Sposiamo i nostri genitori?

E voi... Cercate partner che abbiano caratteristiche che vi ricordano vostro padre o vostra madre? A volte, in realtà, preferiamo il contrario: persone che non assomigliano per niente ai nostri genitori.
Sposiamo i nostri genitori?
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 13 febbraio, 2023

Si dice spesso che da adulti “sposiamo” i nostri genitori. Cerchiamo spesso nel partner tratti e abitudini che ricordano i propri genitori.

In psicologia le due teorie più note che spiegano questo fenomeno sono il complesso di Elettra e il complesso di Edipo. Ma fino a che punto è vera questa idea?

Abbiamo davvero un filtro che ci guida verso un profilo e non un altro sulla base degli infantili interiori? C’è un fatto innegabile: da bambini sviluppiamo una narrazione inconscia sull’affetto e le relazioni in base a come ci trattano i nostri genitori. Ciò può condizionare in molti modi.

Tra questi, ripetere lo stesso schema nella vita adulta perché è quello che conosciamo di più, quello che ci dà rinforzi e fiducia. Se nostro padre o nostra madre sono sempre stati quel supporto quotidiano per cui ci siamo sentiti accettati, capiti e protetti, è ovvio che cercheremo lo stesso.

Tuttavia, cosa succede quando il legame con i genitori è stato traumatico? Ricerchiamo le stesse figure emotivamente dannose anche in età adulta? Lo analizziamo.

Il tipo di attaccamento sviluppato durante l’infanzia ha un’influenza diretta sul tipo di partner che cerchiamo.

Coppia arrabbiata in soggiorno che pensa di sposare i propri genitori.
Le nostre paure e bisogni in campo affettivo sono spesso condizionati dal rapporto che abbiamo avuto con i nostri genitori.

Sposiamo i nostri genitori, è proprio così?

È comune e normale provare un certo rifiuto all’idea secondo cui sposiamo nostro padre, nel caso delle donne, o nostra madre, nel caso degli uomini. Tuttavia, se analizziamo psicologicamente questo ragionamento, scopriremo che ci sono prove a sostegno.

Per cominciare, le prime relazioni con i genitori creano copioni o modelli sulle relazioni interpersonali. Diamo veridicità a ciò che vediamo e al tipo di amore che ci offrono quelle prime figure di attaccamento. Le dinamiche infantili ci segnano, ci modellano e ci condizionano in modo profondo.

D’altra parte, come possiamo ben supporre, la teoria psicoanalitica ha convalidato l’idea che le persone scelgono partner romantici con tratti simili ai loro genitori. Lo studio di ricerca condotto presso la State University di New York, per esempio, rafforza questa ipotesi.

Tuttavia, lungi dal dare credito alle sindromi di Edipo o di Elettra, dobbiamo soffermarci sui diversi tipi di attaccamento. Non cerchiamo, di fatto, partner che assomiglino fisicamente ai nostri genitori, bensì che offrano la medesima sicurezza emotiva.

In alternativa, cerchiamo compagni che sappiano offrirci quell’amore che i genitori non hanno saputo o voluto donarci.

L’attaccamento sviluppato determina il tipo di amore di cui pensiamo di aver bisogno

Se siamo cresciuti con un padre freddo e assente, probabilmente cercheremo relazioni che ci diano costante conferma, affetto e sicurezza. Non sempre “sposiamo” i nostri genitori, a volte cerchiamo partner che adempiano ai compiti emotivi che hanno disatteso.

Le attenzioni ricevute durante l’infanzia plasmano un modello di amore di cui pensiamo di aver bisogno. Così, i bambini cresciuti con genitori amorevoli e in costante armonia con loro, diventano adulti con buona autostima e fiducia in se stessi.

In altre parole, l’attaccamento sicuro consente di instaurare relazioni soddisfacenti senza la costante paura del rifiuto o della solitudine. Se da bambini si è amati e rispettati, da adulti si cercano territori affettivi che forniscano le stesse dinamiche relazionali.

Siamo inconsciamente attratti da ciò che ci è familiare e noto.

A volte cerchiamo l’opposto eppure soffriamo lo stesso

Uno dei nostri genitori potrebbe essere morto; è anche possibile che uno o entrambi i genitori ci abbiano trascurato. In questi casi è comune sviluppare un attaccamento ansioso: abbiamo bisogno di figure che colmino le enormi lacune in materia affettiva.

Eppure, invece di ottenere ciò, falliamo e sperimentiamo lo stesso dolore, lo stesso senso di mancanza… Com’è possibile? Ancora una volta, la verità è che non sposiamo i nostri genitori, bensì cerchiamo dei sostituti delle figure di riferimento.

E in quel susseguirsi di delusioni in materia affettiva, c’è qualcosa che non notiamo. Come sottolinea il Dottor Kim Bartholomew in uno studio di ricerca, le persone con attaccamento ansioso hanno una visione negativa di se stesse e cercano negli altri una conferma.

Il problema non risiede nell’aver scelto il partner sbagliato, ma in una ferita infantile trascurata, dunque in sé stessi. Bassa autostima, insicurezza e svalutazione di sé avvicinano a persone tossiche, alla pari dei genitori.

A volte cerchiamo partner che siano diversi dai nostri genitori, ma è pur sempre una scelta condizionata dalle dinamiche affettive che hanno segnato la nostra infanzia.

Litigio di coppia.
Se si desidera un rapporto più appagante di quello avuto con i genitori, bisogna essere consapevoli dei propri modelli mentali sulle relazioni.

Non sposiamo i nostri genitori, sposiamo i modelli mentali che ci hanno trasmesso

Cerchiamo ciò che ci risulta familiare e che riteniamo più appropriato. Potremmo essere attratti da quell’uomo sicuro di sé e in qualche modo dominante, o da quella donna che è così divertente, ma con una tendenza alla manipolazione emotiva.

A volte, i copioni mentali che i genitori ci hanno trasmesso continuano a condizionarci nell’età adulta. E non sempre in maniera positiva.

È opportuno svolgere un esercizio di consapevolezza per rilevare le narrazioni nocive sulle relazioni e l’affetto che i genitori potrebbero averci trasmesso.

Se ci leghiamo sempre a persone tossiche, interroghiamoci sui possibili motivi. Forse c’è qualcosa nel nostro passato che dobbiamo riformulare e rivedere.


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  • Bartholomew, Kim and Leonard M. Horowitz. “Attachment Styles Among Young Adults: A Test of a Four-Category Model,” Journal of Personality and Social Psychology (1991), vol.101 (2): 226-244.
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