Sentire la mancanza: vuoti che fanno male

La mancanza è più di semplice nostalgia. A volte il peso di determinate assenze crea una profonda ferita attraverso la quale il presente scivola via. Sono vuoti che non sappiamo bene come colmare e che mettono un limite al nostro istinto di voler essere felici ancora una volta.
Sentire la mancanza: vuoti che fanno male
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Sentire la mancanza è come un errore di ortografia nel cuore che raramente può essere corretto. E questo perché ci sono mancanze che fanno più male di altre, che pesano sulla memoria al punto da creare un vuoto attraverso cui fuggono via illusioni e benessere. La mancanza di qualcuno va ben oltre la nostalgia, visto che molto spesso non è facile trovare sollievo dalla ferita dell’assenza.

Risulta curioso il fatto che, a volte, nella pratica clinica le persone tendano a descrivere se stesse non per quello che fanno, non per ciò di cui si occupano nella propria vita o parlando di quelle caratteristiche che le definiscono. C’è chi, quando gli viene chiesto di fare una descrizione di se stesso, non esita a elaborare frasi come “sono una persona che ha persona sua madre a dodici anni” oppure “non sono niente da quando il mio partner mi ha lasciato/a, otto mesi fa”.

In un certo senso, l’assenza ci definisce. Ciò che ci manca traccia un segno profondo che delimita il nostro modo di essere. Non è facile, dunque, vivere, quando nella nostra mente risiede solo la sensazione persistente di una mancanza, di blocco costante che ci impedisce di vedere al di là della perdita e che ci dà l’opportunità di percepire noi stessi in un altro modo.. Come persone capaci di creare realtà più felici e soddisfacenti.

 Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è esserci seduto accanto e sapere che non l’avrai mai.

-Gabriel García Márquez-

Una foglia al sole.

Sentire la mancanza: perché fa così male?

Sentire la mancanza è una caratteristica fondamentale dell’essere umano. Inoltre, se c’è una cosa in cui il nostro cervello esagera è volgere lo sguardo allo specchietto retrovisore della mente per alimentare la nostalgia.

E ciò è talmente vero che studi come quello condotto presso la Duke University dal Dottor Laurence Jones ci dicono che il cervello è più nostalgico che proattivo. Vale a dire che sembra che trascorriamo più tempo evocando ricordi che concentrandoci sul qui e ora.

Un qualcosa di per sé normale, può, in alcuni casi, arrivare a diventare malsano. Stiamo parlando di quegli stadi per i quali sentire la mancanza di qualcuno diventa una costante, un’ossessione al punto da non riuscire a concentrarsi su altro che non sia quell’assenza. Il desiderio di qualcosa a volte può essere un atto doloroso, che può portarci a stati di elevata vulnerabilità psicologica.

Inoltre, esperti del tema come il dottor Donald Catherall della Northwestern University di Chicago, affermano la presenza di due circostanze che di solito sono più traumatiche in termini di perdita.

Una perdita durante l’infanzia: assenze eterne

Perdere uno dei genitori da bambini è una profonda ferita nell’essere umano. Dunque, non solo la morte incide un segno traumatico che è un ricordo molto difficile da gestire; anche l’abbandono ha lo stesso effetto. In entrambi i casi il bambino è in uno stato di profonda fragilità emotiva, dalla quale non è facile che si riprenda.

Di fatto, molto spesso si arriva all’età adulta con addosso il peso di quell’assenza. Il vuoto lasciato da un padre o da una madre non crea solo una ferita, bensì definisce anche un’impronta quasi permanente, in cui la persona ha quell’eterna sensazione di mancanza.

Quell’esperienza scatena spesso il tentativo di riempire quel vuoto con rapporti di dipendenza, o con l’abuso di sostanze stupefacenti, o ancora, con disturbi del comportamento alimentare.

Macchina fotografica.

Sentire la mancanza di un partner

La mancanza di un amore perduto è senza dubbio una delle realtà più comuni. Si tratta di un dolore poliedrico, in un cui tutte le sfaccettature hanno un elemento in comune: la sofferenza. Bramiamo la felicità di un tempo, sentiamo la mancanza dell’amante, dell’amico, di chi è stato il nostro confidente e di qualcuno a cui avevamo dedicato la nostra vita.

Chiudere una relazione significa lasciare andare quelle dimensioni che tanto ci mancano. Inoltre, sono dinamiche che ci definivano, facevamo parte della vita di qualcun altro e da un giorno all’altro siamo costretti a dire addio a tutto questo per reinventarci. E una cosa simile non è facile quando il desiderio e la nostalgia pesano.

Inoltre, un qualcosa che di solito facciano in questi casi è idealizzare. Idealizziamo chi non è più con noi, alimentando così una falsa immagine che complica ancora di più il nostro dire addio a quei ricordi per smettere di aggrapparci al passato.

Cosa possiamo fare per trovare sollievo dal ricordo di quei vuoti nelle nostre vite?

Alfred de Musset, drammaturgo francese del XIX secolo, diceva che sia l’assenza che il tempo non contano più nulla quando si torna ad amare. Ebbene, non stiamo dicendo che l’unica risposta alla domanda “come smettere di sentire la mancanza di qualcuno” sia cercare nuovi amori. In realtà, la cosa è più semplice: cercare nuove passioni e attribuire nuovi significati alla nostra realtà.

Innanzitutto, un aspetto di cui tenere conto è che non smetteremo mai di sentire la mancanza di ciò che abbiamo amato. Che sia un parente, un amico o un amore che ci siamo lasciati alle spalle, nessuna di queste figure svanirà nella nostra mente fino a svanire del tutto. Il ricordo sarà sempre lì, ma smetterà di fare male.

In alcuni casi, dietro la mancanza costante c’è quel desiderio, quell’esigenza di recuperare o di tornare ad avere ciò che un tempo ci rendeva felici e ci faceva sentire al sicuro. Dunque, dobbiamo accettare che ciò che se ne è andato.. non può tornare nella stessa forma. Non è sano vivere di nostalgia; la felicità si nutre di realtà immediate e, proprio per questo, dobbiamo sostenerla creando nuove illusioni, tenendo lo sguardo fisso sul qui e ora.

La mancanza non è un male, desiderare troppo ciò che era un tempo, lo è. Dobbiamo essere in grado sia di trovare nuovi significati alla nostra realtà, cercando nuove motivazioni, nuove mete con le quali scendere dal treno del passato per abbracciare il presente. Almeno, proviamoci.


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  • Jones, L. (2008). The Future of Nostalgia. Common Knowledge14(1), 164–164. https://doi.org/10.1215/0961754x-2007-050
  • Levy, D. (1937) Primary Afect Hunger. American Journal of Psychiatry . 94: 643-652.

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