The Elephant Man: riflessione sulla dignità umana

The Elephant Man: riflessione sulla dignità umana
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

The Elephant Man è un ritratto in bianco e nero sulla dignità e la sensibilità umana nascosta dentro un corpo deforme. In questo film mitico di David Lynch conosciamo la vera storia di Joseph Merick, un giovane affetto dalla sindrome di Proteus che, dopo aver passato parte della sua vita nel mondo del circo, trova pace nei suoi ultimi anni presso l’ospedale di Londra.

La storia racconta dell’anima d’artista e il cuore di poeta di Merrick. Disponeva solo di una mano utile e, sebbene fosse piccola come quella di un bambino di 10 anni, mostrò sempre una grande abilità per i lavori manuali. Tanto da creare affascinanti costruzioni di carta, cartone e stuzzicadenti. Era solito regalare queste piccole opere a tutte le persone che si dimostravano gentili con lui.

“È vero che la mia forma è molto strana, ma incolparmi di ciò è incolpare Dio; se potessi crearmi di nuovo, cercherei di non sbagliare nel compiacervi.

Se potessi arrivare da un polo all’altro o raggiungere l’oceano con le mie braccia, chiederei di essere misurato per la mia anima, la mente è la misura dell’uomo”.

-J. Merrick-

Quando Mel Brooks affidò a David Lynch la sceneggiatura di questa storia, sapeva molto bene quello che stava cercando. La storia di Joseph Merrick meritava di essere portata sul grande schermo in un modo speciale, diverso. Doveva essere un omaggio. La delicatezza, il virtuosismo e l’intelligenza dovevano risaltare sulla pelle abitata dalle protuberanze e deformità. La sua umanità doveva superare la società, a momenti disprezzabile e grottesca, avida sempre di posare il suo sguardo su ciò che è diverso e strano.

Il risultato superò ogni aspettativa. Il film fu una calda tela in chiaroscuro sulla dignità umana, una produzione indimenticabile dove la bontà emerge sulla perversione e la mostruosità. The Elephant Man vinse 8 nomination all’Oscar nel 1981 e anche se non ne vinse nessuno, la storia lo ha consacrato già come  opera di culto, una gioia cinematografica indimenticabile.

The elephant man locandina

The Elephant Man: non sono un animale, sono un essere umano

David Lynch aveva chiaro che la storia dell’uomo elefante doveva essere portata sullo schermo in bianco e nero. Soltanto in questo modo era possibile mostrare il sottomondo vittoriano che accompagnò la vita di Joseph Merrick. Soltanto in quel modo sarebbe riuscito ad affondare lo sguardo del pubblico in quel cumulo di sensazioni angosciose che segnarono l’esistenza di quel giovane britannico colpito da gravi malformazioni a partire dal primo anno di vita.

La fotografia monocromatica risultò molto utile per illuminare il sottomondo circense dove veniva esibito l’uomo elefante. Lo spettacolo del freakshow era l’unico espediente di cui disponevano le persone deformi e Joseph Merrick riscosse un notevole successo in Europa durante il 1880. Era affetto da quello che ancora oggi viene considerato il caso più grave di sindrome di Proteus. Egli stesso si descrisse nel seguente modo:

“Il mio cranio ha una circonferenza di 91,44 cm, con una grande protuberanza carnosa nella parte superiore grande come una tazza. L’altra parte è, per così descriverla, una collezione di colline e valli, come se l’avessero ammassata, mentre il mio viso è una visione che nessuna persona potrebbe immaginare. La mano destra ha quasi la forma e la grandezza della zampa anteriore di un elefante, superando di 30 cm la normale circonferenza del polso e di 12 in una delle dita. L’altro braccio e la sua mano non sono più grandi di quelli di una bambina di dieci anni, anche se ben proporzionati. Le mie gambe e i miei piedi, come il resto del mio corpo, sono ricoperti da una pelle spessa e dall’aspetto di creta, molto simile a quella di un elefante e quasi dello stesso colore. Chi non mi ha mai visto non riuscirebbe a credere che una cosa così possa esistere.”

fotogramma the elephant man

Dal brutale e umiliante scenario circense, si passa presto a uno sguardo emozionato e pieno di pietà che cambierà la vita di Joseph Merrick. È il dottor Frederick Treves, ruolo interpretato magistralmente da Anthony Hopkins. Capace di scorgere l’essere umano sotto la pelle del “mostro”, commosso davanti al grido di un giovane che chiedeva di essere visto come una persona, non come un animale.

La doppia esibizione pubblica di The Elephant Man

Nonostante il dottor Treves si senta molto vicino al giovane Merrick, lo spettatore avverte sempre che in lui vi è anche un profondo interesse scientifico. Lo esibisce di fronte a eminenti patologi, medici e chirurgi, lo espone davanti ai colleghi e fa tutto il possibile affinché l’uomo elefante resti in vita nel London Hospital.

Il giovane Merrick riesce finalmente a mostrare cosa si cela sotto le protuberanze e la pelle spessa. All’inizio, la comunità scientifica postula che un corpo simile è senz’altro portatore di una seria deficienza mentale. Tuttavia, presto scopriranno qualcosa che oggigiorno è perfettamente documentato. Joseph Merrick era provvisto di un’elevata intelligenza

Leggeva e scriveva con grande disinvoltura, componeva poesie, era un grande lettore e aveva una visione del mondo innocente e speranzosa. L’ombra della sua infanzia, colpita dalle battute, le violenze o i suoi anni oscuri nel mondo dello spettacolo e del circo non avevano intaccato il suo cuore, non lo avevano indurito. Come lui stesso spiegava, la sua speranza e il suo ottimismo scaturivano dall’amore. L’amore che donatogli dalla madre, una bella giovane che gli trasmise la passione per i libri e che morì prematuramente.

uomo elefante

Curiosamente, e nonostante il London Hospital raccolse diversi fondi per permettere a Merrick una vita confortevole nell’istituto ed evitare, in quel modo, l’esibizione pubblica a cui era stato sottoposto, morì il mattino dell’11 aprile 1890, a 27 anni, mentre dormiva. 

Il giovane era credente e uno dei suoi desideri era di essere sepolto vicino alla madre. Tuttavia, l’interesse scientifico non ebbe rispetto né si preoccupò di tutelare la sua dignità. Il museo patologico del London Medical College esibì il suo scheletro per decenni. Oggi i suoi resti non sono più in esposizione (anche se vengono ancora studiati) e sono stati sostituiti con i suoi averi: la sua poltrona, i suoi manoscritti, il cappello con il tessuto cucito che gli copriva la faccia e la testa…

The elephant man riesce a darci un ritratto fedele dell’umanità contenuta nel corpo malconcio di Joseph Merrick. La musica, la fotografia, la regia ben studiata… tutto ha permesso un quadro più che perfetto carico di umanità, dove scoprire una mente rimasta intatta nonostante le umiliazioni e i maltrattamenti.

L’uomo elefante non perdette mai la sua delicatezza, i suoi modi squisiti, la sua fiducia nelle persone. Ironia della sorte, dopo la sua morte, fu vittima di un altro spettacolo: quello del mondo scientifico. 


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