Smettere di parlare a qualcuno come punizione

Smettere di parlare a qualcuno come punizione
Gema Sánchez Cuevas

Revisionato e approvato da la psicologa Gema Sánchez Cuevas.

Ultimo aggiornamento: 20 marzo, 2023

Talvolta il silenzio viene usato come punizione. Smettere di parlare a qualcuno è una strategia a cui molte persone ricorrono per “esprimere” rabbia, disapprovazione o per rimproverare qualcuno. Quanto è efficace questo metodo per superare un problema o affinché una persona cambi? Perché scegliere di non parlare quando il rancore ti arde dentro?

Instaurare un dialogo con qualcuno non sempre è facile, soprattutto quando c’è di mezzo un conflitto, che sembra non avere alcuna soluzione. Tuttavia, se invece di affrontare direttamente l’argomento si sceglie di non rivolgere più la parola all’altro, si crea solo tensione  aggiuntiva. Alla controversia irrisolta si aggiunge un limbo che può arrivare a essere una vera e propria incubatrice di veleno.

“Parla se vuoi che io ti conosca”.

-Socrate-

Molti, tuttavia, non hanno alcun interesse a risolvere il conflitto mediante il dialogo. In fondo, vogliono che l’altro si sottometta al loro punto di vista, dunque utilizzano il silenzio  come punizione, affinché ceda. In definitiva, si tratta di un atteggiamento infantile e l’aspetto peggiore è che non porta a niente, se non a una mera gratificazione egoistica.

Punire con il silenzio: i motivi

Ci sono molte argomentazioni che difendono l’idea  per cui smettere di parlare a qualcuno sia giusto. In fondo, però, lo scopo a cui si mira è punire la persona e farle capire la propria disapprovazione senza dover parlare. Ma perché non dirlo, invece di affidarsi al silenzio? I motivi principali forniti da chi optano per questo strumento sono:

  • Preferisco smettere di parlare con una persona piuttosto che essere coinvolto in una discussione in cui ci si scambiano insulti.
  • Questa persona non mi ascolta. Le ho già chiesto di cambiare, ma non ho ottenuto alcun risultato. E allora è meglio non dire niente, anche perché… a che pro?
  • Deve chiedermi scusa per ciò che mi ha fatto (o mi ha detto, o non ha fatto, o non ha detto). Finché non l’avrà fatto, non le parlerò.
  • Perché parlare se poi tanto ci ritroviamo al punto di partenza? Meglio interrompere la comunicazione e vedere se capisce che non ho intenzione di cedere.

In tutti i casi si afferma che il silenzio è l’opzione migliore per veicolare il conflitto. Per un motivo o per l’altro, la parola si è rivelata inefficace. Si decide, dunque, di smettere di parlare a qualcuno affinché questo venga inteso come punizione e , di conseguenza, l’altro riconsideri il suo atteggiamento.

Smettere di parlare a qualcuno è aggressivo

Un silenzio può avere una moltitudine di significati, alcuni dei quali davvero violenti. Smettere di parlare a qualcuno corrisponde ad assumere un comportamento passivo-aggressivo. Questo significa che si sta attaccando l’altro, ma in modo implicito. La maggior parte delle volte, questo atteggiamento risulta altrettanto o addirittura più nocivo dell’aggressione diretta, perché il silenzio rappresenta un vuoto suscettibile a qualsiasi interpretazione.

Per chi smette di parlare a qualcuno, le ragioni sono chiare. C’è anche un’aspettativa ben definita riguardo all’epilogo al quale tale situazione deve condurre.

Ma a tutti coloro che utilizzano tali stratagemmi dovremmo chiedere: siete sicuri che l’altro comprenda davvero il significato del vostro silenzio? Sareste pronti a scommettere che il modo migliore affinché cambi, o faccia ciò che voi desiderate, sia attaccarlo con la mancanza di dialogo?

Il silenzio aumenta la distanza. E la distanza non è solita essere un buon alleato per la comprensione o per restaurare legami rotti o danneggiati. Viceversa, aumenta ulteriormente il divario.

D’altro canto, smettere di parlare con qualcuno può funzionare momentaneamente. Si infligge la punizione e l’altro reagisce: torna per scusarsi, promettere di cambiare o fare ciò che noi desiderate. Tuttavia, a lungo termine, finisce per incubare piccoli rancori che possono crescere. È raro che il silenzio attenui il conflitto di fondo o che ceda il passo alla sua risoluzione, piuttosto si limita a occultarlo.

Gli usi positivi del silenzio

È anche vero che a volte è meglio tacere. Quando siamo molto esaltati, per esempio. L’ira porta ad esagerare e a voler ferire l’altro, anziché indurre ad esprimere davvero quello che si pensa o prova. Partendo da questi presupposti, non c’è niente di meglio che smettere di parlare per riacquistare il proprio contegno. In tali circostanze, si tratta di una decisione intelligente.

Viceversa, come abbiamo già detto, smettere di parlare per punire o affinché l’altra persona “si arrenda” raramente porta buoni risultati. A volte dobbiamo affrontare la sfida che presuppone esprimere la nostra ira o arrabbiatura, senza però ferire l’altro. La soluzione non consiste nello smettere di parlare, bensì nel cercare e trovare i mezzi per gettare dei ponti verso la comprensione. L’assenza di parole può far cedere l’altro, ma questo non significa che il conflitto scompaia. D’altro canto, può anche succedere che ciò non accada e che quella che all’inizio era una palla di neve sfoci in una valanga.

Forse basterebbe cercare delle condizioni di dialogo migliori, oppure un modo diverso di esprimere la nostra disapprovazione. Rendere l’ambiente routinario più caloroso e amorevole contribuisce a rinvigorire la comunicazione, a volte. Parlare col cuore, attenendosi sempre ai propri sentimenti, a ciò che proviamo noi e non a ciò che si crede provi l’altro, è una formula che non guasta mai. Proviamoci.


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