La storia del DSM: dubbi e validità

Per molti, quella del DSM è la storia di un fallimento. Nonostante ciò, in diverse parti del mondo questo manuale è ancora lo strumento principale per diagnosticare i disturbi mentali.
La storia del DSM: dubbi e validità
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 28 marzo, 2023

La storia del DSM, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, è la storia di come l’umanità sia riuscita a comprendere la mente umana.

Sebbene in molti paesi sia tutt’oggi il principale strumento diagnostico per i disturbi mentali, nel corso degli anni la sua diffusione è stata accompagnata da una serie di polemiche e da altrettanti interrogativi.

Una delle prime critiche al DSM, considerato da molti come la Bibbia della psichiatria, è che nonostante il nome non contiene statistiche. Viene messo in discussione anche il metodo attraverso il quale viene progettata la classificazione dei disturbi mentali.

Allo stesso modo, la storia del DSM è costellata da episodi che ne sminuiscono il carattere scientifico. Spesso i disturbi descritti vengono usati più per etichettare le persone che come principio di trattamento.

Quest’ultimo è di solito quasi esclusivamente farmacologico, il che suscita ulteriori critiche. Diamo uno sguardo più da vicino all’affascinante storia del DSM.

“Saremo all’inizio di qualcosa di nuovo o verrà imposta la cura con la ‘pillola magica’? La psichiatria verrà rifondata? Su quali basi? Ci attendono tempi interessanti”.

-Alejandro Garcia-

La storia del DSM: le origini

Il primo manuale sui disturbi mentali venne scritto negli Stati Uniti nel 1917 a opera dall’American Medical-Psychological Association, organizzazione che sarebbe poi diventata l’American Psychiatric Association (APA). Tuttavia, la prima versione del DSM, il DSM I, fu pubblicata solo nel 1952.

Uno degli aspetti più problematici in merito alla storia del DSM è che è stato diffuso subito dopo le atrocità della Seconda Guerra Mondiale, ovvero un momento storico in cui c’era un grande interesse per le società “pacifiche”. Non a caso, per redigere il manuale sono stati chiamati in causa un gran numero di psichiatri militari.

L’idea di classificare i disturbi mentali in modo così categorico è stata messa in discussione fin dall’inizio. Le critiche provenivano soprattutto dalla psicologia e dalla psicanalisi, entrambe caratterizzate da una visione più olistica.

Inizialmente, vennero classificati solo alcuni disturbi. In seguito, gli approfondimenti e le domande portarono a una seconda versione che comprendeva 36 patologie.

Il punto di svolta nella storia del DSM: l’esperimento Rosenhan

Un punto di svolta nella storia del DSM è sicuramente il famoso esperimento di David Rosenhan, che ha dimostrato che i criteri diagnostici erano estremamente imprecisi e rischiosi. In questo modo, veniva messa in discussione l’intera psichiatria.

Di fronte a un evento del genere, lo psichiatra Robert Spitzer lanciò un’offensiva per evitare di essere interrogato. Il risultato di questa controversia è stato il DSM III.

L’idea era quella di realizzare un manuale che rinunciasse completamente alla soggettività. Finora erano state incluse le possibili cause dei disturbi e alcune note sul trattamento, ma la terza versione eliminò ogni dubbio.

Adesso l’intenzione era quella di redigere un elenco completo dei disturbi e di raggrupparne i sintomi in maniera totalmente obiettiva.

Chi si sarebbe occupato di questo lavoro? Un gruppo di psichiatri americani. Come bisognava definire ogni disturbo e le sue caratteristiche? Attraverso un metodo molto “democratico”: il voto. Se vinceva la maggioranza, il disturbo veniva incluso nel manuale. In caso contrario, veniva escluso.

È interessante notare che nella commissione di voto erano ammessi solo gli psichiatri della scuola organicista. Lo scopo finale era rendere il Manuale adatto a livello universale, ovvero in tutte le culture e per tutti gli individui.

La versione finale conteneva 265 patologie cliniche. Non venne approvata solo la “sindrome del bambino atipico”, definita come “un bambino con sintomi indefinibili, ma atipici” (sic).

Il DSM oggi

La storia del DSM continua. Nel 1994 venne intrapresa la progettazione della quarta versione del manuale. L’obiettivo era, come sempre, quello di esprimere concetti più specifici con maggiore precisione, usando ogni volta un linguaggio più tecnico e meno ambiguo. Questa volta l’elenco comprendeva 404 patologie cliniche.

La quinta versione, uscita nel 2013, è stata la più controversa di tutte nella storia del DSM: ha ricevuto critiche da tutti i fronti. Per la sua realizzazione è stata spesa un’enorme quantità di denaro, in quanto un team di psicologi ha lavorato per 10 anni; pur così, il risultato è stato deludente, persino a detta gli stessi autori.

Questa versione include patologie cliniche discutibili come la “sindrome da rischio psicotico”, secondo cui alcuni indizi indicano che una persona in futuro potrebbe diventare psicotica. Gli esperti stimano che ciò potrebbe dare fino al 75% di falsi positivi.

Conclusioni

L’Organizzazione Mondiale della Sanità sconsiglia l’uso di questo manuale, in contrapposizione all’ICD-10 (Classificazione internazionale delle malattie), ma anche questa decisione non è priva di polemiche.

Non è nemmeno un caso che il National Institute of Mental Health (NIH) degli Stati Uniti abbia deciso di abbandonare la sua classificazione. L’ultimo capitolo della storia del DSM deve essere ancora scritto.


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  • Georgiopoulos, A. M., & Donovan, A. L. DSM-5: un sistema de diagnóstico psiquiátrico.


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