La compassione umana secondo Einstein

"L'essere umano è una parte di quel tutto che noi chiamiamo Universo. L'uomo sperimenta sé stesso come scisso dal resto". Così inizia la lettera che Einstein inviò a un amico che aveva perso il figlio da poco.
La compassione umana secondo Einstein
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Nel 1950 Albert Einstein scrisse una lettera ricca di simbolismo e profondità per incoraggiare un amico che aveva appena perso il suo giovane figlio a causa della poliomielite. Due decenni dopo, il New York Times pubblicò il testo con grande successo dandoci, senza saperlo, una formula per la sopravvivenza e la speranza: la compassione umana.

Le sue parole attirarono l’attenzione per la visione filosofica trasmessa. Non possiamo chiamarla religione, ma possiamo vederla come una sorta di spiritualità cosmica, un senso di trascendenza.

Il dolore della perdita potrebbe essere alleviato, secondo il padre della teoria della relatività, consci del fatto che ognuno di noi è parte di un tutto. Ciò che pensiamo sia andato perduto, in realtà rimane dentro di noi, in ogni frammento del nostro essere.

Cinque anni dopo aver scritto quella lettera, Albert Einstein morì a causa di un aneurisma. In qualche modo, e quasi senza saperlo, alla sua immensa eredità nel campo della scienza e soprattutto nel campo della fisica, quel testo aggiunse un piccolo e unico dono che cominciò poi a circolare con maggiore forza con l’arrivo di internet e dei social network. Il suo messaggio ora è più pertinente che mai.

“L’essere umano, in realtà, fa parte di quell’insieme che chiamiamo Universo. L’uomo sperimenta sé stesso come scisso dal resto. Sperimenta i suoi pensieri e i suoi sentimenti come una sorta di illusione ottica della propria coscienza, quando in realtà nulla funziona in questo modo (…)”.

-Lettera di Albert Einstein, 1950-

Foto di Einstein e la compassione umana.

Einstein e le sue parole sulla compassione umana

A volte trascuriamo il fatto che Albert Einstein fosse molto più dei suoi eccezionali risultati scientifici. Era un violinista, un umanista, una persona socialmente impegnata, era un insegnante ammirevole e un amico fedele che si prendeva sempre cura della sua cerchia più stretta. Ciò si riflette in tutte le sue lettere e i documenti conservati all’Università di Princeton.

Nella sua vasta corrispondenza, abbiamo un ampio scambio di lettere tra lui e figure come Sigmund Freud, Bertrand Russell, Thomas Mann, George Bernard Shaw, Franklin D. Roosevelt, Albert Schweitzer. In mezzo a quell’oceano di righe, ragionamenti e messaggi, abbiamo scoperto che Albert Einstein offriva sempre la sua spalla nei momenti di sofferenza.

Ne è un esempio la lettera che inviò alla regina del Belgio. Elisabetta di Baviera e Albert Einstein avevano una stretta amicizia e una passione comune: la musica. Nel 1934, il marito della regina morì praticando alpinismo e questa tragedia la lasciò devastata. Il padre della teoria della relatività trovò le giuste parole per confortarla, per darle incoraggiamento e forza.

Fece lo stesso con Robert S. Marcus, fedele e caro amico che, nel 1950, perse il figlio. In questa lettera, spicca un concetto centrale che la distingue dalle altre. La compassione umana era per Einstein un meccanismo di salvezza e un modo per dare significato alla vita.

Un testo ricco di simbolismo

Risvegliare la speranza in chi ha perso la cosa più preziosa è senz’altro un’ardua impresa. In questi casi, “mi dispiace” o “la sua memoria sarà sempre nel tua cuore” sono di scarsa utilità. Con questo testo Albert Einstein invitava il signor S. Marcus a guardare oltre il proprio dolore. Alzare il viso e sentire che ognuno di noi fa parte del tutto.

L’angoscia e la durezza della perdita non dovrebbero incapsularci nella sofferenza eterna. Dovremmo trascendere questi stati, e risvegliare la compassione, l’amore e l’affetto per tutto quello che ci circonda.

“(…) Questa illusione è una sorte di prigione. Ci limita ai nostri desideri personali e all’affetto per le poche persone che ci sono più vicine. Il nostro compito è quello di liberarci da questa prigione, allargando in centri concentrici la nostra compassione per abbracciare tutte le creature viventi e tutta la natura nella sua bellezza.”

-Albert Einstein, 1950-

Mani che tengono un fiore.

La compassione umana, la formula che dà senso alla vita

Albert Einstein accennò ci ricorda che non esistiamo separatamente. L’individualismo non ha significato o scopo in un mondo interdipendente, in un universo in cui siamo tutti parte di un tutto.

La compassione umana è il veicolo che ci permette di trascendere, di andare oltre noi stessi per raggiungere tutto quello che ci circonda.

L’umanità autentica è quella che guarda oltre le religioni, le ideologie, l’egoismo, le paure e i pregiudizi. Albert Einstein non fu l’unico a fornire una prospettiva quasi cosmica alla compassione umana.

Anche Carl Sagan scrisse in uno dei suoi libri che la compassione insieme all’intelligenza e alla tecnologia, unite per creare una vita significativa e rispettosa del pianeta, ci permetterebbero di toccare le stelle. Vale la pena ricordare le parole di queste due incommensurabili figure del mondo della fisica e dell’astronomia.


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