Allo stesso modo, ogni volta che usciamo in strada confidiamo nel fatto che nessuno ci farà del male , che i nostri amici rimarranno sempre tali, che la calma e l’equilibrio di ieri saranno presenti anche oggi nella nostra società, con le sue norme, con la sua armonia dentro il caos, il suo equilibrio dentro il rumore della vita quotidiana.
Se così non fosse, se percepissimo la nostra realtà attraverso una costante diffidenza, incertezza e paura, cadremmo in una specie di nevrosi spaventosa , in una serie di disturbi psicologici a causa dei quali non sarebbe possibile svolgere nessuna attività e, meno ancora, instaurare relazioni sane con altre persone.
La diffidenza ci “sconnette” dalla vita e ci lascia in un angolo di uno spazio buio, minaccioso, affatto comodo. Questo avviene per un semplice motivo: noi umani siamo esseri socievoli per natura, siamo fatti per legare con altri individui. Quando questo non succede o quando ci deludono o tradiscono, il nostro cervello interpreta ciò come una ferita reale, profonda e dolorosa…
La neuroscienza della fiducia
Molti anni fa Giacomo subì il peggior tradimento della sua vita. Il suo miglior amico, compagno di studi e collega nella stessa azienda, si aggiudicò come proprio un progetto a cui avevano lavorato insieme. È passato molto tempo da quell’aneddoto, e anche se molti continuino a consigliargli di perdonarlo e di andare avanti senza rancore, il nostro protagonista si sente incapace di farlo; per di più, da allora il suo carattere è diventato un po’ più chiuso, prudente e soprattutto diffidente.
Giacomo descriveva quell’amicizia come un ballo in aria tra due trapezisti . Avevano affrontato i rischi più grandi insieme e anche non poche sconfitte, eppure lui non aveva mai avuto dubbi: le mani di quell’amico erano sempre lì per raggiungerlo in aria dopo qualche piroetta. Finché, all’improvviso, lo lasciò cadere. Da quel momento il dolore ha continuato a farsi sentire in modo incisivo.
Tutte queste sensazioni si spiegano a livello neurologico attraverso una seria di processi concreti e rivelatori.
L’ossitocina
Proprio come ci rivelano numerosi esperti su questo tema, l’ossitocina sarebbe in realtà l’autentico collante delle nostre relazioni sociali. È essa che forma il vincolo della fiducia, è essa che ci fa essere generosi e che interpreta questi gesti come positivi e favorevoli.
Quando proviamo esattamente il contrario, il cervello interpreta ciò come una minaccia, favorendo il rilascio di cortisolo: l’ormone dello stress e dell’ansia.
La corteccia prefrontale mediale
Qualsiasi processo sociale al quale attribuiamo un valore positivo stimola immediatamente una precisa area del cervello: la corteccia prefrontale mediale . Quest’area del cervello è associata alle ricompense e alle emozioni positive. Inoltre, è anche la zona in cui consolidiamo molti di quei ricordi associati alle nostre relazioni per prendere decisioni riguardo ad esse.
Si è potuto notare che la qualità di tutti i processi basati sulla socializzazione positiva conformano un cervello più forte, con una minore sensazione di paura, di incertezza e di angosce esistenziali. Tuttavia, a volte basta vivere un tradimento come quello del nostro protagonista affinché parte di quest’attività neurobiologica si alteri completamente.
Le delusioni emotive, infatti, stimolano le stesse aree del dolore associate ad una sofferenza fisica. Tutto ciò ci porta senza ombra di dubbio a concludere che il comportamento prosociale più sincero e le relazioni di fiducia più intime sono fondamentali per il nostro benessere. Sperimentare il contrario ci fa vivere sconnessi dalla vita per un determinato periodo di tempo.
La fiducia: un atteggiamento nei confronti della vita
Tutti abbiamo provato in prima persona le emozioni che emergono da una delusione. Sappiamo che sapore ha e perché il nostro cervello interpreta questa mancanza di armonia come una scottatura, come la disgregazione di un bene prezioso che pensavamo fosse indistruttibile e duraturo. È normale sentirci umiliati e ancora peggio, pensare di essere i responsabili di un simile risentimento, dato che ci siamo fidati.
Ma siamo molto lontani dalla realtà. Lo sbaglio non sarà mai di chi si fida, poiché questa è la nostra natura, fidarsi è una necessità istintiva del cervello. L’errore, l’autentico risentimento risiede in chi tradisce, in quanto niente è tanto offensivo come rovinare un legame per i propri scopi, niente è tanto illogico come andare contro uno dei principi più basilari dell’umanità, come la convivenza, il rispetto verso il gruppo e verso le persone che si fidano di noi.
Tuttavia, c’è un principio fondamentale che non possiamo dimenticare. Al di là di come ci trattino alcune persone in certi momenti, dobbiamo essere capaci di guardare oltre. È necessario capire che la fiducia è un atteggiamento verso la vita in generale, non verso alcune persone in concreto che ci hanno fatto soffrire in un determinato momento del nostro passato. Vivere, avanzare e crescere implica assumere che, a volte, ci sono certi rischi, che quello che oggi sembra essere sicuro, domani può essere incerto.
La fiducia è una risposta, un atteggiamento verso il presente che ci permetterà di raggiungere un futuro più felice, più libero, più completo.