La teoria della mela marcia: i cattivi colleghi

Chiamiamo mele marce i colleghi di lavoro che fanno uso in modo costante della critica, della negatività e del sopruso. Con il loro comportamento contagiano l'intera struttura aziendale causando stress, sofferenza e scarsa produttività.
La teoria della mela marcia: i cattivi colleghi
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Secondo la teoria della mela marcia, in ogni organizzazione aziendale esiste un elemento in grado di influenzare negativamente gli altri con il suo atteggiamento o la sua personalità. La sua presenza non causa solo malessere, più giorni di mutua e infelicità nell’ambiente lavorativo, ma rappresenta anche un grave danno economico per l’azienda.

«Che posso dire? Ho assunto la persona sbagliata e ha distrutto tutto quello che avevo costruito in 10 anni». Queste sono le parole di Steve Jobs, riferite a John Sculley, amministratore delegato di Apple, a causa del quale dovette lasciare l’azienda di cui era cofondatore. Questo caso celebre non è l’unico. Secondo uno studio condotto dal gruppo Glassdoor, al 95% delle aziende capita di assumere almeno una mela marcia all’anno.

Com’è possibile? Può un’unica persona esercitare un influsso tale da alterare le dinamiche di un’intera organizzazione e generare un impatto tanto negativo? Gli esperti parlano di effetto domino. 

Esistono personalità così tossiche da essere capaci di minare il morale di un intero gruppo di lavoro. Ma questo non è tutto. In molti casi l’onda non arriva solo ai colleghi; anche i clienti possono risentire di un cattivo metodo di lavoro, dell’insuccesso o della presenza di figure negative. Vediamo altri dati su questo argomento.

Reclutare personale non è sempre facile per un’azienda; soprattutto quando i colloqui e i test di personalità non sono accurati nel prevedere le future prestazioni lavorative del candidato.

Tensione durante una riunione di lavoro

La teoria della mela marcia: una sola persona può destabilizzare un’intera organizzazione

La teoria della mela marcia è nota da anni, ma ancora oggi non siamo in grado di prevenire questo fenomeno. L’Università di Washington ha condotto un interessante studio nel 2007, diretto da William Felps.

Questa ricerca ha confermato che il comportamento negativo di un elemento può avere un’influenza enorme sull’intera struttura. E non solo, i problemi in ambito lavorativo spesso valicano i muri aziendali e raggiungono la sfera familiare e personale. I conflitti sul posto di lavoro non restano lì, li portiamo sempre con noi. L’impatto, pertanto, è notevole a ogni livello.

Se ci soffermiamo, ora, sulla personalità di chi assume il ruolo di “mela marcia”, in grado di contagiare i colleghi, è probabile che riconosciate alcuni dei seguenti comportamenti:

  • Elusione delle responsabilità, arrivando ad addossare il proprio lavoro agli altri.
  • Atteggiamento pessimista, disfattista ed estremamente critico verso tutto.
  • Bullismo, uso di comportamenti aggressivi con frequente ricorso all’intimidazione, la critica, il sarcasmo.
  • Comportamento disonesto fino all’illegalità, con uso di raggiri, ricatti, redazione di documenti falsi, etc.
Riunione di lavoro tra colleghi giovani

Perché le aziende non hanno filtri contro le mele marce?

Un aspetto che emerge dalla teoria della mela marcia è il seguente: le imprese hanno la consuetudine di assumere velocemente, ma di licenziare lentamente. Che cosa significa ciò? In molte organizzazioni il bisogno di coprire un incarico può forzare il processo di selezione che diventa rapido, ma inefficiente.

In alcuni casi l’urgenza induce a non tenere conto di valori importanti. A questo si aggiunge un altro aspetto essenziale: spesso i test di valutazione del candidato non permettono di intuire aspetti occulti della personalità o di prevedere comportamenti futuri una volta che l’elemento sarà inserito nel contesto lavorativo.

In molti casi, quindi, il selezionatore si lascia convincere dalle mere abilità, da un curriculum vasto, dai titoli o dall’esperienza, dal modo in cui si presenta il candidato e dall’assertività. Tuttavia, non sempre si ha il tempo necessario per approfondire le competenze trasversali, come la capacità di fare squadra, l’atteggiamento positivo, la sensibilità verso gli altri, l’autocontrollo e l’intelligenza emotiva.

La teoria della mela marcia, cesto di mele

Cosa fare quando il processo di selezione non filtra la mela marcia?

Come abbiamo detto all’inizio, in media ogni azienda si imbatte in una mela marcia all’anno. Se il processo di selezione fallisce, le conseguenze si fanno presto notare. Si crea un clima di lavoro tossico, i dipendenti si sentono frustrati e vivono sulla difensiva; compare lo stress e cominciano cali e problemi di produttività.

Come difendersi? In genere una situazione di questo tipo non si risolve in maniera rapida. Secondo la teoria della mela marcia, ci vuole tempo prima che l’azienda intervenga. I primi a soffrire di questo ritardo sono i colleghi. Come è comprensibile, non sempre è facile denunciare comportamenti di questo tipo o convincere la direzione a prendere provvedimenti.

Troppe aziende continuano a funzionare attraverso la verticalità e non l’orizzontalità. In altre parole, non sempre è presente una comunicazione diretta e flessibile tra impiegati e management. È questa gerarchizzazione aziendale a far perdurare le mele marce, facendo aumentare l’instabilità.

I colleghi tossici, invece, dovrebbero essere individuati prima possibile per il bene di tutta l’organizzazione. Una volta identificato il problema, si può avviare un piano di intervento, ad esempio migliorandone la capacità di lavorare in gruppo. Se questo non funziona, si può spostare la persona a una posizione meno interattiva e, come ultima possibilità, si dovrà procedere al licenziamento. In qualunque caso, si tratta di una situazione che richiede azioni decise, rapide ed efficaci. La passività crea soltanto  degrado, da cui derivano gravi perdite.


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