Teoria della frustrazione-aggressività
Le teorie che tentano di spiegare l’aggressività sono molteplici e, almeno in apparenza, hanno tutte una logica. Oggi vogliamo farvi conoscere la teoria della frustrazione-aggressività, una delle più popolari nel periodo storico in cui è stata concepita e che ha posto le basi delle teorie più attuali.
La teoria della frustrazione-aggressività fornisce una spiegazione forse un po’ troppo semplice riguardo all’argomento, ma il suo autore ha formulato un enunciato praticamente applicabile a tutte le situazioni di violenza. Siete curiosi di saperne di più?
Come nasce la teoria della frustrazione-aggressività?
La teoria è stata formulata nel 1939 da John Dollard e Neal Miller, due psicologi comportamentisti che hanno voluto indagare le cause dell’aggressività.
Il contesto storico nel quale operano i due studiosi è quello in cui la corrente comportamentista applica il modello stimolo-risposta anche a uno tra i meccanismi di base del comportamento della società: la violenza.
Tuttavia, il retroterra psicoanalitico di Dollard ha favorito un’ipotesi che sfruttasse i punti di forza di entrambe le correnti.
Cosa afferma?
L’idea centrale è che l’aggressività sia sempre una conseguenza della frustrazione e che ciò valga anche al contrario: la frustrazione porta sempre a un qualche tipo di aggressività.
Date queste semplici premesse, Dollard e i suoi collaboratori hanno provato a formulare delle previsioni riguardo al come e al quando. Ma come operano frustrazione e aggressività? A seguire riportiamo come gli autori hanno descritto i due processi separatamente.
Frustrazione
Secondo questa teoria, la frustrazione è un’interferenza nella sequenza del comportamento, ovvero, la persona diventa frustrata quando non riesce a materializzare i suoi desideri. Ciò può avvenire per una serie di ragioni che elencheremo di seguito.
Ad esempio, se diamo a un bambino un sacchetto di caramelle mentre guarda un film e all’improvviso lo facciamo uscire dalla stanza e gli portiamo via il sacchetto, non sarà più in grado di portare a termine nessuna delle due azioni. E probabilmente proverà un senso di frustrazione.
Per questa teoria, inoltre, maggiore è la frustrazione, più intensa sarà l’aggressività risultante. Se qualcuno salta la fila alla cassa del supermercato, ad esempio, la probabilità che ciò gli venga fatto notare o che venga rimproverato aumenta o diminuisce in funzione della posizione in cui ha tentato o è riuscito a occupare.
Sostiene, per di più, che l’aggressività non liberi dalla frustrazione, bensì la faccia accumulare. In tal senso, è facile arrivare a un punto in cui ogni piccola frustrazione scatena un’intensa aggressività, come risultato di tale accumulo.
L’aggressività
All’interno della teoria della frustrazione-aggressione, l’aggressione è il comportamento il cui obiettivo è quello di danneggiare la persona a cui è diretto. L’aggressione può essere fisica o verbale, diretta o indiretta.
Tuttavia, l’aggressione non sempre raggiunge direttamente la persona che l’ha generata. In questi casi si ricorre all’aggressione spostata, che consiste nella violenza contro un altro bersaglio che condivide qualche somiglianza con quello originale.
Inoltre, se la violenza diretta è ostacolata o impedita, si ricorrerà alla violenza indiretta – come diffondere voci o prendere in giro qualcuno.
In seguito, uno studio ha dimostrato che gli individui con un’autostima alta, ma instabile, mostrano rapidamente ostilità di fronte alla frustrazione, perché sono costantemente in guardia. Su questo sfondo, questa teoria descrive due strategie per ridurre l’aggressività:
- Sopprimere la frustrazione: se il trigger viene rimosso, per logica viene cancellata anche la conseguenza. Un esempio potrebbe essere che la persona che ha appena gettato il tuo caffè sul pavimento si scusa e ti invita ad un altro caffè.
- Catarsi: secondo questo metodo, tradurre la frustrazione in azione riduce l’attivazione dell’individuo e previene l’aggressione futura.
Le ramificazioni della teoria della frustrazione-aggressione
Dopo questa teoria ne sono emerse molte altre cercando di svilupparne le debolezze. Ted Gurr, per esempio, ha applicato questa teoria al modo in cui gli sconvolgimenti sociali hanno origine quando le aspirazioni e le speranze delle persone vengono frustrate.
D’altra parte, Engebretson ha postulato nel 1989 che coloro che sono autorizzati a dare sfogo alla loro rabbia nel modo che preferiscono saranno meno attivati in seguito di coloro che sono repressi. Questo significa che l’aggressione dovrebbe essere permessa come forma di catarsi? La risposta più ovvia è no, ma il dibattito è tuttora aperto.
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Kuppens, P., & Van Mechelen, I. (2007). Interactional appraisal models for the anger appraisals of threatened self-esteem, other-blame, and frustration. Cognition and Emotion, 21(1), 56-77.
Engebretson, T. O., Matthews, K. A., & Scheier, M. F. (1989). Relations between anger expression and cardiovascular reactivity: Reconciling inconsistent findings through a matching hypothesis. Journal of Personality and Social Psychology, 57(3), 513.
- Dollard, J., Miller, N. E., Doob, L. W., Mowrer, O. H., & Sears, R. R. (1939). Frustration and aggression. Yale University Press. https://doi.org/10.1037/10022-000