L'arte di non amareggiarsi la vita
“L’arte di non amareggiarsi la vita” di Rafael Santandreu (psicologo spagnolo) è un libro con cui si impara molto, con cui è possibile crescere come persona.
Questo testo si basa sulla terapia razionale emotiva del famoso psicoterapeuta Albert Ellis, ma viene espressa in modo più radicale e profondo. Può essere la torta in faccia di cui si ha bisogno in alcuni momenti della propria vita, il modo per aprire gli occhi su molti aspetti della propria esistenza.
“L’arte di non amareggiarsi la vita” non è il tipico libro di auto-aiuto che presenta quello che si vuole- o di cui si ha bisogno- leggere per stare bene.
È un libro il cui intento principale è rendere forte a livello emotivo. Consiste nel pulire lo sporco degli occhiali, quelli che sono tanto sporchi da distorcere l’autentica realtà, creandone una soggettiva basata sui propri credi irrazionali di persona e provocando un importante malessere emotivo.
Quando si parla di convinzioni irrazionali, gli psicologi si riferiscono ad affermazioni, valutazioni e verità soggettive che le persone formano fin dalla più tenera infanzia su se stesse, sugli altri e sul mondo.
È il modo in cui si interpreta quello che succede, sono le lenti dei nostri occhiali. Se gli occhiali sono puliti, avremo convinzioni razionali, basate sulla ragione e sulla realtà e saremo accompagnati da emozioni sane.
Se sono sporchi, invece, ospiteremo convinzioni irrazionali, false, che non corrispondono alla realtà, che non ci aiutano a raggiungere i nostri obiettivi, che provocano una grande sofferenza alla persona. Nonostante ciò, per chi le possiede, si trasformano in verità assolute ed indiscutibili ed è allora che sorgono i problemi emotivi.
Il libro ci insegna, quindi, come diceva già Epitteto, che non sono le situazioni che ci provocano sofferenza emotiva, bensì quello che siamo, con le nostre convinzioni e l’autodialogo interno.
Abbiamo la tendenza a pensare che ci sia una relazione diretta tra situazione ed emozione, ma se così fosse, reagiremmo tutti allo stesso modo dinanzi alle stesse situazioni e possiamo verificare che non è così. L’equazione, quindi, è più complessa che situazione-provoca-emozioni.
C’è un ingrediente intermedio che sono le convinzioni ed i pensieri. Che bella notizia! Se con i miei pensieri creo i miei turbamenti, io stesso ho il potere di sentirmi bene! Dipende tutto da me!
Nel libro si può scoprire che alcune di queste convinzioni sono esigenze verso se stesso, verso gli altri e verso il mondo, necessità di cui in realtà non ha bisogno nessuno o paure rispetto a quello che può accadere o ci è già accaduto.
Quando crediamo di aver bisogno di quanto in realtà non ci è necessario per sopravvivere, come l’approvazione degli altri, del successo, di un partner che non ci vuole, del lavoro dei nostri sogni, ci provochiamo moltissima ansia; se non lo otterremo, ci sentiremo dei disgraziati, e se lo otterremo, saremo sempre angosciati per la possibilità di perderlo, quindi non potremmo godercelo.
Non ci rendiamo conto che l’unica cosa davvero necessaria sono i viveri e un tetto sotto cui abitare. Se abbiamo queste due cose, possiamo godere della vita. Le altre necessità sono una trappola, cose di cui crediamo di aver bisogno, ma è una bugia.
Quando siamo affetti da “paurite” tendiamo a valutare tutto quello che ci succede come terribile, insopportabile, catastrofico, immaginiamo il peggio. Qualcosa che forse potrebbe essere considerato come “un po’ negativo” lo classificheremmo automaticamente come “terribile” senza l’intervento di un processo di ragionamento, per cui, come è evidente, ci provocheremo emozioni in accordo a questo modo di processare la realtà: ansia e depressione.