Abbandonare il ruolo di vittima depotenziando l'esperienza traumatica

Abbandonare il ruolo di vittima è un aspetto che riveste un grande potere nel processo di ristrutturazione dopo un'esperienza traumatica. Volete sapere di cosa si tratta? Ne parliamo in questo articolo.
Abbandonare il ruolo di vittima depotenziando l'esperienza traumatica
María Alejandra Castro Arbeláez

Scritto e verificato la psicologa María Alejandra Castro Arbeláez.

Ultimo aggiornamento: 02 gennaio, 2023

Le vittime di un’esperienza traumatica patiscono grandi sofferenze. In alcuni casi, anche noi, con i nostri atteggiamenti contribuiamo alla loro vittimizzazione causando loro ulteriore dolore. Ecco perché è importante prenderne coscienza e aiutarle a trovare la forza per abbandonare il ruolo di vittima, e accelerare così il processo di guarigione.

Si tratta, più che altro, di intraprendere un percorso di trasformazione in cui non sia l’esperienza traumatica a definire la vittima. Riuscirci è possibile, anche se non è affatto semplice.

In questo articolo vi spieghiamo in cosa consiste e come farlo. Parleremo anche della resilienza come di un potente strumento utile per abbandonare il ruolo di vittima.

Abbandonare il ruolo di vittima depotenziando l’esperienza traumatica

Secondo l’Istituto Treccani, vittima è “chi soccombe all’altrui inganno e prepotenza, subendo una sopraffazione, un danno, o venendo comunque perseguitato e oppresso”. Il danno può essere fisico, psicologico, sociale e materiale.

In ogni caso, interferisce in una o più aree della salute della persona. Si può essere vittime in svariati modi; per esempio: a causa di un disastro naturale, di uno stupro, di un’aggressione psicologica o di un conflitto armato, etc.

Tutti questi eventi possono causare vittime; individui che dopo l’esperienza dolorosa o traumatica si troveranno a convivere con un danno o un dolore. Tale esperienza rimarrà associata a pensieri, emozioni e comportamenti che, se mantenuti nel tempo, rischiano di diventare un problema.

Abbandonare il ruolo di vittima vuol dire smettere di sentirsi così per riprendere il controllo della propria vita. Vuol dire dotare la persona delle risorse che le consentano di non stagnare nella vittimizzazione. In altre parole, non identificarsi nel ruolo della vittima, né approfittarsene o esagerare la propria condizione. A volte le vittime costruiscono le loro narrazioni a partire dalla condizione in cui si trovano, smettendo di mostrarsi e di vedersi oltre tale ruolo.

Con questo non intendiamo dire che la vittima desideri mantenere questa posizione consapevolmente. A volte il perdurare di questo stato è legato alla paura associata all’evento vissuto o al fatto che l’ambiente circostante continua a vedere la persona come tale e a volerla proteggere.

Abbandonare il ruolo di vittima richiede un modello di intervento mirato affinché l’individuo superi la sua condizione. Ma perché ciò accada, bisogna soffermarsi sul come e il perché. Si tratta, inoltre, di un processo che può essere condotto lavorando su se stessi con o senza supporto, incentrato, soprattutto, sulla responsabilità di prendersi cura di sé.

Come abbandonare il ruolo di vittima

Per cominciare, è la vittima che deve voler abbandonare tale ruolo. Uno dei primi passi, dunque, è quello di riconoscere l’auto-vittimizzazione. Ciò consente di vedere le cose da un’altra prospettiva e agire di conseguenza. Vediamo in che modo:

  • Riconoscere le emozioni per capire come si manifestano e prenderne gradualmente il controllo. A tale scopo, bisogna praticare l’autoconoscenza in modo da sapere chi siamo e dove stiamo andando.
  • Sbarazzarsi delle maschere. È necessario incontrare il proprio Io più genuino per adottare un approccio che vada oltre la situazione che ci ha portati a essere vittime.
  • Riconoscere i pensieri autodistruttivi per fermarli e uscire dalla stagnazione cognitiva.
  • Mettere da parte gli atteggiamenti passivi e agire. L’idea di base è quella di riprendere il controllo della propria vita.

È sempre consigliabile, inoltre, adottare una prospettiva diversa, più dolce, dalla quale iniziare a mostrarci per chi siamo davvero e impiegare le nostre risorse per proteggere noi stessi e gli altri. Si tratta, in fondo, di ricostruire se stessi.

Non è un lavoro semplice, ma è possibile affrontarlo con successo, poco alla volta. Per riuscirci, dovremo occuparci del nostro universo affettivo, sociale, fisico e spirituale. Non dimentichiamo che la salute è un aspetto integrale e che riprendere il controllo della propria vita significa prendersi cura di sé.

Il potere della resilienza

La resilienza può essere coltivata. Grazie a essa, è possibile potenziare il meglio che è in noi. Consiste nella capacità di superare i problemi, ovvero di affrontarli. Riguarda tutti gli ambiti dello sviluppo umano, pertanto è influenzata dalla nostra biologia e dall’ambiente.

Possiamo ricorrere a diverse strategie per rafforzare la resilienza. Per esempio, attraverso le narrazioni e l’arte creiamo canali di comunicazione che ci permettono di mostrare e capire quello che ci accade. Possiamo anche intraprendere una psicoterapia di gruppo o individuale. E persino utilizzare la realtà aumentata.

Quando siamo resilienti, riusciamo a vedere gli ostacoli come lezioni di vita. Così, ci svincoliamo dal ruolo di vittima e iniziamo a costruire nuove narrazioni che aggiungono significati più lievi alla nostra esperienza. Abbandonare il ruolo di vittima favorisce un incontro più autentico con gli altri e con se stessi.

Oltre a ciò, la resilienza si rivela utile nella costruzione di narrazioni che rappresentino un mondo carico di insegnamenti e nuovi panorami. Tutto ciò conferisce nuovi significati, che vanno oltre l’esperienza traumatica. Un meraviglioso modo per superarla.


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