Un bambino silenzioso e obbediente non sempre è felice

Un bambino silenzioso e obbediente non sempre è felice
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Un bambino silenzioso, che osserva il mondo da un angolo senza ribattere non sempre è felice, per quanto per gli adulti sia più comodo pensarlo. Quando proviamo paura, disperazione o vergogna, tendiamo a nasconderci in un angolo dentro di noi. Per evitare che accada, l’ideale è insegnare ai più piccoli il rispetto, senza imporre l’educazione mediante l’obbedienza cieca e che ha origine da quella stessa angoscia che annulla l’identità.

Non ci sbagliamo nel dire che l’obbedienza è un concetto sopravvalutato -e persino frainteso- da molte famiglie. Troppo spesso sentiamo da genitori frasi del tipo “Un bambino obbediente sarà un adulto felice”. Per non parlare poi di quei genitori che si sentono orgogliosi quando il proprio figlio obbedisce senza ribattere.

La cieca obbedienza è ben diversa dall’obbedienza intelligente. Soprattutto se questa viene messa in atto sfruttando la paura o se al bambino silenzioso viene inculcato sin dalla più tenera età che è più importante compiacere gli altri che dare retta alle proprie necessità, al proprio criterio e alla propria volontà.

Prima o poi arriverà il giorno in cui il bambino smetterà di credere in se stesso e persino di difendersi permettendo agli altri di manipolarlo a piacimento.

“Lo scopo dell’educazione è quello di mostrare alla gente come imparare da soli. L’altra interpretazione si incontra, essenzialmente, nell’indottrinamento.”

-Noam Chomsky-

Bambino triste

Il bambino silenzioso e le conseguenze di un’educazione autoritaria

Ci sono bambini che esplorano e che sono curiosi, che osservano tutto e fanno domande. Esserini che si muovono nello spazio con una instancabile curiosità. Questi sono bambini felici. Poi ci sono quei bambini silenziosi, più riservati, ma che non hanno alcuna difficoltà nello stabilire un contatto con gli altri. Basta trovare un argomento che sia di loro gradimento per vederli risplendere, dimostrando quella ricchezza incredibile che custodiscono in sé. Sono bambini introversi e felici.

Potrebbe, invece, capitarci di imbatterci in quei bambini che evitano lo sguardo a tutti i costi; che sembrano voler cercare quell’angolo nascosto dentro di sé in cui potersi raggomitolare per fingere di non esistere. Ciò allo scopo di sentirsi al sicuro da un mondo che non capiscono, ma a cui obbediscono senza indugio. Si tratta di quei bambini che non protestano per nulla al mondo e nel cui vocabolario non esistono i “perché?”, o domande simili, né gli occhi curiosi.

Un bambino silenzioso e che obbedisce al primo tentativo non sempre è un bambino felice.

È chiaro che i nostri figli -ma anche i nostri alunni- hanno bisogno di confini ben delineati e di regole ferree. Tuttavia, un bambino silenzioso e che obbedisce senza domandare perché è spesso frutto di una educazione autoritaria . Quella in cui le regole vengono imposte sotto minaccia e non con intelligenza.

L’intelligenza di chi non fa uso della paura, bensì dell’empatia. Di chi preferisce trasmettere ai propri figli il rispetto e l’opportunità di capire perché è importante seguire alcune, specifiche, regole.

In questo quadro, non possiamo dimenticare un fatto essenziale. I bambini devono capire fino in fondo cosa si cela dietro quello che chiediamo loro di fare. Se ci limitiamo a imporre l’obbedienza non intelligente, cresceremo persone immature, individui che avranno sempre bisogno di qualcuno che dica loro cosa fare e cosa non fare, in qualunque momento.

Nella vita di ognuno di noi arriva un momento in cui bisogna ascoltare il proprio criterio. La ribellione occasionale o mettere in discussione le regole che ci vengono impartite dai nostri genitori dà origine ai primi tentativi di affermare la propria identità. Qualcosa che anche i genitori devono capire.

Bambina che abbassa lo sguardo

Cresciamo bambini felici, non bambini dediti all’obbedienza cieca

Come genitori o educatori, sappiamo tutti che alzare la voce e dire a un bambino “fai questo perché te lo dico io. Fallo e basta.” è un metodo che ci fa risparmiare tempo. Lo facciamo perché abbiamo fretta e ci dà buoni risultati, bisogna ammetterlo.

Ma sappiamo qual è il prezzo da pagare per una frase del genere? Quali conseguenze ha la pretesa di cieca obbedienza che si serve delle urla? Le conseguenze sono disastrose. Stiamo crescendo un bambino silenzioso o che avrà un atteggiamento provocatorio. Con queste dinamiche autoritarie, perdiamo di vista la cosa più importante che possiamo costruire con i nostri figli: la fiducia.

A questo punto, la domanda successiva è: “come faccio a farmi ubbidire da mio figlio?”. Chiaro, non è facile! Non lo è soprattutto quando fino a quel momento ci siamo riusciti solo con le minacce e con le punizioni. Tuttavia, a volte la risposta è più facile di quanto pensiamo. Se vogliamo che i nostri bambini credano in noi quando chiediamo loro di fare qualcosa, dobbiamo imparare a nostra volta a credere in loro, a rispettarli.

Madre che parla con bambino

Il rispetto si dimostra ascoltando, rispondendo alle loro domande, ragionando con loro, alimentando la reciprocità. Il rispetto si conquista tenendo conto dei loro bisogni, di cosa preferiscono, delle sue curiosità. Bisogna, quindi, dare spazio a un’obbedienza intelligente, in cui il bambino capisca il perché di ogni cosa, in cui faccia proprie le regole che vogliamo dargli, capendone l’utilità.

Vogliamo bambini felici, ricettivi verso ciò che li circonda, che fremano per imparare, non bambini silenziosi perché sovrastati dalla paura e dall’autoritarismo.


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