Troll sui social network: profilo sociale

Alcune persone  sanno bene che i propri commenti sono aggressioni dirette, ma li scrivono comunque, per puro divertimento. Si tratta dei cosiddetti troll sui social network.
Troll sui social network: profilo sociale
Gema Sánchez Cuevas

Revisionato e approvato da la psicologa Gema Sánchez Cuevas.

Scritto Sonia Budner

Ultimo aggiornamento: 25 gennaio, 2023

Cosa spinge una persona ad attaccare gli altri sul web? Cosa rende un troll sui social network? Perché ci sono persone con questa natura negativa e dannosa, che hanno trovato il loro habitat perfetto in rete? Alcune persone sanno bene che i propri commenti sono aggressioni dirette, ma li scrivono lo stesso, per puro divertimento.

Uno studio condotto dalla Facoltà di Scienze della Salute e della Psicologia dell’università australiana di Mount Helen ha messo in evidenza i tratti caratteristici di questi utenti definiti troll sui social network.

Gli studiosi hanno analizzato le caratteristiche e le abilità sociali tipiche di uomini e donne che manifestavano questo comportamento. I risultati dimostrano che i troll avevano ottenuto punteggi molto più alti rispetto agli altri partecipanti in due aspetti fondamentali: psicopatia ed empatia cognitiva.

Troll sui social network e psicopatia

La psicopatia è un disturbo antisociale della personalità. Il termine è in disuso nell’ambiente clinico e inizia a essere sostituito da quello di “sociopatia”.

Non è chiara l’origine di questo disturbo della personalità. Sembra avere una componente genetica che potrebbe manifestarsi in un ambiente privo di affetto durante l’infanzia. Inoltre, si formulano ipotesi su determinate alterazioni cerebrali del lobo frontale, causate da malformazioni, malattie o lesioni cerebrali.

Il troll da social network

Lo psicologo Rober Hare ha condotto uno studio di ricerca sulla psicopatia, durato oltre trent’anni. I suoi studi hanno evidenziato una serie di caratteristiche comuni che definiscono le persone con questo disturbo.

Si tratta di soggetti che tendono ad annoiarsi, che hanno bisogno di continui stimoli e che non sono in grado di progettare obiettivi a lungo termine. Sono manipolatori e desiderano sentirsi potenti e in grado di controllare gli altri. Manifestano diversi tratti narcisisti.

Presentano un grave deficit nel controllo degli impulsi e reagiscono in modo collerico. Manifestano difficoltà nell’assimilazione delle norme sociali e morali, sebbene in molti casi mostrino un falso adattamento sociale con un fascino personale molto superficiale.

Hanno una forte autostima. Infliggere dolore agli altri provoca loro piacere. Si tratta di un disturbo che si manifesta sia negli uomini che nelle donne, anche se statisticamente è più frequente negli uomini. Questi soggetti sembrano anche essere del tutto privi di empatia, sebbene non sia proprio così. Adesso vedremo perché.

Il lato oscuro dell’empatia

L’empatia affettiva e l’empatia cognitiva sono processi cognitivi correlati, ma diversi in quanto attivano diverse aree cerebrali. Esistono prove psicometriche che misurano ogni specifica tipologia di empatica, come il BES (Basic Empathy Scale), e che risultano molto efficaci nella valutazione della tipologia e del livello di empatia di un individuo.

L’empatia affettiva si divide a sua volta in:

  • Parallela: capacità di sapere come si sente l’altra persona e anche di sperimentare le sue stesse emozioni.
  • Reattiva: oltre alle capacità precedenti, chi la possiede è anche in grado di reagire al risultato, come se fosse il diretto interessato.

Entrambe le tipologie coinvolgono l’amigdala, il centro emotivo del cervello. Parliamo di una empatia “calda”. Il troll sui social network è totalmente privo di questo tipo di empatia.

Ma esiste anche un’empatia fredda, conosciuta come empatia cognitiva e non particolarmente famosa. Si tratta di quella posseduta in grande misura dal troll sui social network. Conosciuta anche come “presa di prospettiva”, è la capacità di sapere cosa prova l’altro senza però la componente affettiva.

Vale a dire, il soggetto avverte la sofferenza altrui; anzi, è grazie a questa empatia che il troll sui social network è capace di prevedere e riconoscere la sofferenza emotiva delle sue vittime e a usarla per fare più male possibile. Questo disturbo interessa due aree del cervello: la corteccia prefrontale e la corteccia parietale posteriore, entrambe associate al ragionamento e alla presa di decisioni.

Uomo con faccia da troll

Una bomba a mano

Questi due tratti, riuniti in uno stesso soggetto, rappresentano un potente esplosivo. Quel che è certo è che i troll sui social network sono persone piene di veleno. Veleno che sentono il bisogno di iniettare agli altri, proteggendosi con l’anonimato per non affogare nel loro stesso veleno. E spesso ci riescono.

Altri studi simili hanno evidenziato che alcuni argomenti attraggano particolarmente queste persone. In molti casi non leggono nemmeno quello che commentano o lo fanno interpretando a modo proprio il contenuto, come meglio conviene loro.

Non ci sono ancora studi in grado di dirci come fermare questo fenomeno, sebbene non rispondere ai loro attacchi sembri essere l’arma migliore per scoraggiare il loro sgradevole comportamento.


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