Provare invidia è tossico per sé e per gli altri

L'invidia, accompagnata dall'autoinganno, è un sentimento che può provocare un consistente logorio emotivo. In questo articolo proponiamo il parere degli esperti al riguardo.
Provare invidia è tossico per sé e per gli altri

Ultimo aggiornamento: 30 maggio, 2020

La storia dell’umanità ci dimostra che siamo esseri sociali. Dalla comparsa dei primi ominidi allo sviluppo delle diverse specie, gli uomini e le donne si uniscono per vivere insieme. Il nostro ambiente emotivo è alla base del funzionamento delle reti sociali. In quest’ottica, provare invidia è naturale? Cercheremo di dare una risposta nelle prossime righe.

La scoperta del fuoco non solo ha permesso di poter vedere nelle notti buie, di proteggersi dal freddo o di cuocere la carne. Ha anche prodotto l’usanza degli incontri intorno a un falò favorendo il contatto, la vicinanza, gli sguardi e la nascita dei primi gutturalismi come forma primitiva di dialogo.

La vulnerabilità e la resilienza(la capacità di rialzarsi di fronte alle avversità) sono costruzioni che acquistano significato in questo contesto. Danno vita a una coreografia che si muove dalla stabilità all’instabilità più dirompente e, naturalmente, al cambiamento. E non solo questo, portano le persone a sviluppare delle azioni in base ai diversi significati attribuiti agli eventi che si verificano nella loro esperienza della vita. Ma perché è possibile provare invidia in una dinamica simile? Scopriamolo…

Amici che parlano in un bar

I giochi della comunicazione

È in questa coreografia che si sviluppano diversi giochi di comunicazione: gli stili di personalità, le caratteristiche di ciascun interlocutore, la forma dell’espressione verbale, paraverbale o non verbale; il contesto in cui si svolge il dialogo e il contenuto della conversazione.

All’interno della comunicazione umana, pertanto, coesistono giochi interazionali nutrienti e affettivi, così come quelli che possiedono estrema tossicità.

Quando due persone tentano di comunicare, subentrano delle regole di comunicazione che si sviluppano man mano che il dialogo si evolve. Tuttavia, quando il numero degli interlocutori aumenta, cresce anche la complessità, e il tutto è maggiormente esposto a incomprensioni.

Tra questi giochi, quelli triangolari (costituiti da tre persone) si rivelano letali. Si stabiliscono alleanze che si trasformano in una coalizione contro il terzo. I famosi due contro uno, in cui il terzo dovrà sopportare la segregazione e il discredito degli altri due: rabbia, abuso, insulti, manipolazioni, ironia, provocazioni, etc. Si tratta indubbiamente di un gioco tossico.

Un esempio di una relazione a tre è la gelosia. La relazione a due è ostacolata da un terzo reale o immaginario, per cui uno dei due si sente declassato, in quanto ritiene che il partner mantenga determinati rapporti di tipo affettivo con un’altra persona. Tale dinamica genera angoscia, colpa, aggressività, rabbia, disperazione e altri sentimenti tossici.

Provare invidia, anatomia di un peccato capitale

Provare invidia e tra gli scenari peggiori. Il cattolicesimo, di fatto, considera l’invidia come uno dei sette vizi capitali insieme a lussuria, gola, accidia, avarizia, superbia e ira.

Questo sentimento oscuro si scatena quando i successi e i risultati di una persona conosciuta o meno mostrano all’invidioso la sua incapacità o attitudine di raggiungere quel risultato.

Questi, pertanto, mette in atto una serie di strategie di squalifica nei confronti dell’invidiato nel tentativo di distruggerlo. Si sente talmente piccolo, talmente impotente di fronte al successo altrui, che sente il bisogno di insidiarlo per sminuirlo e lasciarlo in ginocchio per potersi sentirsi superiore.

Ebbene, provare invidia non significa solo desiderare ciò che hanno gli altri. La vera invidia è contraddistinta dal desiderio che la persona invidiata non possieda ciò che ha, che il suo successo non sia reale.

Così intesa, si può concludere che l’invidia è la madre del risentimento, un sentimento che non desidera che all’altro vada meglio, ma piuttosto il contrario. L’invidioso diventa il satellite dell’invidiato e tiene dentro di sé il suo dolore, giacché se lo esprimesse dichiarerebbe la sua inferiorità.

L’invidia è il sentimento di disprezzo perché non si ha qualcosa, ma anche il desiderio di possedere quel qualcosa fino al punto di privarne l’altro.

Invidia sul lavoro

Il ruolo della persona invidiata

Spesso la persona invidiata non è nemmeno al corrente dei sentimenti dolorosi dell’invidioso. Nessuno dice “Ti invidio!” La persona invidiosa cerca di nascondere le proprie emozioni e preferisce non mostrare il proprio limite e operare con sarcasmo e svalutazione nei confronti del successo altrui. Esprimere o manifestare l’invidia sarebbe già un segno di salute.

