il presente attraverso i suoi occhi.

“I tre mali dell’uomo moderno sono l’assenza di comunicazione, la rivoluzione tecnologica e una vita incentrata sul trionfo personale.”

-José Saramago-

José Saramago da giovane

Biografia di José Saramago, un erudito dalle umili origini

José de Sousa Saramago nasce il 16 novembre 1922 a Golegã, in Portogallo. I suoi genitori erano José de Sousa e María da Piedade, una coppia di agricoltori di umili origini che si guadagnavano da vivere con il duro lavoro della terra. Quando il piccolo José ha solo due anni, i due decidono di emigrare a Lisbona in cerca di migliore fortuna.

Nella capitale portoghese riescono a ottenere una certa stabilità economica. Il padre inizia a lavorare come poliziotto e José ha così l’opportunità di ricevere un’educazione primaria. Per alcuni anni frequenta un Istituto Tecnico, ma è costretto ad abbandonare quando i genitori non possono più permettersi di pagargli una formazione secondaria.

Per questo motivo, il giovane José non ha altra scelta se non quella di iniziare a lavorare in una fonderia. Mentre porta avanti questa attività, con la quale si guadagna da vivere, veste anche altri panni: quelli di studioso. Non smette infatti mai di leggere, di imparare da autodidatta e, soprattutto, di scrivere. Così nel 1947, a 25 anni, pubblica il suo primo romanzo, Terra del Peccato. In quello stesso anno nasce anche sua figlia Violante, frutto del suo primo matrimonio.

La maturazione a scrittore e giornalista impegnato

Dal 1955 José Saramago inizia a tradurre le opere di Hegel e di Tolstoj in portoghese per la casa editrice Estúdios Cor. Parallelamente, si sforza di rendere più maturo il suo stile di scrittura, e si impegna a cercare nuove opportunità per raggiungere il successo con i suoi romanzi. Al momento, infatti, nonostante l’indiscutibile talento, nessun editore è disposto a pubblicare i sui lavori.

Dopo essersi visto respinto il nuovo romanzo, Lucernario (che verrà pubblicato solo dopo la sua morte), a Saramago servono diversi anni per decidere di riprovare. Bisognerà aspettare fino al 1966, con P oesie possibili e una seconda raccolta di poesie, Probabilmente allegria, pubblicata nel 1970. Scrittore ormai avviato, a metà degli anni settanta diventa anche direttore tecnico per la casa editrice con la quale collaborava già da tempo.

Raggiunto il successo letterario, Saramago sente a quel punto il bisogno di intraprendere una nuova carriera nel mondo del giornalismo. Inizia così a lavorare per il quotidiano Diário de Notícias, dove tornerà in seguito nel ruolo di direttore aggiunto. Successivamente collabora come commentatore politico con il Diário de Lisboa.

José Saramago in foto

Il 25 aprile del 1974 in Portogallo esplode la cosiddetta Rivoluzione dei Garofani e da allora Saramago prende la decisione di dedicarsi esclusivamente alla scrittura. La sua è ormai una figura conosciuta e rispettata, e ciò che desidera è lasciare al mondo più opere, più libri. Dal 1976 pubblica Os Apontamentos, opere teatrali come La notte (1979) e libri di racconti come Oggetto quasi (1978).

Il premio Nobel

Negli anni ottanta, José Saramago è ormai uno scrittore di fama mondiale. Memoriale del convento (1982) lo consacra definitivamente come autore apprezzato a livello internazionale. Qualche anno dopo, consolida il suo successo con La zattera di pietra (1986), il controverso Il Vangelo secondo Gesù Cristo (1991) e, in particolare, Cecità (1995).

Il suo stile è ora più ricercato e i suoi libri sono più impegnati, tanto che, nel 1998, il Comitato di Stoccolma (Svezia) gli conferisce il più alto riconoscimento per uno scrittore: il Premio Nobel per la letteratura. A quell’epoca, José Saramago divideva la sua vita tra due terre: Lisbona e Lanzarote (Isole Canarie). In quest’ultimo luogo trascorre gli ultimi anni della sua vita con la sua terza moglie, Maria del Pilar del Rio Sánchez, giornalista e traduttrice spagnola.

Muore il 18 giugno 2010 dopo aver combattuto a lungo contro la leucemia. Aveva 87 anni e un nuovo romanzo appena iniziato, del quale non ci rimangono che le prime 30 pagine.

Saggio sulla cecità

“Non siamo ciechi, eppure non vediamo”. Queste parole riassumono bene la metafora argomentativa di una delle opere più inquietanti di Saramago. In Cecità si parla dell’incapacità degli esseri umani di riconoscere il loro prossimo. Le persone si trasformano, improvvisamente, in creature meschine, esseri senza vista che hanno bisogno della guida degli altri per comprendere le cose e sopravvivere.

Il romanzo è una profonda riflessione sull’animo umano. È un racconto distopico, che tiene incollati anche solo per la curiosità di scoprire perché questa strana forma di cecità ha colpito la popolazione, e continua a estendersi come un’infezione. Le cose precipitano quando il governo decide di mettere in quarantena gli ammalati, sottoponendoli a rigide forme di controllo.

Tra i protagonisti della storia, solo una riesce ancora avvedere: una donna che accompagna il marito in quella prigione prestandogli, a sua volta, i sui occhi e il suo sguardo per aiutarlo in tutto il resto. Tuttavia, l’intero scenario non ne risulta meno opprimente. L’igiene scarseggia, i soldati non esitano a sparare a chiunque si avvicini troppo e il degrado comincia diffondersi. Lentamente, la situazione prende la piega di una vera e propria dittatura. Il caos regna e la speranza si consuma inesorabilmente.

Persone bendate

Un’opera in cui ci viene mostrata la cecità interiore dell’essere umano. Quell’incapacità di riconoscerci l’un l’altro e che evoca egoismo, perdita della ragione, conflitto e paura. Una scenario disturbante, attraverso il quale Saramago invita a una coraggiosa riflessione morale.

Cecità è un libro sconvolgente, una pietra miliare della letteratura contemporanea che vale sempre la pena di riscoprire, o di scoprire per la prima volta.


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  • Saramago, José (2001) Ensayo sobre la ceguera. Alfaguara

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