Una mezza verità sarà, prima o poi, una bugia intera

Una mezza verità sarà, prima o poi, una bugia intera

Ultimo aggiornamento: 14 giugno, 2017

Non c’è peggior codardo di quello che fa uso costante delle mezze verità. Perché chi coniuga la verità con la falsità, prima o poi, evidenzia la bugia completa, perché gli inganni camuffati da buone maniere sono nocivi ed estenuanti, inoltre tendono a salire a galla, così come le bugie complete.

Diceva Unamuno nei suoi testi che non c’è uno stupido buono, che tutti, a modo loro, sanno cospirare ed utilizzare efficaci stratagemmi per coglierci di sorpresa. Se c’è qualcosa che abbonda nella nostra società non sono precisamente gli stupidi né gli ingenui. La bugia incompleta o la mezza verità è la strategia più familiare che è possibile individuare in quasi tutti i nostri contesti, soprattutto nelle sfere della politica.

Fare uso delle mezze verità o delle bugie con molte gambe corte offre a chi le utilizza la sensazione di non star facendo nulla di male, di essere esente dalla responsabilità che ha verso l’altro. Sembra che la pietà per omissione esoneri dalla responsabilità; è come chi ci dice “ti amo tantissimo, ma ho bisogno di tempo” o “apprezzo molto come lavori e valorizziamo tutti i tuoi sforzi, ma dobbiamo sospendere il tuo contratto per qualche mese”.

La verità, anche se fa male, è qualcosa che tutti preferiamo e di cui, allo stesso tempo, abbiamo bisogno. È l’unico modo con cui possiamo avanzare e radunare le forze per mettere in atto le strategie psicologiche adatte con cui voltare pagina, per smascherare le falsi illusioni mettendo da parte la mancanza di certezza e, prima di tutto, l’instabilità emotiva che deriva dal non sapere.

L’amaro sapore delle mezze verità

Per quanto possa sembrare strano, le bugie e la loro analisi psicologica costituiscono un tema su cui si è reticenti. Freud parlo appena di questo argomento, perché fino ad allora, era un aspetto relegato alla sfera dell’etica e persino della teologia e della sua relazione con la morale. Tuttavia, dagli anni ’80 gli psicologi sociali iniziarono ad interessarsi e a studiare a fondo il tema dell’inganno e di tutta l’interessante fenomenologia ad esso associata per confermare una cosa che lo stesso Nietzsche aveva già detto a suo tempo: “la bugia è una condizione di vita”.

Sappiamo che può sembrare desolante, perché nonostante ci sensibilizzino sin da bambini sul bisogno di dover dire sempre la verità, poco a poco e a partire dai 4 anni ci rendiamo conto che ricorrere alla menzogna, spesso, vuol dire ottenere certi benefici. Un ulteriore aspetto che ci risulta chiaro precocemente è che una falsità diretta e senza aroma di verità quasi mai è redditizia a lungo termine.

D’altro canto, come ci ha dimostrato il professore Robert Feldman della facoltà di psicologia dell’Università del Massachusetts, molte delle nostre conversazioni più quotidiane sono intrise di queste stesse verità incomplete. Tuttavia, il 98% di esse è inoffensivo, non è nocivo ed è persino funzionale (come dire ad una persona con cui abbiamo molta fiducia “che stiamo bene, che andiamo avanti con questo e quell’altro”, quando, in realtà, stiamo attraversando un momento complicato).

Il 2% restante, invece, rappresenta questa mezza verità camuffata, questa perversa strategia nella quale la fallacia della mezza verità esercita un inganno espresso per omissione. Da esso, inoltre, la persona vuole uscire indenne giustificandosi con l’idea che, dato che la sua bugia è incompleta, non vi è offesa.

La bugia dinanzi all’onestà

È possibile che molti di noi siano stati alimentati per diverso tempo con queste mezze verità che, in fin dei conti, sono bugie complete. Forse ci hanno regalato anche bugie “innocenti” o ci hanno ripetuto più volte la stessa menzogna con la speranza che la accettassimo come verità. Tuttavia, prima o poi, questa bugia finisce per venire a galla come un tappo di sughero nell’acqua.

Spesso si ricorre a due diverse giustificazioni a tale atteggiamento: che è tutto relativo o che “nessuno può andare in giro dicendo sempre la verità”. Tuttavia, l’ideale è praticare e, al tempo stesso, esigere onestà. Mentre la sincerità e la franchezza vengono associate all’obbligo assoluto di non mentire, l’onestà ha una relazione molto più intima, utile ed efficace con il proprio essere con gli altri.

Parliamo, prima di tutto, di rispetto, di integrità, di essere genuini, coerenti e di non ricorrere mai a questi stratagemmi nei quali si distilla la codardia con l’aggressione celata. Dobbiamo comprendere, dunque e per concludere, che non vi è menzogna più nociva della verità camuffata e che per convivere in armonia e rispetto, niente è meglio dell’onestà. Una dimensione che, a sua volta, ha bisogno di un altro pilastro indiscutibile: la responsabilità.


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