In ambito professionale, quando il capo invidia un sottoposto (il superiore sull’inferiore), i comportamenti invidiosi sono più complessi e intricati, soprattutto quando il sottoposto è carino, attraente e intelligente, tutte virtù che agli occhi dell’invidioso risultano amplificate.

Una delle strategie dell’invidioso è quella di sottolineare che i successi dell’invidiato sono dovuti a conoscenze politiche, perché frequenta un superiore o perché dietro il suo aspetto di persona intelligente, nasconde un dramma familiare. Ad esempio, un calciatore invidioso non perde l’opportunità di criticare lo stile di un collega o anche di dargli un bel calcio facendolo sembrare un incidente.

L’invidia comporta il non rispetto della distanza o della vicinanza emotiva. Inoltre, l’invidia tra amici o fratelli rappresenta una doppia scommessa su tali sentimenti oscuri. Provare invidia innesca il desiderio che l’avversario della persona invidiata vinca il premio, giochi meglio, venga scelto per un lavoro o superi un esame.

Provare invidia in questo modo è qualcosa di lascivo e traditore; perché mentre l’invidioso finge di essere felice per i risultati dell’amico, alle spalle desidera profondamente che fallisca. Dietro i suoi complimenti, dunque, si cela un desiderio di distruzione.

La gioia maliziosa

L’invidia è legata a un atteggiamento malizioso, disonesto e immorale, sentimenti che sono alla base delle strategie per annientare l’invidiato. La persona invidiosa cerca in tutti i modi di convincersi che il successo della persona invidiata non è tale e svaluta e sminuisce sia la persona che il contenuto del suo successo. Potrebbe dire: «ha più fortuna che capacità», «non è poi così intelligente come sembra»; «sicuramente il suo successo durerà poco…» o «è tutto fumo e niente arrosto!».

Se l’invidioso arriva a convincersi di quanto dice sull’invidiato, inganna se stesso e ciò probabilmente lo fa sentire meglio, sebbene non si tratti di un autentico benessere.

Tuttavia, l’epicentro della gioia dell’invidioso risiede nel fallimento della persona invidiata, se questa non porta a compimento i suoi progetti, se ottiene disapprovazione, cade in depressione, le viene rifiutata la pubblicazione di un articolo; preferiscono un collega di lavoro o una qualsiasi situazione che ne mostri la sconfitta.

Provare invidia porta spesso all’autoinganno.

L’autoinganno

In questi casi, i desideri silenziosi dell’invidioso si avverano ed ecco che si sente al di sopra dell’invidiato, perché si vede superiore e recupera la sua scarsa autostima (sebbene si tratti di una falsa valutazione personale, non autentica e profonda). Questo gongolare e provare gioia per il fallimento altrui prende il nome di gioia maliziosa.

Uno degli atteggiamenti più manipolatori dell’invidioso – come segno della sua falsità e ironia – si esprime quando il nemico, triste per il suo fallimento, gli si avvicina amichevolmente e in pieno godimento interiore. Si mostra addolorato e offre parole di conforto: «Che peccato che sia andata male… » o «è terribile, non sai quanto ti capisco».

Quando una persona prova invidia, è invasa da un sentimento irrefrenabile e incontrollabile: parla male dell’invidiato o cerca di cagionargli qualunque tipo di danno negandogli qualcosa, emarginandolo, calunniandolo, offendendolo; abusandone psicologicamente o fisicamente, utilizzando il sarcasmo, la beffa, l’ironia o i doppi sensi.

Donna invidiosa

Provare ammirazione piuttosto che provare invidia

Anche se non siamo invidiosi cronici, sicuramente in qualche momento della vita abbiamo provato questa emozione, poiché è profondamente radicata nella natura umana.

Ebbene, dietro l’invidia, si nasconde una persona con poca autostima che, invece di dar valore a se stessa, si prende la briga di disprezzare gli altri per sentirsi meglio. Tuttavia, questa forma precaria di valutazione non conduce da nessuna parte in termini di autostima, bensì rafforza solamente la svalutazione.

La verità è che se una persona invidiosa si rendesse conto del suo vero problema, probabilmente smetterebbe di provare invidia. È davvero incredibile come un sentimento così complesso come l’invidia possa essere più forte dell’ammirazione per l’altro.

Quest’ultimo è un sentimento nobile e pulito, un modo sano per valorizzare ed evidenziare i risultati del partner, dell’amico, del parente. Permette di esprimerlo e di farglielo sapere. È anche un sentimento facile, semplice, non complesso; ma per provarlo dobbiamo stare bene con noi stessi, dobbiamo stimarci ed essere disposti a valutare positivamente i risultati altrui.

L’ammirazione ci permette di chiedere all’altro cosa ha fatto per ottenere quel risultato e ottenere così la formula del successo.


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