Strumenti di ricerca neuroscietifici

In questo articolo esporremo brevemente gli strumenti di ricerca più usati in neuroscienza, ovvero EEG, MEG, TAC, TEP e la RMF.
Strumenti di ricerca neuroscietifici
Alejandro Sanfeliciano

Scritto e verificato lo psicologo Alejandro Sanfeliciano.

Ultimo aggiornamento: 21 dicembre, 2022

La neuroscienza è una disciplina scientifica che studia il sistema nervoso e il modo in cui i diversi elementi che lo costituiscono interagiscono e definiscono la condotta. È un campo di studio complesso che abbraccia dal funzionamento neuronale al comportamento, è pertanto molto ampio. Tuttavia, ci è di grande utilità al fine di comprendere come si sviluppa la nostra condotta. Questa disciplina si serve del metodo scientifico per ottenere conoscenza attraverso una serie di strumenti di ricerca. 

Questi sono utili al fine di esplorare l’anatomia e la funzionalità cerebrale. Ognuno di essi presenta alcuni vantaggi e inconvenienti che li rendono adatti in determinate situazioni e non in altre.

In questo articolo esporremo brevemente gli strumenti di ricerca più usati in neuroscienza, ovvero EEG, MEG, TAC, TEP e la RMF.

Strumenti di ricerca più usati in neuroscienza

Elettroencefalografia (EEG)

Si tratta di uno strumento che misura come fluisce l’elettricità attraverso la corteccia cerebrale. Quando un neurone viene attivato, attraverso di esso avviene un passaggio di ioni che possiamo misurare con una serie di elettrodi.

Questi elettrodi vengono posti direttamente sul cuoio capelluto insieme a una sostanza che facilita il passaggio della corrente. È così possibile captare l’attività neuronale sotto forma di onde.

L’EEG è uno degli strumenti di ricerca in neuroscienza con grande capacità temporale. Tuttavia, la sua capacità spaziale è alquanto scarsa. Ci è utile per relazionare determinate onde con certi processi, ma se desideriamo localizzarle dovremo usare un altro strumento.

Se ne fa uso, ad esempio, per analizzare le diverse fasi del sonno, perché ognuna di essere corrisponde a uno specifico tipo di onde.

Donna che fa elettroencefalogramma

Magnetoencefalografia (MEG)

È molto simile all’EEG, ma non capta le variazioni di voltaggio, bensì i campi magnetici dei neuroni. Ogni corrente elettrica genera un campo magnetico perpendicolare a se stessa. Tale principio fisico ci permette di applicare dei recettori sul cuoio capelluto in grado di misurare l’attività cerebrale.

L’anatomia strutturale della corteccia, inoltre, impedisce al campo magnetico di alcuni neuroni di uscire dal cranio. Questo ci è utile per misurare l’attività di certe aree cerebrali senza rumore né interferenze.

Rispetto all’EEG, la MEG offre una risoluzione temporale peggiore, poiché il rilevamento del campo magnetico presenta un ritardo maggiore. Nonostante ciò, garantisce una migliore risoluzione spaziale, dato che possiamo conoscere l’area esatta in cui sono stati generati questi campi magnetici.

Tomografia assiale computerizzata (TAC)

È uno degli strumenti di ricerca più utili per esplorare l’anatomia strutturale del cervello. Consiste nel far passare una moltitudine di fasci di raggi X attorno alla testa da diversi angoli. Dopodiché, attraverso un programma al computer, tutte le immagini vengono unite per ottenere un’immagine in 3D del cervello.

Quando attraversano il corpo umano, parte dei raggi X viene assorbita dalle strutture colpite. Se all’altro lato posizioniamo un ricettore, possiamo vedere una fotografia del residuo dei raggi X. Questa ci offrirà un’immagine delle zone attraversate in una scala di grigi.

La TAC è una tecnica molto utile per vedere l’anatomia cerebrale e presenta un costo molto ridotto, oltre a essere semplice. Pur così, presenta certi inconvenienti. Quello principale e forse il più grave è l’invasività dell’esame. Parte delle radiazioni viene assorbita dal cervello, il che obbliga a farne un uso limitato per evitare eventuali danni. Al giorno d’oggi, inoltre, esistono tecniche con migliore risoluzione spaziale e temporale della TAC, come la risonanza magnetica.

Donna che fa una TAC

Tomografia a emissione di positroni (TEP)

La TEP permette di determinare il livello di attività metabolica di ogni area del cervello. Uno strumento molto utile per la ricerca, poiché ci offre numerose informazioni su dove si produce l’attività cerebrale.

A tale scopo, all’individuo viene iniettato glucosio legato a una molecola radioattiva (2-deossi-D-glucosio). Questa sostanza viaggerà al cervello, dove i positroni dell’isotopo radioattivo reagiranno con gli elettroni di atomi circostanti. In questo modo, si distruggeranno mutuamente rilasciando luce.

Questa luce provocata dalla reazione dei positroni può essere captata da un recettore, permettendo così di ottenere un’immagine delle zone del cervello che hanno consumato più glucosio.

Questa tecnica viene utilizzata spesso insieme alla TAC per conoscere esattamente le strutture nelle quali è stato metabolizzato il glucosio. La TEP presenta un’alta risoluzione spaziale, ma quella temporale non è delle  migliori, poiché bisogna aspettare che la sostanza venga consumata dal cervello. In generale, questo processo si verifica dopo l’evento cognitivo che desideriamo misurare.

Si tratta, inoltre, di una delle tecniche più invasive tra gli strumenti di ricerca neuroscientifici. Richiede, infatti, l’introduzione di radiazioni direttamente nel cervello, con il pericolo che ne consegue per le sue strutture. Alla luce di ciò, viene impiegata solo quando strettamente necessario.

Risonanza magnetica (RM) e risonanza magnetica funzionale (RMF)

Insieme alla TAC, la risonanza magnetica è una delle tecniche più usate in neuroscienza e medicina. La RM approfitta del fatto che gli atomi di certe sostanze del corpo umano reagiscono quando vengono attraversati da un’onda elettromagnetica.

Viene usata una grande calamita per orientare l’asse di tutti gli atomi di idrogeno del cervello in un’unica direzione. Quando l’impulso elettromagnetico cessa, tutti questi atomi tornano al loro posto restituendo un segnale energetico che ci è possibile rilevare.

La RMF è una variante della prima che ci permette di misurare l’attività e la struttura cerebrale in tempo reale mentre il soggetto realizza un’attività con scarsa latenza temporale. Tra gli strumenti di ricerca neuroscientifici è forse quello che offre i migliori risultati spaziali e temporali.

La sua invasività è totalmente nulla, poiché i campi magnetici al di sotto di una certa potenza non danneggiano la struttura cerebrale. Il suo problema radica, però, nei suoi elevatissimi costi, sia dello staff sia della sua manutenzione. Ottenere un apparecchio di RMF costa circa cinque milioni di euro, motivo per cui non tutti gli ospedali possono permettersene uno.

In questo articolo vi è stato possibile scoprire alcuni degli strumenti di ricerca usati attualmente in neuroscienza. Questo campo di studio si trova ancora nelle sue prime fasi, ma grazie a queste tecniche conosciamo sempre meglio il nostro cervello e il suo funzionamento.


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.