Storia sulla superbia: i due topini

Questa storia sulla superbia ci parla del vero cammino verso la felicità. Avere di più a volte serve solo ad attirare più problemi o semplicemente a creare l'illusione di essere migliori degli altri, sebbene non sia così.
Storia sulla superbia: i due topini
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 28 marzo, 2023

Questa storia sulla superbia ci parla delle avventure di due topini, grandi amici ma con caratteri molto diversi. Uno di loro calmo, molto affabile e divertente. L’altro piuttosto ambizioso e arrogante. Pur così, si volevano bene e si divertivano insieme.

Una mattina come tutte le altre, uno dei topini arrivò compiaciuto a casa dell’amico. Portava una piccola borsa con dentro le sue cose e aveva un’espressione diversa dal solito. Era venuto a dirgli addio. Era stanco di quel posto, dove nessuno combinava niente, e voleva andare in città a cercare fortunaNon era tagliato per una vita così “miserabile”.

La storia narra che l’umile topino provò una grande tristezza quando vide il suo amico andare via. Tuttavia, lo salutò augurandogli di avere successo in città. Gli disse anche di non dimenticarlo e che sperava di fargli presto visita.

La natura degli uomini superbi e vili è, nelle prosperità esser insolenti e nelle avversità abietti e umili.

-Niccolò Machiavelli-

Vista sulla città.

Un piacevole incontro

Dopo alcuni mesi, il topino di città tornò inaspettatamente sui suoi passi. Per prima cosa andò a casa del suo amico. Sebbene cercasse di nasconderlo, non sembrava però avere un atteggiamento molto amichevole. I due si abbracciarono, ma ben presto il fiero topo cominciò a lamentarsi come sempre.

Cominciò a dire che l’umile casa del suo amico era troppo angusta sottolineando le poche opportunità che il posto aveva da offrire. Nella città dove ora viveva, gli disse, non si vedeva una tale povertà. Al contrario, le comodità abbondavano e il cibo non scarseggiava. L’umile topo lo guardò a bocca aperta. Gli sembrò straordinario il paesaggio che il suo amico stava descrivendo.

Questa storia sulla superbia e l’orgoglio narra che il topo di città indossava un bel mantello. Si era anche messo un monocolo sull’occhio, perché pensava che lo avrebbe reso più raffinato. L’umile topo si vergognava un po’ di non avere qualcosa di meglio da offrire al suo amico. Tuttavia, sentiva che qualcosa non andava: perché, se era così soddisfatto, continuava a lamentarsi di tutto?

Colpo di scena nella storia sulla superbia

Ma ecco che tutto prese una piega inaspettata quando l’umile topino chiese al suo amico di permettergli di fargli visita per qualche giorno. Era molto curioso di conoscere le grandi meraviglie che l’amico gli aveva descritto. Con un’aria di disprezzo, il topo di città accettò.  L’avrebbe ospitato in città per qualche giorno, affinché potesse vedere con i suoi occhi.

I due partirono molto presto la mattina dopo. L’umile topo non riusciva a credere ai suoi occhi quando giunsero alla casa dell’amico: era davvero un palazzo gigantesco e tutto era elegante come gli aveva descritto. Aveva tappeti meravigliosi e mobili fantastici. Il topo di città gli disse che non aveva ancora visto la parte migliore: la cucina.

Il piccolo umile topo aveva già l’acquolina in bocca. I due arrivarono in cucina, e subito annusò nell’aria l’invitate aroma di una fetta di prosciutto. Senza pensarci, andò dove proveniva l’aroma, ma l’altro lo avvertì: “Fermati!” disse.

“Qualsiasi topo di città sa che una fetta di prosciutto sul pavimento significa solo una cosa: veleno. Non fidarti!”, aggiunse.

Grissini con il prosciutto.

Un finale che fa riflettere

Nella nostra storia sulla superbia, l’umile topino ringraziò il suo amico per avergli salvato la vita. Poco dopo, vide un favoloso pezzo di formaggio vicino al frigorifero. Si avvicinò per assaggiarlo, ma ancora una volta il suo amico di città lo mise in guardia. Quel pezzo di formaggio era l’esca di una trappola. Non avrebbe dovuto cedere alla tentazione.

Assetato e affamato, l’umile topo decise di rimanere fermo. L’amico stava per dirgli qualcosa, ma proprio in quel momento un gatto saltò fuori dalla finestra e i due topi non ebbero altra scelta che fuggire a gambe levate. L’inseguimento continuò a lungo, finché non trovarono un piccolo buco in cui potersi nascondere. Lì rimasero tutta la notte, quasi senza respirare.

Il giorno dopo uscirono dal nascondiglio e il topo di città disse al suo amico di andare di nuovo in cucina. L’umile topo però rifiutò. Ora capiva perché il suo amico non era felice nonostante vivesse in tale abbondanza. Capì che tutto aveva un prezzo e il prezzo di tanto lusso era l’inquietudine e il perenne pericolo di perdere la vita.

Così decise di tornare a casa. L’umile topo ebbe la conferma di qualcosa che sapeva già dentro di sé: la vera felicità si trova spesso in una vita semplice.


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  • Quevedo, F. D. (1985). Virtud militante contra las quatro pestes del mundo, invidia, ingratitud soberbia, avarizia, ed. A. Rey, Santiago de Compostela, Universidad.

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